INCHIESTA L'ESPRESSO: CHI E' GIOVANNI MALAGÒ
MALAGÒPOLI: L'INCREDIBILE RETE DI POTERE DI GIOVANNI MALAGÒ
Un Groviglio di Relazioni Formidabile, nato in un Circolo Romano. È la base del Potere del Presidente del Coni. Che sulle Olimpiadi interrompe la candidatura ma crede ancora nella caduta della Raggi. (11 ottobre 2016)
Se le relazioni si potessero quotare in Borsa, la
Giovanni Malagò
spa sarebbe di gran lunga la public company più capitalizzata del
listino italiano. L’allievo Giovanni ha superato il maestro Gianni
Letta, gran tessitore di politica e socio fra mille - sono circa duemila
in verità - del circolo. Tutto iniziò nel 1997 quando il figlio di
Vincenzo Malagò, concessionario di auto di lusso, divenne presidente del
Canottieri Aniene nello splendore dei suoi 38 anni.
Già allora era stato ribattezzato Megalò da Susanna Agnelli, madre di
Lupo Rattazzi, il socio principale di Malagò. L’autrice di "Vestivamo
alla marinara" non sapeva quanto aveva ragione.
All’Aniene, nome di un affluente del Tevere, sono affluiti tutti quelli
che contano e che una volta erano elencati alla rubrica "generone
romano". Ma l’Aniene, circolo "men only" nella tradizione britannica
salvo le donne ammesse per meriti sportivi, ha sfondato da anni il
confine claustrofobico del Raccordo Anulare per accogliere da ogni parte
di Italia gli oligarchi di buona volontà, anche grazie agli accordi di
reciprocità cioè ai patti federativi con altri circoli prestigiosi come
il Tennis Club Bonacossa di Milano, La Mandria, il circolo degli Agnelli
a Torino, o lo Yacht Club di Montecarlo, presieduto da Alberto di
Monaco.
Il 2017 può essere
l’anno dell’apoteosi in tre atti per
Giovannino e per la Megalòpoli che gli ruota intorno. Fra pochi mesi
cadranno i vent’anni della presidenza dell’Aniene, anche se lui ha
annunciato che non si ricandiderà dopo lo choc del canottiere
dell’Aniene Niccolò Mornati, positivo al doping prima di Rio. In maggio
ci saranno le elezioni per la presidenza del Coni, poltrona conquistata
dall’outsider Malagò nel febbraio 2013 e saldamente nella sua
disponibilità anche per il quadriennio che si concluderà dopo i Giochi
di Tokyo 2020. Ma il passaggio chiave è il 3 febbraio, appuntamento
decisivo per la candidatura di
Roma 2024 con la presentazione della fase tre del progetto al Comitato olimpico internazionale (Cio).
La fase 2 è stata presentata
il 7 ottobre. L'11 ottobre
Malagò ha annunciato l'interruzione della candidatura di Roma. Ma
potrebbe essere una mossa tattica in attesa delle disgrazie del nemico.
Pensare che Malagò si ritiri dalla corsa contro Los Angeles, Parigi e
Budapest perché lo vuole un sindaco a rischio di commissariamento per
dissesto finanziario, nel caso Virginia Raggi, significa sottovalutare
l’ambizione dell’uomo.
Nella settimana appena passata, Malagò si è unito in
Vaticano
sotto l’egida di "Sport e Pace" con papa Francesco, con il segretario
generale dell’Onu Ban Ki Moon e con l’amico Thomas Bach, presidente del
Cio pronto a tutto pur di tenere in piedi la candidatura di Roma in uno
dei momenti peggiori della storia dei Giochi.
Tokyo ha annunciato uno sforamento di budget a 30 miliardi di dollari
per le Olimpiadi del 2020. Il numero uno dei comitati olimpici europei,
l’irlandese Patrick Hickey, è stato arrestato per bagarinaggio a Rio il
18 agosto. In lizza per il 2024 potrebbe esserci un Dreamteam di leader
politici formato da Donald Trump (Los Angeles), Marine Le Pen (Parigi) e
Viktor Orbán (Budapest), tutti assertori delle muraglie anti-immigrati.
Roma, anche nella versione attuale romafaschifo.it, sarebbe in
vantaggio
come male minore. C’è da scommettere che Malagò se la giocherà fino in
fondo, qualunque cosa dichiari pubblicamente, comunque vadano le cose
nella giunta grillina. Fan ricambiato di Malagò, il premier
Matteo Renzi non intende rinunciare a un’avventura sfuggita di mano persino ai giapponesi.
Roma 2024 è stata stimata a 5,3 miliardi di euro. Dal conto mancano le
infrastrutture, pari almeno al doppio. Se alla somma si applica il
coefficiente medio elaborato da The Oxford Olympics Study (156 per cento
di aumento dalle previsioni ai costi finali) si va molto vicino alle
cifre di Tokyo e dunque oltre i record attuali di Londra 2012 (15
miliardi di dollari) e dei giochi invernali di Sochi (22 miliardi di
dollari). Cifre improponibili per l’Italia, salvo che nella infinita campagna elettorale che ha resuscitato anche il Ponte sullo Stretto.
CHI REMA PER GIOVANNI
più importanti coci del circolo Canottieri Aniene divisi per categorie
COSTRUZIONI E IMMOBILIARI
Pierluigi e Claudio Toti
Giuseppe Statuto
Massimo Caputi
Valter Mainetti
Paolo Bruno
Carlo Toto
Pietro Salini
Luca Parnasi
Duccio Astaldi
Franco Caltagirone
Leonardo Caltagirone
Francesco Bellavista Caltagirone
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Il sistema Coni
Il sistema Malagò è basato su due poli in contraddizione. Bisogna
competere, dunque fare gare. Ma bisogna anche riconoscere i valori
dell’amicizia, dunque lavorare fra amici senza bisogno di gare.
In quattro anni al Coni, il presidente dell’Aniene si è assicurato il
controllo totale di una macchina che ogni anno gestisce oltre 400
milioni di denaro statale (412,9 milioni nel 2016), girato in
maggioranza alle federazioni (231,7 milioni di euro nel 2016). Il
braccio operativo dell’ente pubblico è una spa,
Coni Servizi,
guidata da un tandem di fedelissimi. Il presidente è Franco Chimenti,
77 anni, proprietario della Lazio pre-Cragnotti e numero uno della
Federgolf, anienista e malaghista ante marcia. L’amministratore delegato
è il commercialista milanese Alberto Miglietta, a capo della
federazione nazionale badminton, non proprio una potenza fra gli sport
italiani. Miglietta è diventato il braccio operativo della spa olimpica
in sostituzione dell’ex direttore generale Michele Uva, spostato in
Federcalcio nel settembre 2014 senza troppo dispiacere da parte del
presidente del Coni.
Nel settore emergenti c’è
Francesco Soro, avvocato
classe 1970 proveniente dallo studio D’Elia e rampante capo di gabinetto
di Malagò. Soro è presidente di Sportcast che gestisce il canale
Supertennis ed è una controllata della Fit di Angelo Binaghi, ex nemico
acerrimo di Malagò. La riconciliazione fra i due si è celebrata intorno
al piatto ricchissimo degli Internazionali d’Italia, sponsorizzati dalla
Bnl dell’anienista
Luigi Abete e gestiti dalla società
sportiva dilettantistica Parco Sportivo Foro Italico, controllata da
Coni Servizi. In prospettiva c’è l’affare immobiliare legato al nuovo
stadio del tennis, che Binaghi chiede a gran voce e che potrebbe finire a
Tor Vergata con o senza Olimpiadi.
Coni Servizi è anche il contenitore del
Comitato Roma 2024, presieduto da
Luca di Montezemolo
e coordinato dall’ex fiorettista Diana Bianchedi. Roma 2024 è definito
"unità operativa" sottoposta direttamente all’ad Miglietta. Le spese del
Comitato sono inserite in modo piuttosto confuso fra decine di appalti
di Coni Servizi. Da quello che risulta nei documenti pubblicati, a
fronte di uno stanziamento complessivo statale di circa 10 milioni per
il 2016-2017, nel 2015-2016 Roma 2024 è costata 590 mila euro per la
ristrutturazione della sede, l’aula bunker del Foro Italico. La
consulenza per il piano trasporti è costata 110 mila euro, pagati alla
Steer Davies & Gleave, società inglese con filiale a Bologna. Altri
200 mila euro sono andati alla Wilson Owens Owens che ha collaborato al
dossier di candidatura. Per il "video emozionale" a servizio del lancio
del logo sono stati pagati 187 mila euro alla società Unica. Cifre molto
lontane da quelle usate da Malagò e Raggi per accusarsi reciprocamente
di danno erariale.
Sul fronte della diplomazia, Malagò ha un tridente di vecchie volpi da
schierare. Montezemolo agisce sui rapporti con sponsor e industria. Per
le questioni legate ai membri del Cio, giocano gli anienisti Franco
Carraro e Mario Pescante.
Avversari? Nulla da segnalare,
tanto che le prossime elezioni potrebbero vedere Malagò candidato
unico. L’unico nemico del supertifoso romanista Malagò resta il laziale
Paolo Barelli, da poco rinnovato alla guida della Federnuoto con
maggioranza bulgara (83 per cento).
L’inimicizia è nata nel 2009 quando per la presidenza del Coni erano in
corsa l’uscente Gianni Petrucci, Barelli e il golfista Chimenti. Barelli, dopo tre legislature da parlamentare berlusconiano, riteneva di
avere l’appoggio del governo. Sbagliato.
L'inchino di Giovanni Malagò al Boss Gianni Letta
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L’anienista Letta e il
presidente dell’Aniene Malagò, affiliato alla Federnuoto, intervennero
in favore di Petrucci che vinse e nominò Giovannino nella giunta del
Coni. Quattro anni dopo, quando Petrucci non poteva più essere eletto
per raggiunto limite di mandati, il favorito era il braccio destro di
Petrucci, Lello Pagnozzi.
Stavolta Letta puntò su Malagò, che vinse a sorpresa e, fra le prime
cose, denunciò alla Procura di Roma Barelli per truffa
nell’amministrazione dei fondi federali iniziando una guerra che,
nonostante le archiviazioni dei giudici, non è ancora finita.
Oggi Petrucci, uscito dalla porta del Coni per rientrare dalla finestra
come presidente della federazione basket, è di fatto il presidente ombra, Malagò ci mette la faccia
Il sistema Aniene
Molto prima che Malagò diventasse presidente del Comitato olimpico
nazionale, il suo circolo era diventato una Hall of fame che ha
surclassato club di tradizione come l’Antico tiro a volo. Finanzieri,
banchieri, imprenditori, politici desiderosi di stare insieme fra uguali
chiacchierano di quisquilie o di affari sotto l’egida dello "spirito
Aniene". Intra moenia, nei locali della clubhouse, nella chiatta
inaugurata questa estate per le cene sul fiume, nel prato vigilato dalle
oche capitoline, ci si dà del tu come ai tempi degli antichi romani, in
una sorta di egualitarismo fra ottimati. Lo sfottò è di prammatica.
Quando ha debuttato Luca Cordero di Montezemolo, dai compagni sauna gli
fu chiesto come volesse essere chiamato, se Luca oppure Cordero oppure
Montezemolo oppure, meglio ancora, Di. Chi ha il cognome che rima con
quello dei fratelli Angelucci (Giampaolo, Alessandro e Andrea) è
classificato nel gruppo degli "ucci".
Può suonare divertente oppure no ma la forza, anzi, lo "spirito Aniene"
sta nell’abbinata fra cazzeggio e attenzione estrema alla sostanza degli
affari.
Nessuna legge vieta di trovarsi negli spogliatoi a parlare di Olimpiadi e
affari immobiliari, piuttosto che dell’ultimo derby Roma-Lazio. La
quota di costruttori e immobiliaristi iscritti al circolo è la
componente dominante, come lo è per il settore imprenditoriale a Roma: i
Caltagirone, i Toti, Massimo Caputi, Pietro Salini, Duccio Astaldi e
Paolo Bruno. Nel circuito delle alleanze può capitare di passare per
fasi di contrasto, come quella che divide gli anienisti Luca Parnasi e
Francesco Gaetano Caltagirone, molto poco presente al circolo,
sul nuovo stadio della Roma
. E
Giancarlo Abete, fratello minore del presidente Bnl Luigi, è in freddo
con Malagò per questioni di politica sportiva.
Molto bipartisan è il settore
parlamentare, in
equilibrio di forze fra centrosinistra e centrodestra. L’idea è di
essere sempre filogovernativi, come la vecchia Fiat di Gianni Agnelli.
Con Letta al governo, l’Aniene era lettiano. Con Renzi, l’anienista
Salini promette di lasciare l’Italia (non il circolo) se al referendum
vincerà il no.
Tra gli imprenditori affiorano outsider come il veneto Alessandro
Benetton e il milanese Marco Tronchetti Provera. Il circolo in se stesso
è un’impresa, con una mole di ricavi da attività sociali piuttosto
robusta, nell’ordine degli 8 milioni di euro all’anno ai quali vanno
aggiunti oltre 5 milioni di euro prodotti dagli impianti
dell’Acquaniene, che contano oltre 4 mila iscritti e sono aperti ai
"profani".
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Nuovo stadio della Roma, i soldi
non ci sono più
Da quanto risulta a l'Espresso, i fondi
israleani che avrebberofinanziato la
costruzione dell'impianto si sarebbero
ritirati. E ora, come per inter e milan,
potrebbero farsi vivi dei gruppi cinesi
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Gli investimenti privati
Noto tombeur de femmes, Malagò è quello che una volta si chiamava un
buon partito. Negli anni ha occupato poltrone in società molto
eterogenee. È stato amministratore di Air One dell’anienista
Carlo Toto,
di Unicredit, a lungo azionista di riferimento dell’amata As Roma. Ha
amministrato la fanzine snob giallorossa "Il Romanista" e la Virtus Roma
Basket, di proprietà dei fratelli Toti, anienisti, e molto amata
dall’ex sindaco di Roma Walter Veltroni, uno dei due soli soci ammessi
al circolo senza periodo di prova e per chiari meriti concessori verso
l’Aniene insieme all’allora governatore del Lazio Piero Marrazzo.
L’attività di famiglia resta concentrata nel
gruppo Samofin
e nella controllata Samocar, che sfoggia Ferrari e altre auto di lusso
dalle vetrine di via Pinciana, davanti a Villa Borghese. È lì che nasce
il rapporto con la famiglia Agnelli, la simpatia dell’Avvocato verso
Giovannino e il legame con Montezemolo, amico di Cristiano Rattazzi, il
fratello maggiore di Lupo che diventerà il principale socio di Malagò.
I ricavi annuali della Samocar sono di poco inferiori ai 40 milioni di
euro e l’amicizia con l’allora presidente della Ferrari, oltre che del
Comitato Roma 2024, è stata una chiave nel successo della concessionaria
quando si presentava qualche cliente che non aveva voglia di passare
mesi in lista di prenotazione per l’ultima creatura di Maranello.
Oltre a Samocar, Malagò custodisce un portafoglio di partecipazioni
molto ricco nella GL Investimenti, fifty fifty con l’amico Lupo
Rattazzi. GL ha un patrimonio di circa 50 milioni di euro e utili
aggregati nel triennio 2014-2016 per 30 milioni di euro. La quota di
Giovannino sono 5 milioni l’anno, in gran parte ottenuti vendendo alla
fine del 2014 per 9,3 milioni le azioni di Maire Tecnimont, società
guidata da Fabrizio Di Amato, altro anienista e amico fraterno che aveva
accolto Malagò nel consiglio di amministrazione della controllata Maire
engineering. Amicizia a parte, l’unico legame societario fra i due è
oggi l’Esperia Aviation, una compagnia di elitrasporto con sede
all’aeroporto dell’Urbe.
La coppia GL (Giovanni e Lupo) ha mantenuto una lista di partecipazioni
in stile salotto buono con una preferenza spiccata per l’energia (Acea,
Iren, Terna, Eni, A2A) e la finanza (Azimut, Banca Generali). La
partecipazione più rilevante, vicina al 2 per cento del capitale
sociale, è quella in Finnat Euramerica, il gruppo di servizi bancari e
finanziari, fondato da Giampietro Nattino e amministrato dai figli
Arturo e Andrea, soci dell’Aniene.
Presso Finnat fiduciaria è intestato il capitale di molte imprese
romane. Fra queste c'era il gruppo Sorgente, oggi passato sotto il
controllo di Romafid e guidato dall’immobiliarista emergente Valter
Mainetti. Anienista, inutile aggiungere.
Infine, Malagò è tra i fondatori dell’associazione
Amici del Bambino Gesù,
l’ospedale romano amministrato dal commercialista Gianluca Piredda,
amministratore anche di Salini e del Bologna di Joey Saputo. Fissato di
calcio come Malagò, Piredda è uno degli uomini in ascesa del Vaticano
avendo preso il posto proprio di Giampietro Nattino come consultore
della Prefettura affari economici della Santa Sede.
Piredda è socio di Futbol 22, un’iniziativa mirata allo sviluppo delle scuole calcio estesa da Malagò a molti altri anienisti. Non si fa qui l’elenco completo. Sarebbe troppo lungo. In fondo, è solo un mattone della furia relazionale che regna in Malagòpoli.
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FUSSE CHE FUSSE.....