mercoledì, ottobre 31, 2007

AMARCORD: l'Audizione di Borrelli al Senato

JU 2RO team
di redazione
Questa è una pagina da conoscere e ricordare. Una pagina di calciopoli che è una "chiave" per capire meglio quanto è successo e farsi un'idea del perchè. Perchè tre Procure della Repubblica (Torino, Roma e Napoli) hanno adottato comportamenti tanto diversi? Torino ha trasmesso gli atti a indagine chiusa, Roma ha rifiutato di trasmetterli e Napoli li ha concessi a Borrelli che, in quel momento, era un semplice cittadino, non avendo ancora ricevuto alcun incarico. Inoltre è interessante la considerazione del Senatore Manzione: "ribadisco che per fortuna, come ho detto in premessa, tutto questo non ha dato la stura ad una serie di ricorsi in via amministrativa, altrimenti sarei stato curioso di conoscere come il giudice amministrativo avrebbe valutato una serie di violazioni che obiettivamente esistono e una serie di forzature che obiettivamente sono state consumate".
Dell'audizione riportiamo gli stralci più interessanti.

Senato della Repubblica XV LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

2ª COMMISSIONE PERMANENTE (Giustizia)
INDAGINE CONOSCITIVA SUL FENOMENO DELLE
INTERCETTAZIONI TELEFONICHE
25ª seduta: giovedì 14 settembre 2006
Presidenza del presidente SALVI

MANZIONE (Ulivo). Dottor Borrelli, lei ha svolto una relazione realmente esaustiva. A volte dobbiamo rivolgere dei complimenti a tutti gli auditi, perché ciò fa parte di una ritualità parlamentare; in questo caso, invece, devo veramente compiacermi del fatto che lei non ha omesso nessuno degli elementi di perplessità che, rispetto a quanto è successo, in qualche modo venivano evidenziati.
Per fortuna, la piega che ormai le vicende hanno preso – mi riferisco alla rinuncia da parte di quasi tutti i soggetti al ricorso alla giustizia amministrativa e quindi al riconoscimento implicito della validità dell’ordinamento sportivo quale unico riferimento per la soluzione di controversie di questo tipo – ci evita che alcune domande possano essere interpretate come volte a creare determinate condizioni. Possiamo dire di svolgere un ragionamento meramente accademico, che comunque è finalizzato alla nuova legge, in quanto ci serve a comprendere meglio in che modo possa essere creata questa interconnessione.
Lei, dottor Borrelli, ha svolto una relazione apparentemente scarna, ma in realtà corposissima, perché ha parlato di tutti i problemi fondamentali. Il primo problema fu introdotto dal decreto-legge poi convertito nella legge n. 280 del 2003 che, per risolvere un problema specifico (i ricorsi ai vari TAR pendenti in Italia, che avevano determinato il blocco del campionato e l’ammissione o la sospensione di una serie di provvedimenti nei confronti di molte squadre), decise di concedere una deroga alla Federazione italiana gioco calcio rispetto ai regolamenti, per poter ammettere in più tantissime altre squadre, e cercò di regolamentare i rapporti fra ordinamento statale e ordinamento sportivo. Ciò non dovrebbe mai avvenire per decreto-legge, perché parliamo di situazioni giuridicamente così complesse che meriterebbero un approfondimento maggiore; molto spesso, tuttavia, il legislatore utilizza l’occasione specifica per cercare di risolvere una serie di problemi. D’altra parte, questo riconoscimento espresso alla giustizia sportiva circa l’autonomia dell’ordinamento sportivo era la richiesta più forte che veniva fatta. È strano che il riconoscimento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo avvenga attraverso il riconoscimento di una deroga alle norme che regolano l’ordinamento sportivo stesso. Questo sarebbe tutto da spiegare: mi chiedo come mai, se c’è l’autonomia, dal soggetto che in qualche modo incarna quell’ordinamento sportivo che pretende l’autonomia si chieda all’ordinamento statale una deroga per violare quelle regole. Ma ciò fa parte della storia di questa nostra Repubblica e ci interessa poco.
Quello che ci interessa invece – e veramente mi affido alla sua competenza, che lei ha di nuovo in maniera concreta rappresentato in quest’Aula nel corso della presente audizione – è affrontare e comprendere una serie di questioni. Non ci sono riverberi né sviluppi; stiamo svolgendo un ragionamento e abbiamo bisogno di comprendere a tutto tondo – come diceva il presidente Salvi – quali siano, nella prospettiva della nuova legge, le situazioni che effettivamente si vanno a determinare.
Da quello che mi risulta siamo in presenza di un atto di archiviazione della procura della Repubblica di Torino del procedimento per frode sportiva nei confronti della Juventus. Dopo tale archiviazione la suddetta procura ha trasmesso alla Federazione italiana gioco calcio una serie di atti, ritenendo che benché non vi fossero elementi per una valutazione dal punto di vista della giustizia sostanziale, dell’illecito penale e quant’altro, potessero esservi comunque delle circostanze da prendere in considerazione. Questo è il primo dato di cui vorrei avere conferma da parte del dottor Borrelli tenuto conto che a volte le notizie che apprendiamo provengono dagli organi di stampa e quindi può darsi che le cose non siano andate proprio in questi termini.
Subito dopo vi è stata la pubblicazione su due allegati del settimanale «L’espresso» di una serie devastante di intercettazioni facenti parte di una indagine in corso presso la procura della Repubblica di Napoli. Aggiungo che quest’ultima non aveva ancora emesso neanche un avviso di garanzia, si era quindi ancora nella fase preliminare delle indagini nell’ambito della quale il magistrato aveva quindi bisogno di valutare gli elementi che erano stati acquisiti dalla polizia giudiziaria per decidere contro chi procedere e che cosa contestare. Tuttavia la pubblicazione sul suddetto settimanale di questi due corposi volumetti ha determinato una accelerazione anche di quel procedimento, tanto è vero che hanno avuto luogo le conferenze stampa della procura di Napoli e quant’altro. Questo era il secondo versante della questione.
Il terzo versante riguarda la procura della Repubblica di Roma dove sappiamo che era in corso un’altra indagine, non ricordo bene se legata soltanto alla società del figlio di Moggi o ad altro, mi sembra comunque che questi fossero i limiti, perlomeno quelli trapelati all’esterno. Allora dottor Borrelli, la prima domanda che desidero rivolgere è la seguente: si è in presenza di tre fattispecie diverse, e nello specifico mi riferisco ad una archiviazione, ad un’istruttoria in corso, nell’ambito della quale la procura interessata ha messo a disposizione gli atti, e ad un’ulteriore istruttoria rispetto alla quale a quanto ci risulta la procura competente ha invece deciso di non mettere a disposizione i relativi atti. Ebbene, dottor Borrelli, lei può confermare queste circostanze e ci può aiutare a comprendere per quale ragione siamo di fronte a meccanismi complessivamente diversi. Infatti, se è vero che la legge sulla frode sportiva (la citata legge n. 401 del 1989) al comma 3 dell’articolo 2 prevede la possibilità di richiedere copia degli atti del procedimento penale ma siamo in un ambito discrezionale, quindi è possibile richiedere ed è altrettanto possibile concedere, ma in tal senso non è previsto alcun obbligo. A fronte di ciò come si spiega allora il fatto che rispetto a situazioni parzialmente diverse ed in parte coincidenti, mi riferisco a quelle di competenza rispettivamente delle procure di Roma e Napoli, e del tutto diverse, quelle trattate dalla procura di Torino, si siano avute risposte completamente diverse, per lo meno da quanto ci risulta. Questo serve anche a far comprendere che ci stiamo riferendo ad una normativa obiettivamente non chiara. La norma prevista all’articolo 2 della legge n. 401 sostanzialmente non era stata mai utilizzata, perlomeno non in maniera così vistosa posto che a mio avviso essa nasceva in collegamento diretto alla materia della frode sportiva; ripeto, tale norma scaturisce da quella esigenza proprio perché quando il legislatore la valuta si rende conto che è necessario un interscambio onde consentire in qualche modo la valutazione delle prove raccolte per altre finalità. Quindi sulla correttezza della vicenda a mio avviso c’è molto da discutere.
Le pongo però un’ulteriore questione. Lei, dottor Borrelli, ha affermato che nei vari gradi della giustizia sportiva nessuno ha contestato l’autenticità delle intercettazioni, tant’è che alcuni invitavano ad ascoltare bene e a considerare le pause sottolineando come si fosse in presenza di un atteggiamento guascone, ossia quello di chi vuole esibire cose che non ha e di chi vuole «millantare», e quindi non di chi gestisce e domina. Ora il problema secondo me non è quello di comprendere bene quello che si dice, ma di sapere rispetto a quale gamma e in quale panorama di intercettazioni viene estrapolato solo un determinato contesto. Nella disciplina ordinaria abbiamo dei problemi a ragionare della tutela della riservatezza perché rispetto a tutto il materiale fatto oggetto di intercettazioni non è possibile immaginare una selezione terza; questo proprio perché c’è il diritto delle parti che – laddove non lo faccia il pubblico ministero – potrebbero rinvenire un interesse magari per la difesa ad utilizzare quelle intercettazioni che per il pubblico ministero sono del tutto neutre. La grande difficoltà che riscontriamo è appunto questa. Tant’è che la possibilità di filtro prevista dall’articolo 268 del codice di procedura penale è assegnata al GIP, il quale in contraddittorio, sulla base della richiesta delle parti che quindi hanno contezza di tutto il «magma intercettativo» – mi si passi l’espressione – può al riguardo valutare. Ciò significa che una corretta difesa nasce laddove tutta la gamma degli elementi viene messa a disposizione e quindi come il pubblico ministero può decidere quale elemento serva a rafforzare l’ipotesi accusatoria, così il difensore può stabilire quale elemento sia utile a confutarla.
Ora però la procura di Napoli non ha messo a disposizione tutte le intercettazioni e una delle doglianze che i difensori delle varie società sportive interessate hanno avanzato davanti agli organi di giustizia sportiva riguarda proprio questo aspetto e cioè da chi sia stata operata la selezione degli atti utilizzabili. Questa è anche l’altra domanda che pongo al dottor Borrelli posto che la questione non è la veridicità o meno dell’intercettazione, ma il contesto complessivo all’interno del quale essa viene svolta, tenuto conto che le conversazioni che precedono e seguono una determinata telefonata possono risultare illuminanti al fine di valutare determinati elementi. Ora è chiaro e comprendiamo perfettamente che per la giustizia sportiva il fatto stesso che si intrattenga un determinato rapporto diventi un elemento fondamentale perché magari questo può ledere quel dovere di lealtà che in tale ambito rappresenta un patrimonio irrinunciabile posto che non interessa tanto perché accadano certe cose, ma lo stesso fatto che accadano e quindi che esistano dei tentativi di condizionamento, guasconi o meno che siano. Detto questo, dottor Borrelli, proprio per la funzione che ha svolto per tanti anni immagino comprenda benissimo che comunque una qualche deviazione rispetto a quello che è l’ordine cose al riguardo si è obiettivamente verificata.
C’è poi un altro dato da considerare. Noi ci stiamo riferendo ad intercettazioni che, se pure disvelate dalla pubblicazione nei due numeri de «L’espresso», riguardano comunque una fase preliminare di un procedimento, addirittura precedente all’eventuale avviso di garanzia trasmesso alle parti e che quindi non possono essere disvelate. A meno di non reputare di essere di fronte a un precedente e quindi considerare che la violazione delle regole sul segreto istruttorio e sulla riservatezza ha ragion d’essere nel contesto complessivo delle previsioni del nostro codice fino a quando qualcuno sugli organi di stampa non decide di violarle diventando quello l’elemento che dà la stura ai comportamenti successivi: ne consegue che dato che il segreto istruttorio è stato violato dalla stampa si decide di procedere mettendo a disposizione gli atti. Lei però dottor Borrelli, ritiene che se non ci fosse stata quella pubblicazione la procura di Napoli avrebbe messo quella documentazione a disposizione della Federazione italiana gioco calcio che, benché affiliata al CONI, resta comunque un’associazione di diritto privato come qualunque altro tipo di associazione? Ebbene, a fronte di una comparazione degli interessi complessivi, lei crede che avrebbe approvato la violazione delle regole concedendo ad un’associazione privata la disponibilità di quegli atti? Se lei fosse stato il procuratore della Repubblica di Napoli che cosa avrebbe fatto?
E’ ovvio quindi che si è in presenza di una serie di distorsioni assai evidenti. D’altra parte – il dottor Borrelli lo ha già detto con grande obiettività – è chiaro che vi è il limite previsto dall’articolo 116 del codice di procedura penale sulla pubblicazione, ma sappiamo anche che è inevitabile che nel momento in cui si utilizza il dettato di tale articolo, collegato all’articolo 2 terzo comma della già citata legge n. 401, per tentare di legittimare – si tratta di una mia valutazione – un comportamento discutibile va poi considerato l’ulteriore limite della pubblicazione. Del resto stiamo parlando di un procedimento disciplinare che aveva un’eco obiettivamente così rilevante da non potere essere tenuta sotto il silenziatore e quindi figuriamoci se mentre erano in corso le indagini da parte della procura della Repubblica di Napoli fossero stati pubblicati i dossier! Tale procura dovrebbe comunque essere considerata dal punto di vista della tutela della riservatezza e della sicurezza un ambiente meno violabile, figuriamoci rispetto alla giustizia sportiva; trattandosi infatti di un’associazione privata è chiaro che non può dotarsi delle stesse regole.
Concludendo, ribadisco che per fortuna, come ho detto in premessa, tutto questo non ha dato la stura ad una serie di ricorsi in via amministrativa, altrimenti sarei stato curioso di conoscere come il giudice amministrativo avrebbe valutato una serie di violazioni che obiettivamente esistono e una serie di forzature che obiettivamente sono state consumate.
Per fortuna siamo nella fase in cui è possibile utilizzare quanto accaduto solo per cercare di disegnare una normativa che sia più attenta alle esigenze di tutti, anzitutto ai diritti delle persone che inevitabilmente vengono coinvolte nelle intercettazioni senza entrarci nulla. Questo ulteriore rischio lo abbiamo corso: infatti, se poteva essere astrattamente legittimo che una parte dell’intercettazione, che riguardava un arbitro o un direttore sportivo di una società, avesse trovato accesso nel procedimento sportivo – ma io sostengo che non era possibile – a maggior ragione bisognava tentare di immaginare un sistema che epurasse l’intercettazione da tutti i riferimenti a soggetti estranei alla vicenda. Se la tutela della riservatezza e il diritto alla privacy esistono nell’ordinamento statale, non possono essere cestinati attraverso un rimbalzo anomalo, dal mio punto di vista, nell’ordinamento sportivo, di cui bisogna valutare la valenza. Questa è la panoramica complessiva. So di affidarmi ad una persona dall’esperienza illuminata e che è capace di immaginare una riflessione che non deve essere autocritica, ma che deve servire solo per comprendere effettivamente quali sono i limiti e i confini che devono essere tracciati per evitare il ripetersi di certe situazioni.
CASSON (Ulivo). Mi inserisco nell’alveo della panoramica delineata dal senatore Manzione per porre alcuni quesiti più specifici e più rapidi. Premetto che concordo con la soluzione sia procedurale che conclusiva della giustizia sportiva e quindi non esamino questo punto di vista; nutro però molte perplessità sui passi compiuti dall’autorità giudiziaria ordinaria proprio per questioni strettamente procedurali. Volevo per l’appunto chiedere al dottor Borrelli se ci sono stati dei provvedimenti autonomi di trasmissione da parte delle procure di Torino, Napoli e Roma a favore dell’ufficio diretto da lei o se le stesse procure, in particolare quelle di Napoli e Roma, sono state sollecitate. La mia perplessità riguarda soprattutto la trasmissione atti avvenuta a Torino. Il mio quesito è volto a sindacare, tengo a precisarlo, l’atteggiamento dell’autorità giudiziaria ordinaria e non quello della giustizia sportiva e mi chiedo se quest’ultima abbia affrontato il problema, perché, a mio parere, quella trasmissione dopo un’archiviazione di atti, non essendo prevista, può configurare dei profili di illiceità. Proprio per garantire la tutela delle persone non è prevista alcuna trasmissione di atti archiviati e la relativa documentazione deve finire in archivio; non esiste alcun aggancio normativo che consenta di trasmettere alla Federazione italiana gioco calcio o all’ufficio federale atti di quel tipo.
Un problema analogo anche se in parte diverso, come bene è stato indicato dal senatore Manzione, potrebbe prospettarsi per gli uffici di Napoli e Roma, ma la mia perplessità principale è questa: come fa una procura della Repubblica, archiviando un procedimento, a decidere di mandare a un’associazione privata degli atti che sono coperti da segreto e che dovrebbero essere distrutti? È stato affrontato questo problema in sede di giustizia sportiva? Chiedo a lei un parere, vista la sua notevolissima esperienza, circa la considerazione espressa sulla vicenda che ha visto una procura trasmettere atti che sarebbero dovuti finire in archivio.
BORRELLI. Non sono in grado di dare molte spiegazioni. Certo, non possiamo fare a meno di constatare che a Napoli è successo qualcosa di strano, e dire strano è dire poco. Certo, è possibile che l’invio degli atti da Napoli all’ufficio indagini o, per meglio dire, la consegna materiale nelle mie mani sia stata determinata, facilitata, incoraggiata dalla circostanza che nel frattempo era già comparso sulla stampa periodica il contenuto integrale delle tre informative dei Carabinieri. Non mi sento autorizzato a ricostruire anche psicologicamente il processo mentale dei colleghi di Napoli.
MANZIONE (Ulivo). Sarebbe difficile.
BORRELLI. Certo sarebbe difficile ma qui vorrei però sottolineare alcune date. Sono venuto a Roma a prendere possesso dell’ufficio intorno il giorno 26 maggio; dal primo contatto con l’avvocato Nicoletti, che è il braccio destro del commissionario straordinario, professor Rossi, ho appreso che Napoli aveva una messe notevole di atti che avrebbe potuto trasmetterci e che poteva interessare la giustizia sportiva. Quindi, in seguito ad intese telefoniche preventive tra l’avvocato Nicoletti e la procura della Repubblica di Napoli, lo stesso 26 maggio, quando ho preso possesso dell’ufficio a Roma, l’avvocato Nicoletti ed io ci siamo trasferiti a Napoli su una macchina dei Carabinieri e dietro mia richiesta verbale, perché non avevo ancora firmato nulla, il procuratore della Repubblica di Napoli, come risulta dalla lettera di accompagnamento datata 26 maggio, mi ha consegnato il cd-rom contenente la copia delle informative dei Carabinieri.
MANZIONE (Ulivo). Lei ha selezionato atti o si è limitato solo a ricevere quello che non aveva chiesto?
BORRELLI. Ho ricevuto degli atti.
MANZIONE (Ulivo). Atti che non aveva ancora chiesto formalmente e che non era titolato a chiedere perché non aveva assunto le funzioni. Questo è un limite.
BORRELLI. Nel momento in cui sono andato a Napoli si è parlato di questa indagine e mi sono state verbalmente illustrate le linee portanti della stessa ho chiesto se potevamo avere questi atti.
MANZIONE (Ulivo). È possibile che un procuratore della Repubblica illustri al capo di un ufficio indagine di un’associazione privata – sottolineo questo punto – le linee principali di un’indagine coperta dal segreto istruttorio?
BORRELLI. Qui entra in gioco l’articolo 2 della legge n. 401 del 1989.
MANZIONE (Ulivo). Lei ci ha detto che la richiesta non era stata ancora inoltrata e ancor più che non aveva nemmeno assunto le funzioni, quindi non era in condizione di presentare la richiesta. A volte la forma diventa sostanza.
CASSON (Ulivo). Bisognerebbe chiederlo al procuratore della Repubblica di Napoli.
MANZIONE (Ulivo). Ci rivolgiamo al dottor Borrelli perché lui è qui.
BORRELLI. C’è stata forse una fase, che ha preceduto la mia gita a Napoli, un po’ fluida di contatti tra il vice commissario Nicoletti e la procura di Napoli. In realtà poi a Roma, all’ufficio indagine era già incardinata un’indagine nata sulla base degli atti di Torino. Qui passiamo agli altri argomenti.
MANZIONE (Ulivo). Roma ha messo a disposizione gli atti?
BORRELLI. No, Roma non li ha messi a disposizione.
MANZIONE (Ulivo). C’è stata una richiesta formale?
BORRELLI. C’è stata una richiesta formale; c’è stato un contatto telefonico da parte mia con il collega Palamara – soltanto con lui, se non ricordo male –, il quale mi ha detto che non poteva trasmettermi nulla perchè l’indagine era ancora in corso.
MANZIONE (Ulivo). Mi scusi, ma c’è una risposta formale?
BORRELLI. Molto recentemente ho nuovamente chiesto per iscritto alla procura della Repubblica di Roma se vi erano atti riguardanti il problema delle procure, dei procuratori, della società Gea e via dicendo; ho ricevuto una telefonata l’altro ieri dal dottor Palamara, il quale mi ha detto che nei prossimi giorni ci arriveranno plichi contenenti atti che riguardano questa indagine perché questa per una parte è conclusa. Per un’altra parte proseguirà ancora e quindi gli atti non sono ancora messi a disposizione della giustizia sportiva. Allo stato attuale io non ho ricevuto niente da Roma.
MANZIONE (Ulivo). Quindi Roma ha sostanzialmente affermato un principio, che poi per altri versi è compreso nel nostro codice, secondo cui finché le indagini non sono concluse non è possibile far ricorso a quel comma 3 dell’articolo 2 della legge n. 401 del 1989 che richiama l’articolo 116 del nostro codice. Napoli invece ha fatto esattamente l’opposto e, prima ancora che ci fosse una richiesta formale, si è preoccupata di mettere a disposizione quello che non poteva essere messo a disposizione. Questo è il dramma.
BORRELLI. Senatore Manzione, mi permetto di non condividere in pieno questa sua affermazione dal momento che non c’è alcuna norma la quale stabilisca che non possono essere messi a disposizione gli atti se non è terminata l’indagine. Per lo meno il citato articolo 2, comma 3, non stabilisce questo.
MANZIONE (Ulivo). Sì, certo, sono d’accordo con lei ma se c’è una richiesta. L’articolo 116 del codice di procedura penale fa riferimento comunque ad una richiesta che non era stata avanzata per Napoli. Si era trattato di un pour parler.
.............omissis
BORRELLI. Mi scusi signor Presidente, ma vorrei aggiungere qualcosa a quanto già detto perché non vorrei dare la sensazione al senatore Manzione di essere scivolato su alcuni aspetti del suo intervento. In particolare desidero intervenire con riguardo all’imbarazzo in cui una parte si trova davanti al giudice sportivo. Soltanto alcune intercettazioni sono infatti state utilizzate nel procedimento. Condivido l’obiezione del senatore Manzione: sarebbe opportuno che fosse mantenuta la stessa garanzia prevista per il giudizio ordinario anche davanti al giudice sportivo; in particolare, secondo le previsioni del disegno di legge che è in corso di gestazione, è previsto che la parte interessata possa aprire un contraddittorio e chiedere che ulteriori conversazioni vengano acquisite in quanto favorevolimo utili per la sua difesa. Allora, forse, una cautela che bisognerebbe adottare è quella di consentire la trasmissione delle intercettazioni telefoniche dal giudice ordinario al giudice sportivo (sempre che non ostino ragioni discrezionalmente valutabili dal procuratore della Repubblica o dal giudice ordinario), ma soltanto dopo che si è superata quella fase in cui le parti private possono chiedere l’ampliamento del materiale intercettato. In questo modo si trasmetterebbero infatti, non soltanto le intercettazioni accusatorie, ma anche quelle utilizzabili per la difesa. Se poi, per ragioni di prontezza di intervento della giustizia ordinaria, il procuratore della Repubblica ritenesse di dovere trasmettere subito un input ad un collega di un’altra sede o ad una procura diversa (non dico anche al giudice sportivo) perché sono emersi dati che necessitano di un impossessamento e di un’utilizzazione immediata ai fini investigativi, si potrebbe allora stabilire che, fintantoché non è completato l’iter dell’esame di tutte le intercettazioni e della legittimità, gli atti trasmessi all’altra procura o all’altro giudice o all’autorità sportiva...
MANZIONE (Ulivo). Siano inutilizzabili?
BORRELLI. Siano utilizzabili soltanto come input per promuovere delle indagini. Quindi che non siano utilizzabili processualmente, ma che possano servire soltanto come segnalazione di piste da seguire o di accertamenti da compiere. Ma, ripeto, che non siano direttamente utilizzabili nel processo. Questo potrebbe essere un aggiustamento che forse attenuerebbe o eviterebbe gli inconvenienti che segnalava il senatore Manzione.
MANZIONE (Ulivo). Sono assolutamente d’accordo con lei, dottor Borrelli, anche se forse sarebbe opportuno che questa valutazione venisse rifatta nella sede della giustizia disciplinare perché alcune intercettazioni possono non essere utili alla difesa rispetto alla contestazione nel procedimento penale, mentre invece potrebbero avere una utilità diversa rispetto a diversa contestazione e a diverso procedimento. Ciò non toglie, comunque, che la sua previsione prospettica è assolutamente da condividere.
BORRELLI. Resta infine da decidere se, nell’ambito del procedimento sportivo, questa valutazione debba essere fatta dall’ufficio indagini, che in realtà funziona soltanto come stazione di polizia, o dal procuratore generale che è l’organo requirente in senso proprio. Noi, come ufficio indagini, siamo solo un organo inquirente. - 31October 2007

IL CORRIERE IDELLA SERA, NTERCETTA PURE LA TELEFONATA TRA MOGGI E DIO

ALDO GRASSO? LA MORALE DEGLI IMMORALI 

Aldo Grasso è il critico televisivo del Corriere della Sera. Giudica gli spettacoli. Dice se sono belli o brutti. Ieri ha inaugurato una nuova attività: entra nei cuori delle persone che vanno a messa, che si fanno pellegrini nei santuari, e dà il voto. Evviva il Corriere, non dà più un punteggio solo alle rovesciate o ai colpi di testa, lascia questa pratica volgare alla Gazzetta dello Sport, adesso sale vicino al trono di Dio e dà i voti come fosse la Madonna. Tra un po' li darà anche alla Vergine Maria: Aldo Grasso, per ora, umilmente ne fa le veci. Fantastico. Dev'essere l'esito della riforma dell'insegnamento accademico. Un lavoro che un tempo spettava a Dio adesso è invece appannaggio di un docente universitario. Infatti Grasso è professore, insegna ai ragazzi il linguaggio dei mass media. Siccome l'ateneo è intitolato al Sacro Cuore di Gesù - è la Cattolica - questo deve avergli conferito una certa parentela con l'Altissimo e la patente di arbitro internazionale dei peccatori.

DAL VERBALE AL ROSARIO
Una volta il Corriere era famoso per procurarsi prima degli altri i verbali della Procura di Milano, adesso si fa dare gli interrogatori addirittura da più in alto. È accaduto che Luciano Moggi, ben noto ai lettori di Libero, e anche nel vasto mondo, si sia recato a Lourdes, alla grotta di Massabielle, dove la "Immacolata Concezione" è apparsa a Bernadette Soubirous. Grasso, informato della vicenda, pretende di leggere il cuore di un uomo, lo giudica nei suoi moti intimi come se possedesse le chiavi della coscienza. Moggi era stato intercettato mentre telefonava ad arbitri e calciatori, ma non si aspettava di essere indagato anche nelle sue comunicazioni spirituali. Chissà che apparecchio usano questi Grandi Inquisitori delle anime, moralisti capaci di fare le pulci al signor Moggi mentre se ne sta in ginocchio. Di lui si può dir tutto. Ridicolizzarne il senso religioso.

Con molto senso della prudenza cristiana pubblicarono in passato, con magnificato stupore, le meditazioni bibliche del loro banchiere editore. Tanto per fare un nome: le stupende esercitazioni profetiche di Giovanni Bazoli che spiegava a Dio la Bibbia. Tutti zitti. Figuriamoci. Leggiamo Grasso: immagina Moggi «penitente davanti alla statua della Madonna nell'atto di chiedere una grazia. Quale grazia? Quella di vedere restituiti alla Juventus gli scudetti tolti?». Saranno cazzi suoi o no? Che spirito di patata. Uno riduce l'animo della gente alle misure dello spettacolino di cui è tenutario. Un attimo prima era stato capace di criticare Lucignolo di Italia 1 perché mostra le chiappe delle spogliarelliste dicendo che è indegno. Ma tu, poco caro Aldo Grasso, che smutandi le anime e in più ti atteggi a moralista e a custode della privacy, in quale abisso dovresti sprofondarti?

Il critico del Corriere non si ferma lì, e si trasforma in Arcangelo che sguaina la spada infuocata per proteggere l'Eden dall'Infedele: «Il solo miracolo che chiediamo a Moggi è di non montarsi la testa e voler ficcare il naso in un settore che francamente appare superiore alle sue forze: le regole del Paradiso non sono quelle del calciomercato». A questo punto vorremmo sapere: quali sono le regole del Paradiso? Chiediamo al Corriere di fornire il vademecum del perfetto pellegrino. Quali cose, secondo Aldo Grasso, vanno domandate a Dio e quali alla Madonna, per fare una marcia figura e prendersi un bel 9 sul pagellino delle loro cronache sacramentali. Inoltre esigiamo brevi appunti sulle modalità per accedere al Paradiso, da dove i meravigliosi giudici di Via Solferino ci guardano con sussiegosa severità.

MIRACOLI POSSIBILI
Intanto, uno così bravo come te, Grasso, a fare l'esame del Dna alle budella mistiche di Moggi, perché prima magari non correggi gli errori sesquipedali del tuo autorevolissimo quotidiano? Il Corriere della Sera licenzierebbe, e giustamente, qualunque cronista che scrivesse di calcio e confondesse un rigore con un corner. Ma quando si scrive di Madonna e Chiesa, tutto fa brodo. Così accanto a Grasso, troviamo una cronaca molto accurata. Virginia Piccolillo scrive che «nella cittadina dei Pirenei la Madonna - secondo la Chiesa - apparve a tre pastorelli». Quella è Fatima, signorina, che peraltro non sta sui Pirenei ma in Portogallo. Tanto è uguale: pur di sputtanare chi sta antipatico e di rendere ridicolo l'atto più personale e intimo del mondo come quello di pregare, va bene l'incoltura professionale di questi maestrini dalla penna storta. Consigliamo un viaggio a Lourdes sia a Grasso sia alla vasta truppa del Corsera: che la Vergine rimedi alla vostra ignoranza.Un miracolo complesso,ma possibile.Renato Farina“Libero”-(29 Agosto 2007)
ALDO GRASSO MORALISTA? ANCHE I MAFIOSI PRETENDONO DI FARE LA MORALE



Dossier doping: la verità sul processo alla Juventus

di Dr. Zoidberg
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La calunnia è un venticello
un’auretta assai gentile
che insensibile sottile
leggermente dolcemente
incomincia a sussurrar
Basilio – Aria da
“Il barbiere di Siviglia”
G.Rossini
1998 è uno (dei tanti) annus horribilis del calcio italiano: è l’anno dei deludenti mondiali francesi, delle infinite polemiche Ronaldo-Iuliano, dei primi artifizi finanziari a base di plusvalenze, delle spese folli (Vieri passa alla Lazio per una vagonata di miliardi), di un calcio ormai fuori controllo che deve rendere conto più alle televisioni che al tifoso da stadio.
In mezzo a queste complicazioni e alle relative grida di disperazione delle cassandre nostrane c’è ancora spazio per il deflagrare ultimo di una bomba ad orologeria che a più riprese aveva già minacciato di esplodere: il doping, da qui in avanti leitmotiv giornalistico favorito, coppa giratoria di un calcio che è costretto una buona volta a guardare in faccia i suoi problemi.
È l’avvio di un fracasso che scoperchia pentoloni di segreti e reticenze, che mette in piazza cose fino ad allora occultate e che per acquietarsi avrà necessità di trovare, secondo moda tutta italiana, un capro espiatorio.

Il lettore disinformato già si sta chiedendo quanti giocatori siano stati trovati positivi ai controlli, oppure quanti e quali documenti compromettenti siano stati improvvisamente rivelati al volgo tifante. Niente di tutto questo. Il fracasso ha origini più semplici: accade che un signore dell’est Europa, di professione allenatore e di nome Zdenek Zeman, decide di dire la sua sull’argomento, rivelando sensazioni e deduzioni su certe “pratiche” troppo usuali negli spogliatoi delle squadre di calcio. Il 25 e il 28 luglio 1998, il Messaggero pubblica due interviste di Mimmo Ferretti al tecnico boemo il quale sputa parole di fuoco contro un calcio che ha preso una brutta piega e che, per dirla con parole sue, «deve uscire dalle farmacie». L’amatissimo gioco nazionale è malato: “sport” non va più a braccetto con “salute”, rivalità e competizione sono stati sostituiti da egoismo e profitto. Il calcio, secondo Zeman, sta seguendo la strada del ciclismo all’affannosa ricerca del miglioramento delle prestazioni atletiche: i farmaci, e l’abuso di essi, non solo hanno fatto la loro comparsa all’interno del pallone, ma lo hanno marcito nelle fondamenta.
Le dichiarazioni zemaniane sono la scintilla che innesca i sensori dei premurosi della carta stampata che immediatamente cominciano a stilare liste di proscrizione e a contendersi il primo posto nella gara del “ve l’avevo detto”. L’opinione pubblica spalanca la bocca e nei salotti bene torna di moda l’indignazione. Neanche i giochi di Seul, gli atleti dell’Est e le nuotatrici cinesi avevano potuto tanto.
Stimolati dall’incalzare dei cronisti, giungono le prime reazioni del mondo sportivo: prevale il basso profilo, nessuno ha voglia di spellarsi le mani e di ravanare in una materia tanto scottante. Si tende a minimizzare e a riportare il tutto nella dimensione di un pour parler estivo, nell’attesa del vero calcio di settembre. Tuttavia qualcuno che freme c’è e cinque parlamentari (Di Nardo, Cimadoro, Ostilio, Cavanascirea, Fabris) chiedono urgentemente un’interpellanza al vicepresidente del consiglio Veltroni. Dalle aule di Senato a quelle sportive il passo è brevissimo: immediatamente il Coni invita Ugo Longo (futuro presidente della Lazio) ad avviare un’indagine conoscitiva che, come vedremo, avrà magrissimi risultati.
Zeman è insaziabile e non vuol saperne di deporre le armi. Più affilato e insinuante che mai, il 7 agosto rilascia un’intervista a Gianni Perrelli, che sei giorni dopo L’Espresso titolerà “Anche il calcio ha il mal di Tour”. Finalmente si fa sul serio. Ecco il testo (quasi integrale) ove il tecnico sguaina la spada (o la stampella) e parte alla Enrico Toti contro l’ingiustizia e il sopruso (cito a pezzi, commentando di volta in volta):

Non sono un demagogo né un provocatore - dice di sé Zdenek Zeman – Sono un uomo di sport. Capto le voci, le atmosfere che girano nell’ambiente. Sento e vedo che non solo nel ciclismo, ma anche nel football, si cerca di sopperire alle carenze di preparazione coi prodotti di farmacia. Nel calcio non c’è ancora stato lo scandalo esplosivo. Ma tanto più uno sport è importante, tanto più si addensano i pericoli. So di molti medici che sono passati dalla bicicletta al pallone. So di molte società di serie A che si avvalgono dell’opera di farmacologi. Ecco, bisogna che il campionato non diventi come il Tour.

Zeman parte bene, guardingo, mettendo in luce delle sacrosante verità: così come in altri sport, anche nel calcio si fa ricorso a farmaci che non dovrebbero essere utilizzati poiché riservati al trattamento di persone realmente malate. Niente da obiettare se non fosse che il tecnico sostiene di “sapere” che “molte” società di serie A adottano queste pratiche.

[…] Di Pedalopoli, che in Francia è esplosa in maniera così clamorosa, si parla già da anni. Nel calcio si registrano solo bisbigli e maldicenze. Si vocifera di sostanze non proibite, ma ai limiti del lecito, e potenzialmente molto nocive, a cui farebbero ricorso alcuni campioni delle squadre più in vista. Prove, nessuna. I casi di doping, nel football degli ultimi anni, sono circoscritti all’assunzione del Lipopill che penalizzò per un anno la carriera di Angelo Peruzzi e Andrea Carnevale, e al consumo di cocaina che ha abbreviato quella di Diego Armando Maradona e Claudio Caniggia” Ma si rafforza intanto il sospetto che neanche il calcio italiano sia uno sport immacolato. Quali sostanze si celano nei medicinali reclamizzati da alcune case farmaceutiche, con depliant illustrativi che garantiscono agli atleti miglioramenti di condizione del 50 per cento? Zeman dice di averne ricevuti molti, e di essere certo che siano pervenuti anche ai suoi colleghi. Probabilmente li metterà a disposizione della Procura antidoping che indaga sul fenomeno per conto del Coni. Meravigliato dalle violente reazioni provocate dalla sua requisitoria, l’allenatore della Roma glissa sui nomi dei farmaci e delle ditte, si trincera dietro lo sguardo sornione e le pause meditate. Un atteggiamento serafico, tipico di quella sua filosofia del distacco che per amor di battuta potrebbe essere definita buddismo Zeman. Ma per rintuzzare l’accusa di non voler assumersi in pieno le responsabilità delle accuse, almeno su alcuni punti al tecnico preme fare chiarezza: “Premetto che non sono un farmacologo quindi non so dire nulla sulla nocività di certe pillole. Il punto però a me sembra un altro. I medicinali servono a guarire gli ammalati. Mentre chi fa sport dovrebbe essere sano. Quando mi obiettano che queste sostanze potrebbero essere prescritte anche a un bimbo di sei anni, io rispondo che se si è in buona salute a quell’età non serve niente. È mai passibile che di questi problemi non si parli in Federazione?

Passaggio fondamentale: Zeman afferma di aver ricevuto delle particolari brochures che, a sentir lui, sono state certamente visionate dalle società di calcio della massima serie. Il boemo avanza per mezze frasi e lascia molto ad intendere, non rivelando quali ditte e quali squadre sarebbero protagoniste di questa vicenda.
(nota: Zeman successivamente dichiarò di aver buttato via questi famigerati depliant, ma si disse sicuro che i prodotti ivi pubblicizzati erano stati senza dubbio usati da Ajax e Udinese)
Dai controlli antidoping non è però emerso mai nulla
«Per il momento va tutto bene. Dai campioni delle urine non risulta niente. Forse non uscirebbe nulla perfino se venissero introdotti gli esami del sangue. Si tratta in ogni caso di interventi tardivi. E chissà, quei farmaci magari non provocano alcun guasto. Ma chi può escludere che i danni si manifestino a distanza di anni? Se si intravedono rischi, occorre prevenirli, non aspettare che esploda il bubbone. Il problema è che i giocatori sono condizionati dagli interessi del momento e non si preoccupano tanto della salute. E i dirigenti pensano solo a sfruttarli al massimo, senza andare troppo per il sottile».
La squadra che ha reagito con maggior vivacità alla sua denuncia è stata la Juventus. Alcuni giocatori bianconeri hanno ironizzato sul suo bisogno di pubblicità. Dal momento che non ha mai vinto niente, sarebbe l’unico modo per calamitare i titoloni dei giornali
«Chi mi conosce bene, sa che la pubblicità cerco semmai di schivarla, È vero che non ho mai vinto niente. Ma non mi dà alcun fastidio. Ho un concetto diverso del successo. Mi sento appagato quando riesco a imporre il mio gioco e i miei principi. In quanto alla Juventus, si è chiamata in causa da sola».

Non si direbbe che la Juventus si sia chiamata in causa da sola, dal momento che è stato Zeman per primo a fare i nomi di Vialli e Del Piero, accusandoli di aver guadagnato una sospetta massa muscolare. Un ottimo modo per denunciare, non c’è che dire. Lo stesso concetto, espresso contro un’altra società, sarebbe stato immediatamente catalogato come diffamazione e la vicenda si sarebbe chiusa.

Non può però negare di aver manifestato a più riprese sorpresa per le esplosioni muscolari di alcuni giocatori della Juve.
«È uno sbalordimento che comincia con Gianluca Vialli. E arriva fino ad Alessandro Del Piero. Io dico che ho praticato diversi sport e pensavo che certi risultati si potessero ottenere solo con il culturismo, dopo anni e anni di lavoro specifico. Sono convinto che il calcio sia tutto un altro tipo di attività. Almeno il mio calcio, che in una sola parola definirei positivo».
Pare però che anche lei, quando approdò cinque anni fa nella Lazio, abbia somministrato ai suoi giocatori dosi di creatina, una sostanza lecita che gli juventini non hanno mai fatto mistero di assumere.
«Per ristabilire la verità, diciamo che ho assecondato l’andazzo. All’inizio della stagione, I cinque o sei laziali che a quell’epoca erano nel clan azzurro mi dissero che si erano abituati a prender la creatina su consiglio dei responsabili della Nazionale. Io mi limitati a parlarne con il dottore della Lazio e a fare in modo che la sostanza fosse somministrata sotto stretto controllo.

Pare quasi che Zeman si ritenga l’unico depositario della verità, mentre qualsiasi cosa abbia la sfortuna di uscire dalla bocca di uno juventino sia menzogna. Interessante notare come anche la Lazio del boemo (1994-98) fosse ben conosciuta per le sue qualità atletiche e, a questo proposito, calzano perfettamente le dichiarazioni dell’ex giocatore biancoceleste Paolo Negro («Con Eriksson non abbiamo mai preso creatina, con Zeman sì») e quelle del difensore Gianluca Favalli, che vedremo più avanti.

Ma lei ha parlato dei problemi del doping coi suoi colleghi o coi medici?
«Ne parlo, naturalmente, con il medico della Roma Ernesto Alicicco. Abbiamo più o meno le stesse sensazioni. Da sempre c’è il coadiuvante che io chiamo dello zuccherino. Qualche sostanza tonificante immessa nelle flebo. O la miscela tra aspirina e caffé che stimola le energie. A volte l’effetto è solo psicologico. Ma ho l’impressione che negli ultimi tempi si stia esagerando. Le pressioni sui calciatori si fanno sempre più pesanti. Ed è sempre più difficile resistere alle tentazioni della pillolina magica. Sarò anche un romantico, legato a una concezione del calcio in cui i giri di campo contano più della chimica. Ma non sono un ingenuo. Sono certo che molti giocatori di serie A, forse anche nella stessa Roma, non sappiano rinunciare a certe sostanze».

Di nuovo: Zeman è “certo” che molti giocatori si siano giovati di particolari aiuti. Ma a parte le accuse ai calciatori della Juventus non vengono fatti altri nomi. Nessuno farà mai luce su eventuali altre società, nonostante lo stesso Zeman parli anche della Roma.

Ma perché il tema è una sorta di tabù? Se ne parla sottovoce e non è mai stato affrontato a livello ufficiale.
«Perché il calcio smuove troppi interessi e conviene a tutti chiudere un occhio sugli aspetti negativi. Le cito un fatto emblematico. Dei problemi di droga di Maradona si parlava già quando il Napoli lo acquistò dal Barcellona. Non riesco a persuadermi che a ignorarli fosse proprio Ciro Ferrara, suo compagno di squadra, che nella polemica contro di me non si è certo distinto per buona educazione. Maradona ha continuato a giocare da fuoriclasse. E gioca ancora oggi. Ma a Ferrara vorrei ricordare che se non si fosse chiuso un occhio, se qualcuno avesse preso a cuore la sua tossicodipendenza, lo si sarebbe potuto salvare da una mesta parabola. Ma ormai il business prevale su tutto. Il mondo del calcio è dominato dalla finanza, oltre che dalle farmacie»
(l’articolo si conclude con considerazioni varie sul governo del calcio europeo, sui Mondiali appena conclusi e sul prossimo campionato, nda)

Zeman non ricorda che il Pibe cominciò ad avere familiarità con la cocaina già a Barcellona e che Napoli fu solo l’atto finale di una tragica escalation. Inoltre, i rapporti che il campione argentino intratteneva con la camorra sono ben noti ed è verosimile che abbiano costituito una sorta di vincolo inscindibile tra lui e la sua tossicodipendenza. Certamente, ad un livello più ampio, l’accusa non è priva di fondamento, ma è di pessimo gusto gettare discredito su Ciro Ferrara (che casualmente all’epoca militava nella Juventus), il quale fu tra i pochi a stare vicino a Maradona nel momento in cui molti gli avevano voltato le spalle.

Una volta pubblicata l’intervista (già ampiamente anticipata da molti quotidiani) si scatena la bagarre e i personaggi chiamati in causa mostrano i denti: Del Piero annuncia querele, Vialli (passato al Chelsea) accusa Zeman di destabilizzare l’ambiente («è un terrorista»), il suo amico Mancini ne prende le difese («Spero che Zeman abbia delle prove, altrimenti fare accuse così generiche mi sembrerebbe banale. Gianluca fisicamente è sempre stato così»).
Il giorno seguente, la Magistratura prepara un fascicolo che induce il procuratore aggiunto della Procura di Torino, Raffaele Guariniello, a convocare calciatori e tecnici per delle udienze. In un ANSA si apprende che questi «intende accertare l’eventuale uso di sostanze proibite soprattutto da parte dei più giovani, in particolare minorenni» (29 agosto1998. Ottimo intento, cosa abbia a che fare con la Juventus non lo si è ancora scoperto).
Zeman non si fa sfuggire l’occasione e il 12 agosto rincara la dose: «Avverto l’esigenza di partire tutti alla pari in campionato». A stupire è la repentina correzione di tiro del tecnico che, premuratosi dapprima di sottolineare la capillarità del problema doping, passa poi direttamente ad allusioni su chi si avvantaggerebbe con pratiche illecite. Quest’ultima provocazione suscita lo sdegno dell’allenatore bianconero Marcello Lippi (che entrerà poi in una duratura polemica con Zeman) e ancora di Vialli, il quale opportunamente sottolinea come nessuno si fosse mai permesso di avanzare insinuazioni sul frizzante Foggia zemaniano, passato alla storia per l’esasperato tatticismo e per le abilità podistiche dei suoi calciatori. In un’affollatissima conferenza stampa la Juventus affida la sua risposta ufficiale al medico sociale Riccardo Agricola, il quale afferma: «Zeman fa confusione tra integratori, sostanze lecite e sostanze illecite. Gli integratori sarebbe un delitto non usarli perché l’organismo di un atleta va riequilibrato dopo i pesanti carichi di lavoro cui deve sottoporsi. È chiaro che l’eccesso di tali sostanze è dannoso».
Nel frattempo le inchieste del Coni proseguono e dopo numerosi interrogatori a calciatori, dirigenti, tecnici e medici sociali si giunge alla conclusione che «non esiste doping nel calcio» (25 agosto 1998. La situazione è davvero paradossale, ma non resterà un unicum. Si spendono fiumi di parole affermando che la magistratura ordinaria non deve intervenire nelle questioni di quella sportiva ma, in questo caso, interviene eccome. Quando, al contrario, la giustizia ordinaria decreta l’archiviazione delle carte sulle intercettazioni di Calciopoli dichiarando che non c’è «nulla di penalmente rilevante», la giustizia sportiva magicamente si interessa dell’argomento. Che ci sia di mezzo in entrambi i casi la Juventus è ovviamente pura coincidenza). Tuttavia, agli inquirenti del Comitato Olimpico preme sottolineare come «l’apporto farmacologico [sia] diventato parte integrante dell’allenamento» al punto che le modalità dell’uso dei farmaci «sono tenute nascoste quasi fossero patrimonio di conoscenza da preservare per avvantaggiarsi nella competizione sportiva, assumendo quindi valenza di vero e proprio differenziale competitivo».
Il responso della commissione di indagine del Coni, sebbene parzialmente concorde con quanto affermato da Zeman, sembra porre la parola fine sulla questione. Ma il pm Guariniello decide che è necessario andare avanti: il 29 agosto, le cartelle cliniche dei calciatori della Juventus e del Torino vengono messe sotto sequestro.
L’inchiesta sembra interessare solo il capoluogo piemontese nonostante dichiarazioni successive dello stesso Zeman abbiano poi posto l’accento sulla diffusione globale del fenomeno. Queste frasi sono davvero contraddittorie se si considera tutto quello che da questo punto in poi accadrà:

Io non volevo denunciare niente, ho soltanto detto certe cose, ho soltanto espresso un parere perché, per quello che mi arriva, so che nel calcio si usano troppi farmaci. […] E non penso di essere stato il primo tirar fuori certi discorsi: anche in passato c’è stata gente che ne ha parlato, forse non è stata ascoltata”. Il tecnico, continuando sulla stessa linea, afferma anche di essere a conoscenza di un circuito farmaceutico interno a tutte le squadre: “Il problema principale di molte società oggi è quello di trovare un bravo farmacologo. […] Se a me arrivano ogni settimana decine di depliant di case farmaceutiche che pubblicizzano questo o quel prodotto e mi viene assicurato che lo usano la squadra X e la squadra Y e migliora di un cinquanta, sessanta per cento il rendimento io sostengo che tutto questo non è normale. Quali squadre? Quasi tutte. Sì, quelle di serie A. Non si fa pubblicità con le squadre di serie C2, se mai con quelle grandi, con quelle forti… I nomi delle case farmaceutiche non li ricordo, ma sono pronto a mostrarvi i depliant (Il Messaggero, 28 luglio 1998).

Il 4 settembre Guariniello dispone delle indagini nei laboratori capitolini dell’Acqua Acetosa, responsabili delle analisi delle urine dei calciatori di Serie A e B. Dalle verifiche emergono irregolarità e carenze relative ai controlli antidoping, le quali portano alle dimissioni del presidente del Coni Pescante e poi alla chiusura dei laboratori stessi (Per la vicenda dei laboratori dell’Acqua Acetosa rimando alla ricostruzione fatta da Mauro Barletta nel suo «Il calcio in farmacia» (Lindau), che rivela particolari inquietanti sui procedimenti relativi alle analisi antidoping (pagg.115-130)). In seguito a questi avvenimenti, cresce il partito degli accusatori della Juventus. Qualcuno sospetta lo zampino della Signora nelle anomalie dell’Acqua Acetosa, anche se a nessuno sovviene come la stessa Juve a Roma conti molto poco e che, se i controlli erano irregolari, tutte le squadre ne avrebbero potuto, in un certo senso, usufruire.
Il sasso ormai è lanciato e il treno in corsa non si può più fermare: è il momento del processo. Non quello sportivo, ma quello vero e proprio, che la magistratura ordinaria avvia quasi quattro anni più tardi, nel gennaio 2002. - October 2007

di Dr. Zoidberg

ASSEMBLEA AZIONISTI JUVE, SI SAREBBE DOVUTO PARLARE DELL'ARTICOLO APPARSO SUL BLOG - www.ShoTrading.com - L'ALTA FINANZA E LE MANIPOLAZIONI MEDIATICHE: "IL CASO CALCIOPOLI".

L'alta finanza e le manipolazioni mediatiche: il caso "calciopoli". 
 LIBERA INFORMAZIONE
31 - 8 - 2007

Nelle pagine indicate con la dicitura "Libera Informazione" vengono pubblicati articoli non necessariamente inerenti ad argomenti strettamente legati al trading sui mercati azionari. L'intento è quello di divulgare notizie e trattare argomenti che non arrivano al grande pubblico a causa dei meccanismi di censura e servilismo dei grandi media.

Le vicende relative all’inchiesta sul mondo del calcio operata nel 2006 dalla Procura di Napoli, sono state un’autentica “deflagrazione mediatica” che ha occupato la maggioranza degli spazi dell’informazione italiana. Il motivo è facilmente intuibile: noi italiani abbiamo la capacità di passare con relativa indifferenza attraverso vicende di gravità straordinaria, purchè queste non riguardino “panem et circenses” , elementi che nessuno ci deve toccare. I calciatori sono i nostri “circenses”, e il “dio pallone” è l’unico motivo per cui valga davvero la pena discutere con coinvolgimento e animosità. Soprattutto è l’unico motivo per il quale valga la pena leggere qualche giornale, e più in generale…leggere (infatti in Italia abbiamo ben tre quotidiani sportivi, in particolare la Gazzetta dello Sport è sempre in vetta alle classifiche delle vendite).
E’ ovvio che tali affermazioni siano una volontaria provocatoria generalizzazione, ma dati alla mano (cioè le vendite dei giornali) si capisce che tale generalizzazione è basata su fatti reali. Churchill soleva dire: “gli italiani vanno alla guerra come si va ad una partita di calcio, e ad una partita di calcio come si va alla guerra”. Vorrei poter dire che Churchill era preda di snobismo pregiudiziale nei confronti del nostro paese, purtroppo mi tocca pensare che nelle sue parole ci fosse una dose di verità.

L’intera vicenda di “calciopoli” è un autentico scrigno ricolmo di tesori per chi è interessato ad esplorare territori quali gli intrecci dell’alta finanza italiana, le manipolazioni mediatiche, la psicologia di massa. Uno scrigno che dovrebbe destare l’attenzione di chiunque voglia capire meglio il paese nel quale viviamo, a prescindere totalmente da quale sia il proprio interesse nei confronti del calcio inteso puramente come sport. Uno scrigno che offre molto materiale d’analisi e numerosi spunti di riflessione. Quando l’interesse della “pancia del paese” si sarà spento sotto le ceneri del tempo, la vicenda diverrà a mio parere emblematica nello studio dei rapporti tra mass-media e società. Perché quando si vuole analizzare la storia di un paese non si possono ignorare i meccanismi che guidano i media. La qualità dell’informazione è una delle basi fondamentali della moderna democrazia, ed è affidabile metro di valutazione del grado di civiltà....

“Calciopoli” è un’opportunità unica: per la prima volta dai tempi di “tangentopoli” (“panem”) i media italiani hanno per la mani una vicenda che interessa la “pancia del Bel Paese” in maniera viscerale (scusate il poco felice gioco di parole). E’ proprio quel coinvolgimento, quel morboso interesse degli italiani nei confronti del calcio, che ha gettato le basi per costruire quella che, in termini di azione sull’emotività di massa, è stata forse la più clamorosa manipolazione mediatica avvenuta in Italia dal dopoguerra ad oggi. Nelle pagine che seguono dimostrerò tale affermazione analizzando molti dati, notizie e avvenimenti che sono stati censurati e manomessi, grazie ad una vasta azione di “taglia e cuci” operata dai media italiani sulle notizie che trapelavano dall’inchiesta. Si va dalle intercettazioni telefoniche (moltissime quelle tagliate, cancellate o diffuse in maniera parziale), alla clamorosa totale censura sull’identità di chi ha materialmente diretto le operazioni d’indagine. Dal parziale insabbiamento dello scandalo Telecom/Sismi, alla linea contraddittoria e sfuggente seguita daIla famiglia Elkann, dall’IFIL e dalla nuova dirigenza juventina durante l’inchiesta. Fino ai legami strettissimi tra Inter, Telecom e giudici che scrissero le sentenze sportive.

Ma per giungere a capire in quale terreno affondino le radici di tale manipolazione mediatica, bisognerà fare un passo in dietro fino alla fine degli anni ’90 ed analizzare le modalità con le quali si arrivò a privatizzare il gruppo Telecom-Italia.

Nel diffondere le notizie sulla vicenda i media italiani si sono sempre mossi partendo da un presupposto di tipo etico e morale, ben sapendo che “etica” e “morale” sono strumenti che grazie alla retorica si possono utilizzare come grimaldelli e passpartout nelle coscienze delle masse. Quelle medesime masse che accedono a fonti d’informazione filtrate e indirette, e che quindi non sono in grado di acquisire i mezzi necessari per rapportarsi ai media con consapevolezza e senso critico. Grazie alla questione morale si fornisce sempre un fertile terreno emotivo sulla quale far presa: l’inchiesta su “calciopoli” è stata proposta come una lotta dicotomica tra concetti quali “moralità” e “immoralità”, “onestà” e “disonestà”, facendo largo uso di termini quali ”giustizia”, “pulizia” e “rinnovo”. Aggiungiamoci poi che tali dualismi sono applicati ad un contesto già per sua natura basato sull’emotività (cioè il tifo calcistico) e capiremo come una vicenda del genere non poteva che assumere dimensioni mediatiche abnormi (dato per fatto acquisito che il calcio sia lo sport più seguito in Europa, ma più in generale anche nel mondo).

Per avere un’idea di come i fatti siano avvenuti, o perlomeno per poter costruire un’ipotesi razionale e attendibile, dobbiamo a mio parere scomporre l’intera vicenda di “calciopoli” in tre aree di analisi: - l’origine autentica delle intercettazioni telefoniche sulle quali si è sviluppata l’indagine della Procura di Napoli, e il modo con il quale tali intercettazioni sono state trascritte per i media - le modalità giuridiche con le quali l’inchiesta è stata portata a termine con la scrittura della sentenza, analizzando la Commissione della CAF e i principali membri che la componevano, e raffrontando poi tali analisi con quelle relative alla linea di difesa adottata durante il processo dai legali della società Juventus (squadra oggetto principale dell’indagine) - gli interessi dell’alta finanza italiana nella vicenda (e più in generale nel mondo del calcio), focalizzando l’attenzione su quelle società finanziarie che hanno occupato in primis le caselle della scacchiera sulla quale si è giocata l’inchiesta.

Non ho timore di dichiarare in anticipo che, una volta analizzato questo triplice contesto, avremo innanzi un orizzonte molto difforme rispetto a quello dipinto dai media italiani (o perlomeno dalla maggioranza di essi, soprattutto quelli che operano in ambito televisivo). Sul nuovo orizzonte non si staglieranno più le sagome di arbitri, dirigenti sportivi e giocatori, ma quelle di importanti società finanziarie che sono ai vertici del sistema economico italiano. Le prime sono il nostro dito, le seconde la Luna. E mentre i mass media hanno indirizzato l’attenzione del pubblico verso la punta del dito, sulla Luna si giocava la partita autentica, in quel “dark side of the moon” che gli obiettivi televisivi evitano sempre d’inquadrare. Come sempre, ogni volta che ci rapportiamo con i media, dobbiamo munirci di telescopio e concentrarci su ciò che è ben più distante del nostro dito.

Le verità nascoste sulle intercettazioni: il ramo Sisde.

Secondo la versione ufficiale, l’indagine sulla corruzione nel mondo del calcio italiano è partita da una lunghissima serie d’intercettazioni telefoniche ordinate dalla Procura di Napoli. I telefonini sui quali i magistrati hanno focalizzato l’attenzione sono quelli di dirigenti di società, designatori arbitrali, arbitri, giocatori e membri della Federazione Italiana del Gioco Calcio. La Procura analizza un fascicolo di trascrizioni (e non le registrazioni audio originali), tali trascrizioni hanno due fonti di origine:

una parte sono emerse in seguito agli sviluppi di un’altra inchiesta, quella sulle intercettazioni non autorizzate operate da parte dei responsabili della sicurezza del gruppo Telecom. Si tratta un’inchiesta che va ben oltre il mondo del calcio: prende origine dalle indagini sulle elezioni politiche della regione Lazio, passa attraverso il caso del rapimento dell’iman Abu Amar, e coinvolge anche uomini di polizia, finanza e carabinieri - una parte delle intercettazioni è stata invece trascritta da alcuni membri del Sisde che si sono occupati in prima persona delle indagini sui dirigenti di alcune società di calcio.

Cominciamo col parlare di quest’ultimo ramo d’origine, quello legato al Sisde. Nel farlo ci ritroveremo sorprendentemente catapultati in un caso che appare molto lontano da “calciopoli”, sia in termini di tempo che di contesto: l’omicidio del giudice Paolo Borsellino avvenuto nel luglio del 1992.

Nelle ore successive alla strage di Via D’Amelio, la Rai e il Tg5 mandarono in onda ripetutamente le immagini girate sul posto pochi minuti dopo l’esplosione. Si notava un uomo in borghese che si allontanava dai resti dell’auto con in mano la borsa in pelle del giudice Borsellino, borsa che fu ritrovata successivamente al suo posto, cioè sul sedile posteriore dell’auto. All’interno era sparita l’agenda personale di Borsellino, un’agenda rossa nella quale il magistrato era solito scrivere i suoi appunti sulle indagini e dalla quale, a detta di molti suoi collaboratori, non si separava mai. Un’agenda che probabilmente conteneva particolari scottanti sui rapporti mafia-istituzioni, e in particolare sull’omicidio Falcone. L’uomo nelle immagini è il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, comandante del Nucleo Operativo Sisde di Roma. Nei giorni successivi i famigliari e i collaboratori di Borsellino, notando le immagini, chiesero alla Procura di indagare sul fatto e di interrogare il col. Arcangioli. La Procura ha ignorato le loro richieste per ben 13 anni, fino a quando improvvisamente ad inizio 2006 i magistrati di Caltanisetta acquisirono le immagini video girate poco dopo l’esplosione, e iscrissero il col. Arcangioli nel registro degli indagati. L’accusa ufficiale era “false dichiarazioni in ambito di indagini anti-mafia”. Il colonnello ammesse di aver prelevato la borsa dall’auto, ma dichiarò di averla aperta subito alla presenza dell’ex-magistrato Giuseppe Ayala, e di non aver notato nessuna agenda al suo interno. Nei primi giorni del febbraio 2006 i magistrati della Procura antimafia ordinarono un confronto tra Arcangioli e Ayala, quest’ultimo smentì con fermezza le affermazioni di Arcangioli. Altri testimoni smentirono il colonnello del Sisde.

La notizia riguardante il confronto è stata riportata in brevi articoli in pagine secondarie da vari quotidiani. Un paio di esempi:

PALERMO - Sarà interrogato dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, fotografato il 19 luglio 1992 in via D'Amelio con in mano la borsa di Paolo Borsellino che conteneva l'agenda del magistrato mai più trovata. Non è stata resa nota la data dell'interrogatorio né se l'ufficiale sarà sentito alla presenza dell'avvocato difensore. Arcangioli, già stato sentito nei mesi scorsi, ha fornito una versione dei fatti che contrasta con quella di altri testimoni. Ma l'acquisizione di filmati registrati da troupe della Rai e di Mediaset ha fornito ai pm la possibilità di ricostruire le ore successive all'attentato, compresi i movimenti dell'allora capitano Arcangioli. --- Corriere della sera, 8 febbraio 06.

L´inchiesta sul mistero della borsa Agenda Borsellino, Ayala e Arcangioli confronto a Roma.

ROMA - Il confronto tra il deputato dei Ds ed ex magistrato Giuseppe Ayala ed il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, non ha chiarito il mistero sull´agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, morto con i cinque uomini della scorta nella strage del 1992 in via D´Amelio a Palermo. Un´agenda scomparsa e mai ritrovata. Il faccia a faccia tra i due è stato disposto dal procuratore della Repubblica di Caltanissetta, Francesco Messineo e dal suo aggiunto, Renato Di Natale e si è svolto ieri pomeriggio a Roma nell´ambito dell´inchiesta sui «mandanti esterni» delle stragi Falcone e Borsellino.

Tre giorni fa i magistrati e gli investigatori della Dia di Caltanissetta a quattordici anni dalla strage, hanno riesumato una fotografia ed alcuni filmati televisivi girati subito dopo l´attentato dell´estate del 1992 a Palermo nei quali si vede l´allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, adesso comandante del nucleo operativo di Roma, allontanarsi con una borsa di pelle in mano. Quella borsa era del giudice Paolo Borsellino ed era stata prelevata dall´automobile blindata distrutta dall´esplosione. La borsa fu fatta vedere a Giuseppe Ayala che era presente sul luogo e fu ritrovata qualche ora dopo sul sedile posteriore dell´automobile del magistrato. Ed è proprio in quella borsa, secondo quanto dichiarato e confermato dai familiari del magistrato ucciso nell´attentato, Borsellino aveva l´agenda rossa dove annotava tutte le cose più segrete relative alle indagini anche sulla strage del collega Falcone, ucciso dalla mafia a Capaci, insieme alla sua scorta. La Repubblica, 09/02/2006.

Vi starete chiedendo che c’entra tutto questo con “calciopoli”. Ecco la risposta: nel 2005 la Procura di Napoli fa partire un’inchiesta su alcune società di calcio, in primis Juventus, Fiorentina e Lazio, e ordina intercettazioni telefoniche sui cellulari dei dirigenti di queste società. Una volta appresa la notizia, i vertici del Sisde, nella persona del generale Mario Mori, dichiarano alla Procura di farsi carico delle intercettazioni telefoniche. Ci sarebbe ora da analizzare nei dettagli chi sia il generale Mori, quale il suo ruolo nell’Antimafia, e soprattutto perché dal 2005 sia inquisito dalla stessa Procura di Palermo "per aver favorito la mafia", ma dovremmo addentrarvi in argomenti che eludono dal contesto che stiamo trattando. Genericamente possiamo dire che si tratta di un’Antimafia che processa se stessa, o meglio alcuni suoi membri.

Il generale Mori assegna la direzione delle indagini e delle intercettazioni a due suoi uomini di assoluta fiducia: uno è proprio Arcangioli, l’altro è il commissario Aurelio Auricchio...... Auricchio è un altro membro del Sisde che anni fa fu inquisito per aver falsificato prove e intercettazioni telefoniche in processi antimafia. Lui querelò per diffamazione i suoi accusatori ma i tribunali gli diedero torto anche in appello. Pur essendo loro stessi oggetto d’indagine, nessuna di queste persone fu sollevata dal proprio ruolo durante l’inchiesta sul calcio. Anche volendo evitare come la peste ogni forma di dietrologia o teoria preconcetta, non si può evitare di sottolineare per dovere di cronaca, che il generale Mori sia amico personale di Silvio Belusconi e fratello del capo della sicurezza di Mediaset.

Nel periodo del confronto Arcangioli-Ajala l’inchiesta su calciopoli (in corso da quasi un anno) non era stata ancora resa pubblica. I giornali non potevano sottolineare il legame tra Arcangioli, Auricchio, Mori e le indagini sul calcio, ma avrebbero dovuto farlo successivamente nell’estate 2006. Il fatto invece passò del tutto in ombra durante la “bagarre” mediatica che occupò i palinsesti televisivi tra giugno e agosto.

Telecom e conflitti d'interessi.

Abbiamo visto chi si è occupato di trascrivere e consegnare alla Procura di Napoli una parte delle intercettazioni, ma ci fu un altro filone d’origine delle trascrizioni, filone che nasce in un contesto estraneo alle vicende del Sisde e dell’Antimafia: si tratta del caso sulle intercettazioni illegali operate dai vertici della sicurezza di Telecom. Una vicenda piuttosto complessa e dai risvolti inquietanti, risvolti che farebbero tremare i polsi a qualsiasi moderna democrazia degna di essere definita tale. Ma come al solito in Italia questa vicenda è stata proposta dai mass-media con scarso rilievo rispetto alla gravità dei contenuti, con scarsa attenzione ai particolari e ai protagonisti. E’ un caso che coinvolge i dirigenti di quello che è uno dei gruppi finanziari più potenti nel nostro paese, il gruppo Pirelli-Telecom. Una struttura finanziaria estremamente estesa ed articolata, una struttura che oltre ad avere un controllo praticamente totale sulla rete telefonica italiana, estende il suo potere ben oltre: su editori, canali d’informazione sia multimediali che televisivi, si articola all’interno delle alte sfere del mondo finanziario, occupa grandi fette di mercati anche al di fuori del contesto delle telecomunicazioni. Inoltre è il principale sponsor del campionato di calcio italiano, gestisce la trasmissione di gare di campionato (mediante internet con Rosso Alice, mediante digitale terrestre con Carta+ e La7). Telecom-Pirelli partecipa attivamente anche al finanziamento della società di calcio milanese F.C.Internazionale (la società che ha tratto i maggiori vantaggi dall’inchiesta su “calciopoli”), società della quale Marco Tronchetti-Provera, “patron” Telecom-Pirelli, è membro del consiglio di amministrazione e finanziatore.

C’è un altro nome che riveste un ruolo importante nelle vicende che uniscono Telecom all’inchiesta sul calcio, e in molte altre che hanno attraversato l’alta finanza italiana degli ultimi anni. Uno di quei nomi sui quali i riflettori mediatici non si accendono mai, come si conviene ai veri uomini di potere. Questo nome è Carlo Buora. Chi è Carlo Buora ? In un paese che ha fatto dei conflitti d’interessi una consuetudine, Buora è uno degli esponenti più importanti dell’arte di tenere il piede in molteplici scarpe. Per spiegare nel dettaglio quante poltrone occupi Buora nei vertici dell’imprenditoria italiana, sarebbe necessario un intero capitolo. Mi limiterò qui a schematizzare l’incredibile molteplicità dei poteri di Buora. Queste le cariche rivestite dal manager milanese nato nel 1946:

- Consigliere Ras dal 10 settembre 2002
- ex-Amministratore Delegato di Pirelli & C. S.p.A. e attualmente Vicepresidente di Telecom Italia S.p.A.
- Presidente del Consiglio di Amministrazione di Tim S.p.A. (sponsor del campionato di calcio italiano)
- Amministratore di Olimpia S.p.A. Questa è una società finanziaria totalmente priva di dipendenti, che detiene la maggioranza relativa del pacchetto azionario di Telecom Italia. In pratica l’azienda privata che gestisce la rete italiana delle telecomunicazioni è in mano a un gruppetto ristrettissimo di persone riunitesi sotto un marchio costruito ad “hoc”. Fino al 2005 Olimpia era controllata, oltre che da Pirelli e dalla famiglia Benetton, anche da Hopa, l’holding bresciana fondata da Emilio Gnutti. Hopa fu al centro dello scandalo di “Bancopoli”, l’inchiesta che portò alle dimissioni del Presidente di Banca d’Italia Antonio Fazio (altra vicenda clamorosa abilmente insabbiata dai media italiani)
- amministratore di Real Estate  - amministratore di Rcs Mediagroup S.p.A.  (uno dei più potenti gruppi editoriali italiani, editrice tra l’altro della Gazzetta dello sport, il principale giornale sportivo italiano che ha svolto un ruolo mediatico fondamentale nell’inchiesta su calciopoli
- amministratore di Mediobanca S.p.A. (del consiglio di amministrazione Mediobanca è membro anche Gianluigi Gabetti, Presidente dell’IFIL, la società finanziaria Agnelli che controlla la società calcio Juventus. Ma di questo parleremo più avanti).

internazionale fc: .Carlo Buora è anche il vicepresidente esecutivo della società calcio FC Internazionale. Nel sito ufficiale dell’Inter, nella pagina che espone l’organigramma societario, il nome di Buora è sempre stato indicato con la carica di vicepresidente, ma da gennaio 2007 (subito dopo la sua rinomina a vicepresidente Telecom) viene indicato tra i membri del consiglio di amministrazione, in una posizione che salta agli occhi meno di prima. In ogni caso, “vicepresidente esecutivo” o “membro del consiglio di amministrazione” che sia, il clamoroso conflitto di interessi di Buora è uno degli innumerevoli casi passati sotto totale silenzio da parte dei mass-media.

Per capire come il gruppo Telecom Italia sia giunto ad essere uno dei protagonisti principali nella distribuzione dei diritti televisivi dobbiamo fare un passo indietro a fine anni ’90, quando si operò la trasformazione delle società calcistiche in Società per Azioni. Le prime a quotarsi in borsa furono le due società romane, Roma e Lazio. In questo modo trovarono una via di uscita da situazioni di bilancio prossime al fallimento. In questa via risiedeva anche la vendita dei diritti televisivi.

Successivamente infatti vennero scritte le normative che consentivano la vendita soggettiva dei diritti di trasmissione delle partite. Si lasciò che il mercato stesso facesse i prezzi in base all’entità dei vari bacini di utenza. In pratica le squadre che hanno un bacino ampio (cioè potenziali abbonati televisivi) hanno possibilità di guadagno di gran lunga superiori rispetto a quelle società seguite da un pubblico più legato al proprio territorio. A questo punto occorreva un acquirente che si facesse carico di acquistare dalle società di calcio i diritti televisivi pagandoli con somme molto ingenti, ingenti a tal punto da far risultare l’operazione molto redditizia per le società di calcio e non profittevole (anzi in perdita) per l’acquirente.

Tale acquirente fu creato ad hoc con Stream, il secondo polo satellitare. Stream nacque grazie alla privatizzazione del gruppo Telecom-Italia. Quella privatizzazione che la stampa estera definì una “rapina” (in particolare il Financial Times la definì testualmente “una rapina con destrezza”). E mentre all’estero la stampa si indignava per quello che era, come vedremo nelle prossime pagine, un autentico furto ai cittadini italiani, qui in Italia la vicenda finiva insabbiata grazie ad un divulgazione di notizie molto sommaria, superficiale, spesso confusionaria, da parte mass-media.

Stream pagò puntualmente a peso d’oro i diritti televisivi di alcune società di calcio consorziate a loro volta in una società creata "ad hoc", la SDS (Società Diritti Sportivi). La SDS era presieduta da Franco Sensi, il proprietario dell'A.S. Roma, ed aveva come membri Cragnotti (Lazio), Tanzi (Parma) e Cecchi Gori (Fiorentina). L’obiettivo del consorzio era contrastare nel mercato dei diritti televisivi il terzetto composto da Milan, Inter e Juventus. Dal 2001-02 in poi tutti questi quattro imprenditori furono inquisiti per falso in bilancio. Per Sensi e Cragnotti cadde a fagiolo la riforma del reato in oggetto e il conseguente “decreto spalmadebiti” del 2003 (i pm furono costretti all'archiviazione per prescrizione). Cecchi-Gori e Tanzi finirono invece agli arresti per bancarotta fraudolenta. Tanzi in particolare fu protagonista del più clamoroso fallimento della storia dell’imprenditoria italiana, il crack Parmalat. [...] - 31/08/2007 -
SEGUE... (prossimamente la continuazione)
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Assemblea Azionisti: Intervento dell'Avv. Antonio Molentino

                                                                           Assemblea Azionisti Juve: Intervento de Il Mago di Ios
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Signor Presidente, Signori Consiglieri, è da più di un anno ormai che mi sembra di vivere una puntata senza fine di “Scherzi a parte”.

Non mi ero particolarmente preoccupato all’epoca della pubblicazione delle prime intercettazioni sui giornali di famiglia (Gazzetta, La Stampa e Corriere) perché ero sicuro che la Triade avrebbe difeso la Juve e noi tifosi con la grinta e la passione di sempre. Ma era tutto uno scherzo e nel giro di pochi giorni Moggi, Giraudo e Bettega sono stati cacciati dalla Juventus.

Mi era stata comunque promessa la nomina di un nuovo consiglio, composto da persone preparate in ambito calcistico. Ma anche questo era uno scherzo e mi è stato rifilato un ex dirigente di grandi magazzini, un esperto di tennis e corse automobilistiche (che all’epoca parlava anche un italiano molto incerto), un allenatore di pallavolo.

Mi aspettavo, come da indicazioni dell’Ing. John Elkann, un grande juventino del passato come Presidente o quanto meno come amministratore. Ma anche questo era uno scherzo e mi è stato rifilato Marco Tardelli.

Mi aspettavo comunque che la società si difendesse “con la massima determinazione senza guardare in faccia nessuno”, come da dichiarazione bellicosa del Dott. Gabetti. Ma anche questo era uno scherzo ed il medesimo giorno, circa sette ore dopo, mi è stata rifilata la “pena congrua” dell’Avvocato Zaccone. Mi aspettavo che la società difendesse le proprie ragioni di fronte al TAR, come mi era sembrato di capire leggendo il “molto motivato” ricorso presentato il 21 agosto “per la doverosa tutela dei propri azionisti, dei terzi portatori di interessi e dei propri tifosi”. Ma anche questo era uno scherzo e dieci giorni dopo mi è stato rifilato il ritiro del ricorso al TAR perché “non sarebbe mai stato accolto” e “non volevamo creare altri problemi al calcio italiano”.

Tralascio per brevità una serie infinita di altri scherzi (il ricorso al TAS mai presentato, la svendita dei calciatori a processi in corso, il rafforzamento di una delle rivali di sempre, la cessione inspiegabile di Mutu, l’acquisto di Boumsong) e vengo ai giorni nostri. Anzi, vale la pena dedicare qualche riflessione sullo scherzo Mutu. Perché è stato deciso di cedere un fuoriclasse del genere? Chi ha deciso di cedere Mutu? Perché è stato ceduto ad un prezzo francamente ridicolo?

Mi aspettavo che più della metà dell’aumento di capitale venisse investita nel calciomercato come da indicazioni dell’amministratore delegato. Ma anche questo era uno scherzo e mi sono ritrovato con una società che ha almeno 40 milioni di euro sui conti correnti e ha investito 53 milioni in nuovi acquisti realizzando tuttavia cessioni per circa 25 milioni.

Mi era stato promesso l’acquisto di tre campioni scelti tra i migliori giocatori d’Europa. Ma anche questo era uno scherzo e mi sono stati rifilati un oggetto misterioso (Tiago), un giocatore già rotto (Andrade) e un argentino dalla scarsa personalità (Almiron), per un investimento complessivo di 32 milioni di euro. Mi era stato detto che pochi in Europa avrebbero fatto un mercato come il nostro. Ma anche questo era uno scherzo e l’investimento netto della Juventus (circa 28 milioni di euro) è inferiore, tanto per fare un esempio, alla cifra spesa dal Real Madrid per l’acquisto di un solo giocatore (il difensore Pepe).

Mi era stato promesso un importante rafforzamento della squadra. Ma anche questo era uno scherzo e mi ritrovo con una formazione titolare che è composta per 9 o 10 undicesimi da giocatori ereditati dalla precedente gestione.

Eppure questo era proprio l’anno in cui andava fatto uno sforzo in più, in modo da poter sfruttare adeguatamente lo spirito di rivalsa e la rabbia della vecchia guardia. Con qualche intervento in più sul mercato e con qualche scelta illogica in meno si poteva costruire una squadra decisamente più forte ed in grado davvero di competere per lo scudetto.

Perché questo è l’anno in cui la Juve deve (o meglio, avrebbe dovuto) vincere lo scudetto. Per far capire a tutti (anche all’Ing Elkann e ai suoi consiglieri) che noi, a differenza di altri, vinciamo senza rubare, vinciamo senza INTERcettare, vinciamo senza ricettare e falsificare documenti, vinciamo senza contabilità creativa su marchi e giocatori. Il ritorno (d’immagine e non solo) sarebbe stato notevole a avrebbe certamente ripagato il maggior investimento iniziale.

Si pensi all’immagine della Juve neopromossa che vince al primo colpo; si pensi all’immagine della Juve, cacciata in Serie B con il marchio dell'infamia, che vince senza Moggi e Giraudo, dimostrando con i fatti che le sentenze di Calciopoli non sono state altro che una ignobile farsa.
Si pensi ai maggiori introiti da sponsorizzazioni, diritti televisivi, cachet per le amichevoli.
Si pensi al ritrovato appeal della società in sede di calciomercato.

Questo è un ragionamento tuttavia che avrebbe potuto fare solo un management preparato con alle spalle un azionista di riferimento con la passione di Gianni e Umberto Agnelli. Attualmente mancano entrambi i requisiti. Manca un management preparato e, soprattutto, che ne capisca di calcio. Non si intravede neppure un briciolo di passione bianconera nell’Ing. John Elkann.

Comunque, non c’è da stupirsi della politica di basso cabotaggio e senza respiro strategico che avete adottato. Tra l’altro, avete scritto Voi stessi in bilancio “che in Juventus non ci sono dirigenti con responsabilità strategiche”.

Non c’è da stupirsi che abbiate utilizzato l'aumento di capitale per cancellare l’indebitamento, lasciando inutilizzati sui conti correnti ben 40 milioni di euro (cosa pensate di farne? pronti contro termine? conto arancio?).

Non c’è da stupirsi che abbiate finanziato la campagna acquisti di quest'anno con il cash flow derivante dalle liquidazioni dell’estate 2006.
Non c’è da stupirsi che abbiate ceduto diversi giocatori con un valore di carico residuo prossimo allo zero, realizzando quindi nel 2006/2007 e nel 2007/2008 plusvalenze per circa 55,8 milioni.

Non c’è da stupirsi che il presidente e l'amministratore delegato abbiano diritto, in caso di risoluzione anticipata del rapporto, ad un’indennità forfetaria di importo pari, rispettivamente, all’ultimo emolumento annuo e a 3 milioni di euro.

Non c’è da stupirsi che FIAT SPA abbia il diritto di recedere dal contratto di sponsorizzazione nel caso in cui si verificasse un cambio di controllo della società. Non c’è da stupirsi. C’è solo da porsi una domanda molto semplice. Tra quanto tempo sarà formalizzata la cessione della Juventus? Mi auguro, ovviamente, il prima possibile.

Vengo ora all’analisi del bilancio.
Apprezzo che nella sezione “Profilo Storico e Palmares” si dica esplicitamente che “la recente storia sportiva della Juventus è legata all’attività svolta durante la presidenza di Vittorio Caissotti di Chiusano … e Franzo Grande Stevens … e sotto la gestione di Antonio Giraudo, Luciano Moggi e Roberto Bettega” e che si ricordi come la squadra abbia conquistato in quel periodo 7 scudetti. Mi sembra un grosso passo avanti rispetto al precedente bilancio, dove la vecchia dirigenza veniva vergognosamente rimossa dalla storia della Juventus (ed il numero degli scudetti, altrettanto vergognosamente e anche un po’ inspiegabilmente, si riduceva a 6).

Mi chiedo tuttavia come mai il Palmares nel nostro sito internet riporti solo 27 scudetti. Non era stato Lei Signor Presidente a correggere il giornalista Antonio Barillà, che nell’intervistarla lo scorso luglio si era lasciato scappare l’infelice espressione “27 scudetti”? Sono andato a rileggermi l’intervista e la Sua replica non lascia davvero spazio a diverse interpretazioni. “Ventinove, prego. Sul campo ne abbiamo vinti ventinove”. Se “sul campo ne abbiamo vinti ventinove”, come mai sul sito ce ne sono solo ventisette?

Probabilmente ce ne sono solo 27 per non contraddire l’Ingegner John Elkann, che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, sempre nel mese di luglio, ha attaccato pesantemente la vecchia gestione dichiarando che “le penalità che la Juve ha subito non le ha avute per niente, c’erano stati comportamenti giudicati inaccettabili e come tali sono stati puniti dalle autorità sportive. La differenza con il Milan si spiega semplicemente con il fatto che per i rossoneri la responsabilità di quei comportamenti è ricaduta su consulenti esterni”.
Neanche Paolo Ziliani, Candido Cannavò o Massimo Moratti avrebbe saputo dire di meglio.

E allora è meglio che ci mettiamo il cuore in pace. Per il nostro azionista di riferimento, la Juve “umbertiana” era amministrata da dei loschi figuri che si sono macchiati di “comportamenti riprovevoli” e che rappresentano “un capitolo triste nella storia della Juventus” (per citare due altre “felici” espressioni dell’Ing Elkann). Per John Elkann gli scudetti certamente non sono 29. Forse sono 27. Molto più probabilmente sono 22. O forse, più semplicemente, all’Ing. Elkann non interessa minimamente il numero di scudetti conquistati dalla Juventus.

Nella medesima intervista al Corriere, l’Ingegner Elkann si è occupato anche di plusvalenze. Eravamo – è bene ricordarlo - nel bel mezzo della plusvalenzopoli di Inter e Milan. Mentre le due squadre ambrosiane erano nell’occhio del ciclone per la vicenda delle plusvalenze gonfiate sugli scambi incrociati di giocatori, John Elkann ha assestato un altro duro colpo alla Triade e alla Juventus. “Le spese di Moggi e Giraudo erano insostenibili, avevano supplito con le plusvalenze ma non si poteva continuare così”. Bisognerebbe forse spiegare all’Ing. Elkann la differenza tra una “plusvalenza alla Zidane” ed una plusvalenza alla “Simone Brunelli” secondo il rito ambrosiano.

Mi sembra quindi assolutamente appropriato che la storia della Juventus riportata sul sito internet termini con queste parole: “il 27 maggio muore Umberto Agnelli. L'arrivo di Fabio Capello sulla panchina bianconera costituisce il capitolo finale dello straordinario binomio Umberto Agnelli - Juventus iniziato quando, a soli 22 anni, diventò il più giovane Presidente della storia della squadra bianconera”. Più precisamente, il 27 maggio 2004, con la morte del Dott. Umberto Agnelli, termina la storia di un grande amore. Quello tra la Juventus e la famiglia Agnelli.

Il bilancio contiene alcune interessanti, ma talvolta incomplete, indicazioni sui contratti di sponsorizzazione e sulla strategia commerciale della società. In settembre 2006 avete rinegoziato i contratti con Sky Italia, con una riduzione dei corrispettivi complessivi per l’esercizio 2006/2007 da 94,5 a 80,2 milioni di euro, per tenere conto della situazione venutasi a creare con la retrocessione della Società in Serie B. Il bilancio non indica tuttavia se la rinegoziazione abbia interessato anche gli esercizi successivi. Con il ritorno in Serie A della Juventus, qual è l’importo dei corrispettivi dovuti da Sky dall’esercizio 2007/2008 in avanti?

Anche il contratto con Nike è stato rinegoziato, con una riduzione dei corrispettivi di circa 4,5 milioni per il 2006/2007 e di ulteriori 4,5 milioni circa ripartiti nei successivi otto anni di contratto. Se ho ben compreso, quindi, a partire dall’esercizio 2007/2008 la riduzione del corrispettivo annuale dovrebbe essere di poco più di 560.000€ (con un incremento quindi di circa 4.000.000 rispetto alla somma concordata per il 2006/2007). E’ così?

L’8 maggio 2007 avete firmato l’accordo definitivo di sponsorizzazione con il Gruppo FIAT, che prevede un corrispettivo complessivo fisso pari a 33 milioni ed un corrispettivo variabile determinato in funzione del raggiungimento di predeterminati risultati sportivi nelle competizioni nazionali e internazionali. Quali sono questi traguardi predeterminati ed i relativi bonus? L’eventuale raggiungimento della Zona Champions – che dopo un interessante dibattito sui concetti di sogno e di utopia – sembra sia l’obiettivo di quest’anno, farebbe scattare un corrispettivo variabile? Di che importo?

Il 14 marzo 2007, dopo una lunga e travagliata gestazione, è venuto alla luce il famoso piano di sviluppo a medio termine. Questo piano di sviluppo contempla, tra le altre cose, una nuova strategia commerciale che prevede l’identificazione di un gruppo ristretto e selezionato di partner nazionali e internazionali. Questo circolo esclusivo e selezionato comprende tuttavia anche un partner dalla reputazione assolutamente discutibile: quel foglio rosa che si trova (per fortuna, sempre meno) sui banconi dei gelati dei bar.

Sul numero di luglio di Hurrà Juventus viene pubblicata un’intervista al Direttore della Gazzetta, l’intertriste Carlo Verdelli. Questo è il primo tassello della santa alleanza commerciale tra la Gazzetta e la Juventus. In quell’intervista Verdelli ha avuto la licenza di offendere i tifosi della Juventus definendoli “squadristi sobillatori”. Nessun dirigente della Juventus si è preso la briga di replicare al Dottor Verdelli, maestro di squadrismo dell’informazione. Non critico la scelta di intervistare il direttore della Gazzetta (anche se le domande del giornalista Simone Stenti sono state piuttosto all’acqua di rose). Ma ritengo inaccettabile, Signor Presidente, che Lei non abbia sentito il dovere di replicare alle indegne accuse di Verdelli. Fermo restando, comunque, che sono orgoglioso di essere stato definito “squadrista sobillatore” da Verdelli.

Quello che poteva sembrare un semplice incidente di percorso ha iniziato ad assumere una veste completamente diversa durante la prima partita di campionato, quando i tabelloni pubblicitari hanno ripetutamente mostrato il logo della Gazzetta dello Sport. Pochi giorni dopo, navigando sul sito internet della società, ho in effetti trovato conferma ai miei sospetti. La sezione sponsor era stata aggiornata. La Gazzetta dello Sport faceva bella mostra di se tra i “commercial partner” della Juventus. Non mi sembra che quest’accordo sia mai stato portato a conoscenza degli azionisti con un comunicato ufficiale della società. E non se ne fa neppure cenno nel bilancio, tra i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio.

Ma la storia dei rapporti commerciali tra la Juventus ed il foglio rosa non è finita qui.
Con un comunicato stampa del 5 ottobre, infatti, avete annunciato “l’accordo di partnership con il Gruppo Editoriale RCS in virtù del quale il quotidiano la Gazzetta dello Sport sarà media partner della società bianconera per tutta la stagione in corso. La testata giornalistica sportiva più gloriosa d’Italia incontra la società calcistica più blasonata, per dar vita ad una partnership che accompagnerà la squadra negli eventi più importanti della stagione”.
Sembrerebbe quindi che il foglio rosa sia commercial e media partner della Juventus. Ma anche di questo accordo non vi è alcun cenno nelle note al bilancio.

Un accordo commerciale tra una società di calcio ed un giornale che di calcio si occupa a tempo pieno e che quindi dovrebbe svolgere un ruolo di controllo è già di per se un obbrobrio a livello di principi. Comunque, mi sembra davvero incredibile che la Juventus abbia deciso di concludere accordi commerciali proprio con il giornale che più di tutti si è distinto nella campagna di killeraggio mediatico contro la Juventus e che ancora oggi non perde occasione per sparare a zero contro di noi. Un caso davvero singolare di partnership…

Comunque sia, quali sono i termini dei rapporti commerciali tra la Juventus e la Gazzetta dello Sport? Quali iniziative comuni pensate di porre in essere? Pensate davvero che i tifosi della Juventus abbiano intenzione di aderire ad iniziative commerciali della Juventus realizzate in partnership con la Gazzetta? Pensate davvero che ai tifosi faccia piacere trovare sul proprio seggiolino allo stadio una copia omaggio del foglio rosa? A me sinceramente da veramente fastidio essere costretto tutte le volte a prendere in mano quel giornale per buttarlo via. Quali sono i corrispettivi dovuti alla Juventus in base a questi accordi? Qual è, in estrema sintesi, il prezzo a cui è stata svenduta, per l’ennesima volta, la nostra dignità?

La remunerazione dei componenti del consiglio di amministrazione è un altro aspetto su cui non mi sembra che il bilancio fornisca un’informativa adeguata. La tabella pubblicata a pagina 87 riporta l’importo dei bonus spettanti al presidente (225.000€) e all’amministratore delegato nonché direttore generale (375.000 euro più un milione che sarà erogato al termine del piano di sviluppo a medio termine). Mancano tuttavia alcune informazioni supplementari:
1. quali sono gli obiettivi cui sono legati i bonus?
2. il Presidente ha già conseguito il diritto al proprio bonus di 225.000 €?
3. il direttore generale ha già conseguito il diritto al proprio bonus di 350.000€?
4. il bonus di un milione di € riconosciuto all’amministratore delegato è già maturato e ne è solamente differita la corresponsione? oppure si tratta di un importo legato al raggiungimento di particolari obiettivi? si tratta inoltre di un importo “una tantum oppure in ciascun esercizio di permanenza in carica l’amministratore delegato potrebbe maturare il diritto a compensi variabile di natura ed importo analoghi?

Nella tabella a pagina 105 è riportata la riconciliazione del risultato netto dell’esercizio chiuso al 30 giugno 2006 determinato in base ai Principi Contabili italiani con il relativo risultato netto determinato in accordo agli IFRS adottati dall’Unione Europea. Le due voci più significative della tabella riguardano il contratto Oilinvest (che comporta una rettifica positiva di 12.600.000) ed il contratto Reti Televisive Italiane che comporta invece una rettifica negativa di 30.000.000. La natura di queste due rettifiche sembrerebbe essere identica, perché in entrambi i casi si tratta di un differimento al futuro, in base ai principi IFRS, di ricavi contabilizzati in passato e derivanti dalla cessione di diritti d’opzione. Mi chiedo tuttavia come mai in un caso (Reti Televisive Italiane) la rettifica sia di segno negativo e nell’altro caso (Oilinvest) la rettifica sia di segno positivo.

Leggendo la tabella a pagina 103, mi sembra che il famoso fondo rischi di 12.600.000 contabilizzato nel bilancio al 30 giugno 2006 sia stato stornato in sede di prima applicazione degli IFRS. Vi chiedo comunque di spiegare più in dettaglio le motivazioni di queste rettifiche, gli effetti contabili complessivi sull’esercizio in corso e gli eventuali effetti contabili sugli esercizi futuri.

Termino il mio intervento, Signor Presidente, ricollegandomi a quanto da Lei dichiarato il giorno del rinnovo del contratto ad Alessandro Del Piero: “Ora dovremo ulteriormente dimostrare che siamo capaci di fare bene, rispettando gli obiettivi che ci siamo posti, centrando perlomeno il quarto posto in campionato. A quel punto credo che un po' di fiducia ce la saremo meritata”. La fiducia non si conquista tanto con il raggiungimento di uno stiracchiato quarto posto in campionato, quanto piuttosto difendendo giorno per giorno la Juventus ed i suoi tifosi dagli attacchi che continuano ad arrivare da più parti. Non l’avete fatto l’anno scorso all’epoca di Farsopoli. Continuate a non farlo quest’anno. Anzi, stipulate accordi commerciali con chi, più di ogni altro, ha contribuito ad infangare il nome della Juventus.

Ci sono invece diversi gruppi ed associazioni di tifosi ed azionisti che continuano a lottare in difesa di un sogno chiamato JUVENTUS.
Immagino, Signor Presidente, che Lei sia a conoscenza delle iniziative legali portate avanti dall’associazione GiùlemanidallaJuve, presieduta da Giuseppe Belviso. Le ricordo in particolare che il 22 maggio scorso, l'Avvocato Luc MISSON ha presentato, in nome e per conto dell'Associazione, ricorso innanzi alla Corte Europea sul Diritto alla Concorrenza al fine di ottenere l’annullamento delle decisioni assunte dalla FIGC a carico della Juventus.

Mi chiedo – e Le chiedo, Signor Presidente – se la Juventus SpA appoggi queste iniziative legali e se sia disposta a sostenere economicamente l’Associazione GiùlemanidallaJuve partecipando al Versamento Day che si svolgerà dal 29 ottobre al 5 novembre prossimi. Sul sito dell’Associazione ci sono tutte le informazioni necessarie.

Un altro gruppo di sostenitori bianconeri – denominato Ju29ro Team – ha lanciato la campagna “Questa FIGC non la finanzio”, invitando tutti i tifosi a manifestare il proprio civile dissenso contro una giustizia sportiva a due velocità rinunciando ad acquistare i prodotti delle aziende partner della FIGC.
Ecco, appoggiare e sostenere tutte queste iniziative potrebbe essere il modo più immediato per cercare di recuperare un minimo di fiducia da parte di tifosi ed azionisti.

Ho l’impressione, tuttavia, anche se spero davvero di sbagliarmi, che l’attivismo di certi tifosi sia visto come il fumo negli occhi dalle parti di Corso Galileo Ferraris e, soprattutto, dalle parti di Corso Matteotti. Spero di non rimanere deluso, per l’ennesima volta, dalle Vostre risposte. Una cosa, tuttavia, me la deve concedere, Signor Presidente. Quando viene intervistato, non dica più che Moratti è “una gran brava persona”. - Assemblea Azionisti Juve: Intervento de Il Mago di Ios
Signor Presidente, Signori Consiglieri,

è da più di un anno ormai che mi sembra di vivere una puntata senza fine di “Scherzi a parte”.
Non mi ero particolarmente preoccupato all’epoca della pubblicazione delle prime intercettazioni sui giornali di famiglia (Gazzetta, La Stampa e Corriere) perché ero sicuro che la Triade avrebbe difeso la Juve e noi tifosi con la grinta e la passione di sempre. Ma era tutto uno scherzo e nel giro di pochi giorni Moggi, Giraudo e Bettega sono stati cacciati dalla Juventus.
Mi era stata comunque promessa la nomina di un nuovo consiglio, composto da persone preparate in ambito calcistico. Ma anche questo era uno scherzo e mi è stato rifilato un ex dirigente di grandi magazzini, un esperto di tennis e corse automobilistiche (che all’epoca parlava anche un italiano molto incerto), un allenatore di pallavolo.
Mi aspettavo, come da indicazioni dell’Ing. John Elkann, un grande juventino del passato come Presidente o quanto meno come amministratore. Ma anche questo era uno scherzo e mi è stato rifilato Marco Tardelli.
Mi aspettavo comunque che la società si difendesse “con la massima determinazione senza guardare in faccia nessuno”, come da dichiarazione bellicosa del Dott. Gabetti. Ma anche questo era uno scherzo ed il medesimo giorno, circa sette ore dopo, mi è stata rifilata la “pena congrua” dell’Avvocato Zaccone.
Mi aspettavo che la società difendesse le proprie ragioni di fronte al TAR, come mi era sembrato di capire leggendo il “molto motivato” ricorso presentato il 21 agosto “per la doverosa tutela dei propri azionisti, dei terzi portatori di interessi e dei propri tifosi”. Ma anche questo era uno scherzo e dieci giorni dopo mi è stato rifilato il ritiro del ricorso al TAR perché “non sarebbe mai stato accolto” e “non volevamo creare altri problemi al calcio italiano”.

Tralascio per brevità una serie infinita di altri scherzi (il ricorso al TAS mai presentato, la svendita dei calciatori a processi in corso, il rafforzamento di una delle rivali di sempre, la cessione inspiegabile di Mutu, l’acquisto di Boumsong) e vengo ai giorni nostri. Anzi, vale la pena dedicare qualche riflessione sullo scherzo Mutu. Perché è stato deciso di cedere un fuoriclasse del genere? Chi ha deciso di cedere Mutu? Perché è stato ceduto ad un prezzo francamente ridicolo?
Mi aspettavo che più della metà dell’aumento di capitale venisse investita nel calciomercato come da indicazioni dell’amministratore delegato. Ma anche questo era uno scherzo e mi sono ritrovato con una società che ha almeno 40 milioni di euro sui conti correnti e ha investito 53 milioni in nuovi acquisti realizzando tuttavia cessioni per circa 25 milioni.
Mi era stato promesso l’acquisto di tre campioni scelti tra i migliori giocatori d’Europa. Ma anche questo era uno scherzo e mi sono stati rifilati un oggetto misterioso (Tiago), un giocatore già rotto (Andrade) e un argentino dalla scarsa personalità (Almiron), per un investimento complessivo di 32 milioni di euro. Mi era stato detto che pochi in Europa avrebbero fatto un mercato come il nostro. Ma anche questo era uno scherzo e l’investimento netto della Juventus (circa 28 milioni di euro) è inferiore, tanto per fare un esempio, alla cifra spesa dal Real Madrid per l’acquisto di un solo giocatore (il difensore Pepe).
Mi era stato promesso un importante rafforzamento della squadra. Ma anche questo era uno scherzo e mi ritrovo con una formazione titolare che è composta per 9 o 10 undicesimi da giocatori ereditati dalla precedente gestione.

Eppure questo era proprio l’anno in cui andava fatto uno sforzo in più, in modo da poter sfruttare adeguatamente lo spirito di rivalsa e la rabbia della vecchia guardia. Con qualche intervento in più sul mercato e con qualche scelta illogica in meno si poteva costruire una squadra decisamente più forte ed in grado davvero di competere per lo scudetto.
Perché questo è l’anno in cui la Juve deve (o meglio, avrebbe dovuto) vincere lo scudetto. Per far capire a tutti (anche all’Ing Elkann e ai suoi consiglieri) che noi, a differenza di altri, vinciamo senza rubare, vinciamo senza INTERcettare, vinciamo senza ricettare e falsificare documenti, vinciamo senza contabilità creativa su marchi e giocatori.
Il ritorno (d’immagine e non solo) sarebbe stato notevole a avrebbe certamente ripagato il maggior investimento iniziale.

Si pensi all’immagine della Juve neopromossa che vince al primo colpo; si pensi all’immagine della Juve, cacciata in Serie B con il marchio dell'infamia, che vince senza Moggi e Giraudo, dimostrando con i fatti che le sentenze di Calciopoli non sono state altro che una ignobile farsa.
Si pensi ai maggiori introiti da sponsorizzazioni, diritti televisivi, cachet per le amichevoli.
Si pensi al ritrovato appeal della società in sede di calciomercato.

Questo è un ragionamento tuttavia che avrebbe potuto fare solo un management preparato con alle spalle un azionista di riferimento con la passione di Gianni e Umberto Agnelli. Attualmente mancano entrambi i requisiti. Manca un management preparato e, soprattutto, che ne capisca di calcio. Non si intravede neppure un briciolo di passione bianconera nell’Ing. John Elkann.

Comunque, non c’è da stupirsi della politica di basso cabotaggio e senza respiro strategico che avete adottato. Tra l’altro, avete scritto Voi stessi in bilancio “che in Juventus non ci sono dirigenti con responsabilità strategiche”.
Non c’è da stupirsi che abbiate utilizzato l'aumento di capitale per cancellare l’indebitamento, lasciando inutilizzati sui conti correnti ben 40 milioni di euro (cosa pensate di farne? pronti contro termine? conto arancio?).
Non c’è da stupirsi che abbiate finanziato la campagna acquisti di quest'anno con il cash flow derivante dalle liquidazioni dell’estate 2006.
Non c’è da stupirsi che abbiate ceduto diversi giocatori con un valore di carico residuo prossimo allo zero, realizzando quindi nel 2006/2007 e nel 2007/2008 plusvalenze per circa 55,8 milioni.
Non c’è da stupirsi che il presidente e l'amministratore delegato abbiano diritto, in caso di risoluzione anticipata del rapporto, ad un’indennità forfetaria di importo pari, rispettivamente, all’ultimo emolumento annuo e a 3 milioni di euro. Non c’è da stupirsi che FIAT SPA abbia il diritto di recedere dal contratto di sponsorizzazione nel caso in cui si verificasse un cambio di controllo della società.

Non c’è da stupirsi. C’è solo da porsi una domanda molto semplice. Tra quanto tempo sarà formalizzata la cessione della Juventus? Mi auguro, ovviamente, il prima possibile.

Vengo ora all’analisi del bilancio.
Apprezzo che nella sezione “Profilo Storico e Palmares” si dica esplicitamente che “la recente storia sportiva della Juventus è legata all’attività svolta durante la presidenza di Vittorio Caissotti di Chiusano … e Franzo Grande Stevens … e sotto la gestione di Antonio Giraudo, Luciano Moggi e Roberto Bettega” e che si ricordi come la squadra abbia conquistato in quel periodo 7 scudetti. Mi sembra un grosso passo avanti rispetto al precedente bilancio, dove la vecchia dirigenza veniva vergognosamente rimossa dalla storia della Juventus (ed il numero degli scudetti, altrettanto vergognosamente e anche un po’ inspiegabilmente, si riduceva a 6).
Mi chiedo tuttavia come mai il Palmares nel nostro sito internet riporti solo 27 scudetti.
Non era stato Lei Signor Presidente a correggere il giornalista Antonio Barillà, che nell’intervistarla lo scorso luglio si era lasciato scappare l’infelice espressione “27 scudetti”? Sono andato a rileggermi l’intervista e la Sua replica non lascia davvero spazio a diverse interpretazioni. “Ventinove, prego. Sul campo ne abbiamo vinti ventinove”.
Se “sul campo ne abbiamo vinti ventinove”, come mai sul sito ce ne sono solo ventisette?
Probabilmente ce ne sono solo 27 per non contraddire l’Ingegner John Elkann, che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, sempre nel mese di luglio, ha attaccato pesantemente la vecchia gestione dichiarando che “le penalità che la Juve ha subito non le ha avute per niente, c’erano stati comportamenti giudicati inaccettabili e come tali sono stati puniti dalle autorità sportive. La differenza con il Milan si spiega semplicemente con il fatto che per i rossoneri la responsabilità di quei comportamenti è ricaduta su consulenti esterni”.
Neanche Paolo Ziliani, Candido Cannavò o Massimo Moratti avrebbe saputo dire di meglio.

E allora è meglio che ci mettiamo il cuore in pace. Per il nostro azionista di riferimento, la Juve “umbertiana” era amministrata da dei loschi figuri che si sono macchiati di “comportamenti riprovevoli” e che rappresentano “un capitolo triste nella storia della Juventus” (per citare due altre “felici” espressioni dell’Ing Elkann). Per John Elkann gli scudetti certamente non sono 29. Forse sono 27. Molto più probabilmente sono 22. O forse, più semplicemente, all’Ing. Elkann non interessa minimamente il numero di scudetti conquistati dalla Juventus.
Nella medesima intervista al Corriere, l’Ingegner Elkann si è occupato anche di plusvalenze. Eravamo – è bene ricordarlo - nel bel mezzo della plusvalenzopoli di Inter e Milan. Mentre le due squadre ambrosiane erano nell’occhio del ciclone per la vicenda delle plusvalenze gonfiate sugli scambi incrociati di giocatori, John Elkann ha assestato un altro duro colpo alla Triade e alla Juventus. “Le spese di Moggi e Giraudo erano insostenibili, avevano supplito con le plusvalenze ma non si poteva continuare così”. Bisognerebbe forse spiegare all’Ing. Elkann la differenza tra una “plusvalenza alla Zidane” ed una plusvalenza alla “Simone Brunelli” secondo il rito ambrosiano.
Mi sembra quindi assolutamente appropriato che la storia della Juventus riportata sul sito internet termini con queste parole: “il 27 maggio muore Umberto Agnelli. L'arrivo di Fabio Capello sulla panchina bianconera costituisce il capitolo finale dello straordinario binomio Umberto Agnelli - Juventus iniziato quando, a soli 22 anni, diventò il più giovane Presidente della storia della squadra bianconera”. Più precisamente, il 27 maggio 2004, con la morte del Dott. Umberto Agnelli, termina la storia di un grande amore. Quello tra la Juventus e la famiglia Agnelli.

Il bilancio contiene alcune interessanti, ma talvolta incomplete, indicazioni sui contratti di sponsorizzazione e sulla strategia commerciale della società. In settembre 2006 avete rinegoziato i contratti con Sky Italia, con una riduzione dei corrispettivi complessivi per l’esercizio 2006/2007 da 94,5 a 80,2 milioni di euro, per tenere conto della situazione venutasi a creare con la retrocessione della Società in Serie B. Il bilancio non indica tuttavia se la rinegoziazione abbia interessato anche gli esercizi successivi. Con il ritorno in Serie A della Juventus, qual è l’importo dei corrispettivi dovuti da Sky dall’esercizio 2007/2008 in avanti?
Anche il contratto con Nike è stato rinegoziato, con una riduzione dei corrispettivi di circa 4,5 milioni per il 2006/2007 e di ulteriori 4,5 milioni circa ripartiti nei successivi otto anni di contratto. Se ho ben compreso, quindi, a partire dall’esercizio 2007/2008 la riduzione del corrispettivo annuale dovrebbe essere di poco più di 560.000€ (con un incremento quindi di circa 4.000.000 rispetto alla somma concordata per il 2006/2007). E’ così?

L’8 maggio 2007 avete firmato l’accordo definitivo di sponsorizzazione con il Gruppo FIAT, che prevede un corrispettivo complessivo fisso pari a 33 milioni ed un corrispettivo variabile determinato in funzione del raggiungimento di predeterminati risultati sportivi nelle competizioni nazionali e internazionali. Quali sono questi traguardi predeterminati ed i relativi bonus? L’eventuale raggiungimento della Zona Champions – che dopo un interessante dibattito sui concetti di sogno e di utopia – sembra sia l’obiettivo di quest’anno, farebbe scattare un corrispettivo variabile? Di che importo?

Il 14 marzo 2007, dopo una lunga e travagliata gestazione, è venuto alla luce il famoso piano di sviluppo a medio termine. Questo piano di sviluppo contempla, tra le altre cose, una nuova strategia commerciale che prevede l’identificazione di un gruppo ristretto e selezionato di partner nazionali e internazionali.
Questo circolo esclusivo e selezionato comprende tuttavia anche un partner dalla reputazione assolutamente discutibile: quel foglio rosa che si trova (per fortuna, sempre meno) sui banconi dei gelati dei bar.
Sul numero di luglio di Hurrà Juventus viene pubblicata un’intervista al Direttore della Gazzetta, l’intertriste Carlo Verdelli. Questo è il primo tassello della santa alleanza commerciale tra la Gazzetta e la Juventus. In quell’intervista Verdelli ha avuto la licenza di offendere i tifosi della Juventus definendoli “squadristi sobillatori”. Nessun dirigente della Juventus si è preso la briga di replicare al Dottor Verdelli, maestro di squadrismo dell’informazione. Non critico la scelta di intervistare il direttore della Gazzetta (anche se le domande del giornalista Simone Stenti sono state piuttosto all’acqua di rose). Ma ritengo inaccettabile, Signor Presidente, che Lei non abbia sentito il dovere di replicare alle indegne accuse di Verdelli. Fermo restando, comunque, che sono orgoglioso di essere stato definito “squadrista sobillatore” da Verdelli.

Quello che poteva sembrare un semplice incidente di percorso ha iniziato ad assumere una veste completamente diversa durante la prima partita di campionato, quando i tabelloni pubblicitari hanno ripetutamente mostrato il logo della Gazzetta dello Sport.
Pochi giorni dopo, navigando sul sito internet della società, ho in effetti trovato conferma ai miei sospetti. La sezione sponsor era stata aggiornata. La Gazzetta dello Sport faceva bella mostra di se tra i “commercial partner” della Juventus. Non mi sembra che quest’accordo sia mai stato portato a conoscenza degli azionisti con un comunicato ufficiale della società. E non se ne fa neppure cenno nel bilancio, tra i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio.
Ma la storia dei rapporti commerciali tra la Juventus ed il foglio rosa non è finita qui.
Con un comunicato stampa del 5 ottobre, infatti, avete annunciato “l’accordo di partnership con il Gruppo Editoriale RCS in virtù del quale il quotidiano la Gazzetta dello Sport sarà media partner della società bianconera per tutta la stagione in corso. La testata giornalistica sportiva più gloriosa d’Italia incontra la società calcistica più blasonata, per dar vita ad una partnership che accompagnerà la squadra negli eventi più importanti della stagione”.
Sembrerebbe quindi che il foglio rosa sia commercial e media partner della Juventus. Ma anche di questo accordo non vi è alcun cenno nelle note al bilancio.
Un accordo commerciale tra una società di calcio ed un giornale che di calcio si occupa a tempo pieno e che quindi dovrebbe svolgere un ruolo di controllo è già di per se un obbrobrio a livello di principi.

Comunque, mi sembra davvero incredibile che la Juventus abbia deciso di concludere accordi commerciali proprio con il giornale che più di tutti si è distinto nella campagna di killeraggio mediatico contro la Juventus e che ancora oggi non perde occasione per sparare a zero contro di noi. Un caso davvero singolare di partnership…
Comunque sia, quali sono i termini dei rapporti commerciali tra la Juventus e la Gazzetta dello Sport? Quali iniziative comuni pensate di porre in essere? Pensate davvero che i tifosi della Juventus abbiano intenzione di aderire ad iniziative commerciali della Juventus realizzate in partnership con la Gazzetta? Pensate davvero che ai tifosi faccia piacere trovare sul proprio seggiolino allo stadio una copia omaggio del foglio rosa? A me sinceramente da veramente fastidio essere costretto tutte le volte a prendere in mano quel giornale per buttarlo via. Quali sono i corrispettivi dovuti alla Juventus in base a questi accordi? Qual è, in estrema sintesi, il prezzo a cui è stata svenduta, per l’ennesima volta, la nostra dignità?

La remunerazione dei componenti del consiglio di amministrazione è un altro aspetto su cui non mi sembra che il bilancio fornisca un’informativa adeguata. La tabella pubblicata a pagina 87 riporta l’importo dei bonus spettanti al presidente (225.000€) e all’amministratore delegato nonché direttore generale (375.000 euro più un milione che sarà erogato al termine del piano di sviluppo a medio termine). Mancano tuttavia alcune informazioni supplementari:
1. quali sono gli obiettivi cui sono legati i bonus?
2. il Presidente ha già conseguito il diritto al proprio bonus di 225.000 €?
3. il direttore generale ha già conseguito il diritto al proprio bonus di 350.000€?
4. il bonus di un milione di € riconosciuto all’amministratore delegato è già maturato e ne è solamente differita la corresponsione? oppure si tratta di un importo legato al raggiungimento di particolari obiettivi? si tratta inoltre di un importo “una tantum oppure in ciascun esercizio di permanenza in carica l’amministratore delegato potrebbe maturare il diritto a compensi variabile di natura ed importo analoghi?

Nella tabella a pagina 105 è riportata la riconciliazione del risultato netto dell’esercizio chiuso al 30 giugno 2006 determinato in base ai Principi Contabili italiani con il relativo risultato netto determinato in accordo agli IFRS adottati dall’Unione Europea. Le due voci più significative della tabella riguardano il contratto Oilinvest (che comporta una rettifica positiva di 12.600.000) ed il contratto Reti Televisive Italiane che comporta invece una rettifica negativa di 30.000.000. La natura di queste due rettifiche sembrerebbe essere identica, perché in entrambi i casi si tratta di un differimento al futuro, in base ai principi IFRS, di ricavi contabilizzati in passato e derivanti dalla cessione di diritti d’opzione. Mi chiedo tuttavia come mai in un caso (Reti Televisive Italiane) la rettifica sia di segno negativo e nell’altro caso (Oilinvest) la rettifica sia di segno positivo.

Leggendo la tabella a pagina 103, mi sembra che il famoso fondo rischi di 12.600.000 contabilizzato nel bilancio al 30 giugno 2006 sia stato stornato in sede di prima applicazione degli IFRS. Vi chiedo comunque di spiegare più in dettaglio le motivazioni di queste rettifiche, gli effetti contabili complessivi sull’esercizio in corso e gli eventuali effetti contabili sugli esercizi futuri.

Termino il mio intervento, Signor Presidente, ricollegandomi a quanto da Lei dichiarato il giorno del rinnovo del contratto ad Alessandro Del Piero: “Ora dovremo ulteriormente dimostrare che siamo capaci di fare bene, rispettando gli obiettivi che ci siamo posti, centrando perlomeno il quarto posto in campionato. A quel punto credo che un po' di fiducia ce la saremo meritata”. La fiducia non si conquista tanto con il raggiungimento di uno stiracchiato quarto posto in campionato, quanto piuttosto difendendo giorno per giorno la Juventus ed i suoi tifosi dagli attacchi che continuano ad arrivare da più parti. Non l’avete fatto l’anno scorso all’epoca di Farsopoli. Continuate a non farlo quest’anno. Anzi, stipulate accordi commerciali con chi, più di ogni altro, ha contribuito ad infangare il nome della Juventus.

Ci sono invece diversi gruppi ed associazioni di tifosi ed azionisti che continuano a lottare in difesa di un sogno chiamato JUVENTUS.
Immagino, Signor Presidente, che Lei sia a conoscenza delle iniziative legali portate avanti dall’associazione GiùlemanidallaJuve, presieduta da Giuseppe Belviso. Le ricordo in particolare che il 22 maggio scorso, l'Avvocato Luc MISSON ha presentato, in nome e per conto dell'Associazione, ricorso innanzi alla Corte Europea sul Diritto alla Concorrenza al fine di ottenere l’annullamento delle decisioni assunte dalla FIGC a carico della Juventus.

Mi chiedo – e Le chiedo, Signor Presidente – se la Juventus SpA appoggi queste iniziative legali e se sia disposta a sostenere economicamente l’Associazione GiùlemanidallaJuve partecipando al Versamento Day che si svolgerà dal 29 ottobre al 5 novembre prossimi. Sul sito dell’Associazione ci sono tutte le informazioni necessarie.

Un altro gruppo di sostenitori bianconeri – denominato Ju29ro Team – ha lanciato la campagna “Questa FIGC non la finanzio”, invitando tutti i tifosi a manifestare il proprio civile dissenso contro una giustizia sportiva a due velocità rinunciando ad acquistare i prodotti delle aziende partner della FIGC.
Ecco, appoggiare e sostenere tutte queste iniziative potrebbe essere il modo più immediato per cercare di recuperare un minimo di fiducia da parte di tifosi ed azionisti.
Ho l’impressione, tuttavia, anche se spero davvero di sbagliarmi, che l’attivismo di certi tifosi sia visto come il fumo negli occhi dalle parti di Corso Galileo Ferraris e, soprattutto, dalle parti di Corso Matteotti.

Spero di non rimanere deluso, per l’ennesima volta, dalle Vostre risposte. Una cosa, tuttavia, me la deve concedere, Signor Presidente. Quando viene intervistato, non dica più che Moratti è “una gran brava persona”. - 27 October 2007
Vittorio Salvadori di Wiesenhoff

Vittorio Salvadori di Wiesenhoff

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                                                                                Assemblea Azionisti: Intervento dell'Avv. Antonio Molentino
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Preg.mo Presidente,
Onorevole C.D.A,
all’indomani dell’assemblea degli azionisti tenutasi il 20-04-2007 la quasi totalità dei giornalisti presenti sostenne sulle pagine dei quotidiani che i piccoli azionisti erano stati azzittiti dal Presidentissimo Giampiero Boniperti. Tutti i commenti si incentrarono, sostanzialmente, sull’intervento dell’ex Presidente. Nessun accenno, al contrario, venne fatto sullo svolgimento dell’assemblea e sui vari argomenti affrontati. I piccoli azionisti furono dipinti come dei signor nessuno ai quali non era sufficiente possedere le azioni della JUVENTUS per poter esprimere il loro parere. Nella sostanza i piccoli azionisti furono ricoperti di insulti senza alcun accenno ai motivi fondanti i loro interventi.

In particolare il signor Massimiliano NEROZZI, sulla STAMPA del 21-04-2007, scrisse: “Quando il verbale dell’assemblea degli azionisti Juve, per toni e argomentazioni, sta ormai somigliando a una pagina da «Bar Sport» di Stefano Benni, in sala si alza un signore che, il 2 aprile scorso, ha compiuto sessant’anni di vita bianconera. Uno che, afferrato il microfono, non ha bisogno di aumentare il volume per farsi ascoltare: Giampiero Boniperti. Gli aveva spedito un invito per l’appuntamento, che alla fine approverà l’aumento di capitale da 104,8 milioni di euro deciso dal cda, il presidente bianconero Giovanni Cobolli Gigli, «ma che venisse, non ci speravo troppo». Non è un presenzialista, Boniperti, e parla raramente. Ha deciso di farlo ieri, sorprendendo tutti, per prendere le difese di una dirigenza verso la quale si stavano riversando le critiche più disparate.

Ovviamente legittime, trattandosi di assemblea, ma molte da «Bar Sport», appunto: non basta mettersi in tasca un pacchetto di azioni per essere, al tempo stesso, cassazionisti, esperti in diritto amministrativo, revisori dei conti, direttori sportivi, allenatori. Soprattutto, il bersaglio dei piccoli azionisti-tifosi-inquisitori resta piantato nell’estate scorsa. Coagulato, il capo d’accusa principale suona così: non avete difeso abbastanza la Juve e avete affidato il compito di farlo nelle aule all’avvocato Cesare Zaccone, il sommo colpevole. Nelle parole di Boniperti, diventa il primo degli assolti: «Zaccone ha indovinato tutto - scandisce - e se siamo arrivati lì, siamo stati fortunati, per quello che è successo». L’avesse detto chiunque, in quella sala, sarebbe scoppiato il pandemonio, invece non vola una parola.

Dura rispondere a uno che è stato giocatore, capitano, consigliere, amministratore delegato, presidente e, adesso, presidente onorario della tua squadra del cuore. Poco prima, ci aveva provato Cobolli Gigli, pure cercando di non perdere la pazienza: «Non posso alterarmi per doveri di carica». Però s’era innescato subito il battibecco con i piccoli azionisti: «Palazzi aveva chiesto per la Juve una categoria inferiore alla serie B - aveva detto il presidente bianconero - e Zaccone, rispondendo a una domanda, aveva parlato della penalizzazione. Ma rispondendo a una domanda. Senza di lui forse non saremmo neanche in assemblea, oggi, perché saremmo in serie C». Detto fra le interruzioni.

Così, alle 13,44, dopo tre ore e un quarto di assemblea, s’è alzato Boniperti: «Non so chi sia più juventino di me in questa sala - attacca - e ora devo dire due parole a questi signori», continua riferendosi al tavolo di Cobolli Gigli e dell’ad Jean-Claude Blanc. «Sono persone perbene, persone che il calcio, prima, forse lo avevano letto sul giornale. Si impegnano dalla mattina alla sera, lasciateli portare la Juventus in serie A e poi vediamo come si muovono. Faccio gli auguri, io che ho vinto 14 scudetti su 29, diciamo». Poi, rivolto alla platea: «Ve lo dico con tutto il cuore, giriamo pagina, non possiamo tornare indietro. Fate una bella Juve, amministrata bene e con classe. Ma - ancora alla sala - vi prego, voltiamo pagina e veniamo a parlare in assemblea diversamente». Solo applausi a uno che, pur esiliato sotto la dittatura di Moggi e Giraudo, ha tenuto sempre il cuore vicino al pallone. Prima, s’era ascoltato di tutto: «Bisognava rivolgersi anche a un tribunale extraterrestre»; e «nessun processo giacobino potrà mai cambiare la storia della Juve».

Voler ricordare al signore autore dell’articolo menzionato che è condizione essenziale per poter partecipare all’assemblea degli azionisti il possesso di un mucchio di azioni potrebbe sembrare atto fine a se stesso ma, purtroppo, conoscendo il grado di conoscenza dei giornalisti italiani in materia legislativa, risulta, oltre modo, necessario. Per poter partecipare all’assemblea , ai sensi e per gli effetti del Codice Civile Italiano, è sufficiente possedere delle azioni. Per poter esprimere il proprio parere ed il proprio voto è sufficiente possedere le azioni. Se, a giudizio dell’esimio giornalista, l’assemblea del 20-04-2007 assunse i connotati di una discussione da Bar dello Sport poco conta.

Per poter esprimere tale giudizio, inoltre, bene avrebbe fatto a scrivere il contenuto degli interventi dei piccoli azionisti in modo da dare la possibilità ai lettori di esprimere il proprio giudizio liberamente ed anche per suffragare con prove il suo assunto. Anche perché gli interventi dei piccoli azionisti, ed in particolare quello del sottoscritto, avevano come punto di riferimento argomenti sostenuti in modo chiarissimo dalla stessa società della Juventus in sede di ricorso al TAR. Per l’esimio, orbene, per la proprietà transattiva, anche il Ricorso al Tar della Juventus era qualificabile come argomento da Bar dello Sport.

Su un punto convengo, comunque, con il signor NEROZZI: non è sufficiente possedere un mucchio di azioni per essere esperti di diritto amministrativo o essere cassazionisti in quanto è necessario, al contrario, preliminarmente conseguire una Laurea ed un titolo professionale, mediante pubblico concorso, e successivamente, magari, ottenere titoli accademici di specializzazione oltre che frequentare aule di TAR.

Se il signor NEROZZI avesse occupato parte del suo preziosissimo tempo a verificare la carriera ed i titoli professionali di ciascuno di noi avrebbe potuto verificare che quanto da lui scritto era privo di fondamento oltre che gravemente lesivo della reputazione dei piccoli azionisti. Non avendo fatto questa semplice ricerca ha perso una buona occasione per tacere. Per soddisfare, comunque, le voglie e le manie di grandezza del giornalista suggerirei al Presidente ed al CDA di invitare alla prossima assemblea degli azionisti i seguenti signori :
• Il presidente degli Stati Uniti d’America
• Il presidente dell’ONU
• Il presidente della Repubblica Italiana
• Il presidente del Consiglio dei Ministri
• Il procuratore Generale presso La Corte di Cassazione
• Il presidente della Corte Costituzionale.

Probabilmente fareste cosa gradita al signor NEROZZI smanioso di scrivere articoli sulle personalità di spicco dell’intero quadro istituzionale e costretto a scrivere, invece, nonostante le sue proverbiali capacità, di volgarissime discussioni da Bar dello Sport. Chiudo la parentesi riguardante i commenti post assemblea del 20-04-2007 , ricordando al signor NEROZZI che non è sufficiente avere alle spalle 60 anni di dirigenza Juventina per poter esprimere giudizi di carattere giuridico quando non si è mai entrati in aula di tribunale e quando non si è mai aperto un codice. Così come non è sufficiente essere un’ICONA della Juventus per poter partecipare all’assemblea degli azionisti. Peccato che il signor NEROZZI non abbia sottolineato e riportato le parole d’affetto e di riconoscenza proferite nei confronti di Boniperti da parte di tutti noi, che avevamo il diritto di chiedergli di non partecipare all’assemblea ma che, al contrario, accogliemmo con entusiasmo e riconoscenza.

L’unica persona che ha raccontato, fedelmente e con grande onestà intellettuale, come si è svolta realmente l’assemblea del 20-04-2007 è stato il presidente Giovanni Cobolli Gigli, il quale intervistato dai giornalisti di SKY nel pre-partita di Juventus-Genoa, a seguito dell’ennesima domanda pretestuosa, disse: ”i piccoli azionisti non si sono dimostrati facinorosi o nostalgici ma ci hanno contestato , principalmente, le scelte riguardanti il tar ed i rapporti con i media”. Per questo gesto, figlio di grande correttezza ed onestà, esprimo il mio più vivo ringraziamento al dott. Giovanni Cobolli Gigli. Per quanto riguarda il progetto di bilancio vorrei soffermarmi, preliminarmente e principalmente, sul contenuto della lettera di accompagnamento del Presidente.

Leggo che il Presidente, con somma soddisfazione, sottolinea il lancio del nuovo canale televisivo ( Juventus Channel) al fine di garantire un contatto diretto tra tifosi e squadra. Il tutto, ovviamente, rientra nel progetto che prevede una maggiore partecipazione dei tifosi alla vita della squadra ed una maggiore sensibilità da parte della società verso gli interessi, i sentimenti e le passioni dei tifosi bianconeri. Il Presidente, inoltre, rileva, con orgoglio, che sono stati raggiunti importanti risultati negoziali con gli sponsor ed i partner commerciali.

Tralascio, volutamente, l’aspetto riguardante il calcio mercato ed il conseguente, ipotetico, rinforzamento della prima squadra perché reputo opportuno attendere la fine del campionato per trarre le dovute considerazioni, non prima , però, di rilevare che definire positivo quanto fatto in sede di campagna acquisti (escludendo le conferme dei vari big) è alquanto pernicioso. Emerge, orbene, dalla lettera del Presidente, che la Società ha voluto continuare nell’opera di riavvicinamento dei tifosi, mediante il nuovo canale televisivo, ed ha ottenuto successi in sede di negoziazione dei contratti con gli sponsor ed i partner commerciali.

A pagina 14 del progetto alla voce tifosi, politiche commerciali, partner e iniziative di comunicazione , inoltre, si insiste sull’aspetto del rapporto con i tifosi e si annuncia la nascita di un nuovo sito per venire incontro alle esigenze di un pubblico sempre più esigente (testuali parole). Il terzo che dovesse leggere quanto riportato, finora, giungerebbe alla conclusione che questa nuova società tiene in grande considerazione i sentimenti e le aspettative dei tifosi e si adopera al meglio grazie ad una nuova campagna di comunicazione.

Tali affermazioni restano, purtroppo, semplici dichiarazioni pubblicitarie e propagandistiche prive di un riscontro pratico. Nessun avvicinamento e nessuna considerazione dei tifosi e dei loro sentimenti, fino ad oggi, si sono avuti. E’ assolutamente inutile pubblicizzare iniziative se poi si pongono in essere comportamenti che allontanano la gente dalle decisioni societarie. Come si può coniugare quanto affermato dal Presidente e quanto riportato nel progetto di bilancio con la scelta di stipulare un contratto commerciale con la gazzetta dello sport?

Il Presidente ed il CDA conoscono il giudizio dei tifosi juventini sul “FOGLIO ROSA”?
Se vi è un atto che crea una voragine tra i tifosi juventini e la dirigenza è proprio l’accordo con la Gazzetta dello Sport.
Per comprendere ciò è sufficiente visitare tutti i forum ed i blog juventini della rete. Su tutte le home-page degli stessi campeggia l’iniziativa di boicottaggio nei confronti del giornale che si trova, sempre meno, sui banconi del Bar dello Sport .

Nell’ultimo mese sugli stessi siti juventini è stato lanciato un sondaggio: “quale è il peggior quotidiano sportivo?” Hanno votato, fino al 24/10/07, 1482 utenti, dei quali 1340 ( 90,41%) hanno votato senza esitazione alcuna: GAZZETTA DELLO SPORT. I siti presi a campione sono i più frequentati della rete: www.juworld.net, www.vecchiasignora..com, www.j1897/forum .com, www.giulemanidallajuve.com.

Non vi possono, dunque, essere dubbi circa il pensiero della maggioranza dei tifosi della Juventus : La gazzetta è il peggior quotidiano sportivo italiano.
Il vedere pubblicizzato sul sito ufficiale della società l’accordo ed il vedere definito il più glorioso quotidiano sportivo il giornale rosa, ha determinato in tutti noi una sensazione di profondo distacco dalle decisioni societarie.

Ma vi è di più: Hurrà Juventus ha pubblicato un intervista al direttore della Gazzetta , il quale ha definito i tifosi juventini “ terroristi” .
Sentirsi dare del terrorista da un giornalista, che non conosce la differenza tra un avviso di garanzia ed una sentenza definitiva potrebbe lasciare tutti noi indifferenti, ma l’essere offesi sul giornale juventino per eccellenza lascia sgomenti. Leggere, infine, che Carlo Verdelli ha salvato la Juve dalla serie C, grazie al suo giornale, lascia esterrefatti. Chi dobbiamo, dunque, ringraziare per non aver disputato il campionato di serie C? Cesare Zaccone o Carlo Verdelli!!!!?

CHI ha autorizzato, orbene, la pubblicazione di quella farneticante e ridicola intervista sul giornale che dovrebbe, grazie alla nuova strategia, riavvicinare i tifosi? Era proprio, dunque, necessario stipulare un accordo commerciale con la Gazzetta?
Si era consapevoli che i tifosi juventini non gradivano tale scelta?

Il problema non può essere esaminato sotto il profilo puramente commerciale in quanto molto più complesso. Coinvolge i sentimenti e gli interessi di chiunque abbia a cuore le vicende bianconere.

La Gazzetta dello Sport, giova ricordarlo, è il quotidiano che ha creato un clima da guerra civile in piena calciopoli ed è il giornale che ha pubblicato un giorno prima la sentenza di condanna. Sul fatto, inoltre, che calciopoli sia stata, fortemente, influenzata dai media credo che convengano tutti compreso l’intero CDA della JUVENTUS. Non si spiegherebbe , altrimenti, quanto riportato nel ricorso al TAR redatto nell’interesse della JUVENTUS stessa.

Dubbi non possono, nemmeno, nell’individuazione del quotidiano che per eccellenza ha condizionato i processi sportivi del 2006. Nel clima da gogna mediatica creatosi, infatti, la gazzetta dello sport ha avuto un ruolo determinante o, semplicemente, principe. A questo punto, qualche solerte giornalista potrebbe ricordarmi che la Gazzetta ha combattuto il vecchio regime e che le mie considerazioni sono figlie di una qualche forma di nostalgia.

Nulla di più sbagliato può essere sostenuto in quanto anche dopo la stipula del contratto commerciale con la JUVENTUS la gazzetta continua a gettare fango sulla nostra storia. Infangare il nostro passato significa infangare tutta la nostra storia e per giungere a questa logica considerazione non è necessario essere nostalgici.

L’ultimo editoriale del sig. Palombo ne è la prova lampante. Lanciandosi in disamine ardite, a cui è uso quasi settimanalmente, afferma che è stato giusto condannare la JUVE anche in virtù del possesso delle schede svizzere. Essendo tale assunto gravemente lesivo dei miei interessi di azionista e tifoso, in quanto il possesso puro e semplice delle schede è un mio diritto inviolabile e non una colpa, mi chiedo come si pone la società di fronte a tali farneticazioni. Mi chiedo e vi chiedo:
• Nel nuovo contratto commerciale sono previste alcune clausole espresse nelle quali è tassativo buttare fango sul passato della JUVE?
• Nel nuovo codice etico non era previsto come punto cardine la difesa della Nostra immagine e della nostra Storia ?
• Quando avete stipulato il contratto avete pensato solo ai soldi oppure nel vostro intimo avete provato una forma di fastidio?
• Sapevate di ledere gli interessi ed i sentimenti dei tifosi oppure dovevate accontentare la proprietà che ha forti interessi nell’RCS?
• Se esistevano, dunque, questi forti interessi perché nell’estate 2006 è stato consentito ai giornali dell’RCS di gettare letame sulla nostra storia? Vi era per caso un accordo tacito per eliminare la vecchia dirigenza infischiandosene dei nostri sentimenti?
• Quando vi siete seduti al tavolo delle trattative vi sentivate un po’ juventini oppure non interessava a nessuno di voi questo peculiare aspetto?
• La gazzetta dello sport era l’unico partner in grado di darvi soldi ?
• In caso di mancato accordo la JUVENTUS sarebbe fallita?
• Se la gazzetta è stato il giornale che ha offerto di più, non vi ha, minimamente, sfiorato l’idea che tale accordo potesse rappresentare la rinuncia a qualsivoglia forma di DIGNITA’?
• Quando a pagina 23 del progetto di bilancio (alla voce nuova strategia commerciale) scrivete che ”la nuova strategia commerciale si fonda sulla logica del numero chiuso , che prevede l’identificazione di un gruppo ristretto e selezionato di partners che possano contribuire alla valorizzazione del Brand”, dovremmo dedurre che tale selezione ha riguardato anche la gazzetta ed avete valutato tutti gli aspetti positivi del rapporto con Verdelli e Palombo? Quale grande contributo, quindi, ai fini della valorizzazione del BRAND, possono dare soggetti come Verdelli-Palombo-Cannavò?
Gradirei , signor Presidente, ricevere risposte precise a queste domande, perché altrimenti, il dubbio nascerebbe spontaneo anche circa gli annunciati festeggiamenti per i 110 dieci anni di storia.

Signor Presidente e signori consiglieri intendete, dunque, preparare questi festeggiamenti rinunciando definitivamente a tutti i trofei vinti nell’era LIPPI-TRIADE? Oppure intendete festeggiare, con orgoglio e DIGNITA’, tutti i 110 anni di STORIA DI questa società?
Non vi possono essere vie di mezzo. Se si intendono raggiungere nuovi trionfi e successi al fianco del foglio rosa (comunicato della società sul sito del 05-10-2007) bisogna avere la DIGNITA’ di rinunciare ufficialmente a quei trofei. La linea editoriale del vostro partner , in questo caso, è inequivocabile. Così come sono inequivocabili il pensiero e ed il giudizio dei tifosi JUVENTINI: NON COMPREREMO MAI PiU’ LA GAZZETTA E PORTEREMO AVANTI

TUTTE LE CAMPAGNE DI BOICOTTAGGIO CONTRO LA STESSA.
I trofei e gli scudetti (29!!! ) vinti sul campo, legittimamente, resteranno indelebili nella memoria e nel cuore di ciascuno di noi e se un processo mediatico–giacobin, diretto da un ex dirigente dell’Internazionale di Milano, oggi Inter Brand s.r.l, , avallato ed alimentato dai signori Palombo-Cannavò-Verdelli, non è riuscito a cancellarli, non ci riuscirà, certamente, un misero contratto commerciale con un giornale scandalistico da bancone del bar dello sport. - Articolo del 29 October 2007 - 26 ottobre 2007 -

Avv. Antonio Molentino (Gobbo Pugliese)