giovedì, agosto 09, 2012

STEFANO PALAZZI: L'INFAME BOIA DELLA MAFIA DI MILANO, CON LA MISSIONE DI INSABBIARE GLI ILLECITI PERPETRATI DA MASSIMO MORATTI & GIACINTO FACCHETTI, E ADDOSSARLI A GIRAUDO E MOGGI PER DECAPITARE LA JUVENTUS!DECAPITARE LA JUVENTUS, ADDOSSA

IL CARNEFICE, IL MINUS HABBENS CORRUTTORE, IL BRACCIO ARMATO



    30 settembre 2012 di Marco Iaria

Nei giorni scorsi tifosi e opinionisti hanno denunciato il presunto silenzio dei media sulla presunta notizia “Luciano Moggi spiato dall’Inter”. E’ uno di quegli strani cortocircuiti che produce la disinformazione. Sì, disinformazione, perché quella che alcuni hanno spacciato per notizia di questi giorni è in realtà vecchia di tre mesi.

Chi scrive ha seguito in presa diretta le ultime battute del processo sui dossier illegali Telecom. E sulla Gazzetta ha riportato senza infingimenti tutti gli sviluppi. Ecco, dunque, una breve cronistoria per sgombrare il campo da equivoci.

A giugno la vecchia storia di spionaggio relativa all’Inter torna alla ribalta con la deposizione di Giuliano Tavaroli, ex capo della sicurezza di Telecom e Pirelli che ha già patteggiato una condanna a 4 anni, davanti alla Corte d’assise di Milano, nell’ambito del processo sui dossier Telecom. Sono le domande dei legali dell’ex arbitro Massimo De Santis, parte civile nel procedimento, a riaccendere i riflettori sugli intrecci tra spionaggio e Inter, già noti dal 2006 e non sanzionati dalla giustizia sportiva. 

Il 7 giugno, il giorno dopo la prima parte della deposizione di Tavaroli, la Gazzetta titola in prima pagina “Tavaroli: «Spiavo De Santis per conto di Moratti»”


 Questo è l’articolo pubblicato il 7 giugno:

«L’ operazione Ladroni mi fu commissionata da Massimo Moratti, poi io la gestii con Giacinto Facchetti». Nel bel mezzo di una deposizione-fiume al processo sui dossier illegali Telecom ai danni di politici, imprenditori, giornalisti, sono bastate queste parole di Giuliano Tavaroli a riaprire il pentolone delle polemiche su Calciopoli. Perché per la prima volta l’ ex capo della sicurezza di Telecom e Pirelli ha detto in un’ aula di tribunale, in qualità di testimone (dopo aver patteggiato 4 anni) e quindi sotto giuramento, ciò che aveva riferito ai pm di Milano nell’ autunno del 2006. A porgergli la domanda i legali dell’ ex arbitro Massimo De Santis, parte civile nel procedimento in Corte d’ assise, che nella causa per risarcimento danni rinviata ad ottobre chiederà all’ Inter 21 milioni di euro. De Santis è stato oggetto di investigazioni riservate tra il 2002 e il 2003, realizzate anche dall’ agenzia Polis d’ Istinto di Emanuele Cipriani, sulla cui scrivania fu trovato il dossier Ladroni: l’ input sarebbe partito dopo una denuncia dell’ ex arbitro Danilo Nucini all’ allora presidente nerazzurro Facchetti sull’ esistenza di una presunta combriccola romana. È stata una dipendente Telecom, Caterina Plateo, a raccontare agli inquirenti come funzionava il dossieraggio, producendo gli appunti manoscritti sui tabulati «spiati» (con orario, durata e destinatari delle telefonate), in particolare «gli sviluppi del traffico in entrata e in uscita su utenze telefoniche intestate a Figc, Ceniccola (ex guardalinee, ndr), Juventus e Gea World. Mi sono stati richiesti come al solito da Adamo Bove (allora dirigente Telecom, poi suicidatosi, ndr) in data 11-2-2003 e dopo la mia elaborazione sono stati consegnati allo stesso». Non intercettazioni, cioè ascolto delle conversazioni, ma dati sui traffici magari per scoprire connessioni tra vari soggetti, attraverso il cosiddetto sistema Radar, programma antifrode nelle intenzioni, rivelatosi strumento di controllo illecito in grado di non lasciar traccia in azienda. Tavaroli, in uno degli interrogatori, aggiunse che l’ attività sul calcio riguardava anche accertamenti bancari. L’ Inter ha sempre respinto qualsiasi addebito. Ascoltato il 3 ottobre 2006 dall’ allora capo dell’ ufficio indagini Figc Francesco Saverio Borrelli, Massimo Moratti dichiarò che sulla scia delle rivelazioni di Nucini a Facchetti «ritenni opportuno fare delle verifiche in merito e a tal fine mi rivolsi al Tavaroli, che conoscevo come persona capace che curava la sicurezza della Pirelli (…) Non ho mai dato alcun mandato al Tavaroli per redigere dossier sull’ arbitro De Santis né ho mai visto alcun documento in merito». Per l’ Inter nessun coinvolgimento in sede penale e un fascicolo aperto dai procuratori federali (relativo anche a presunti pedinamenti di Vieri, Mutu, Jugovic e Ronaldo) e archiviato il 22 giugno 2007, con un’ ulteriore coda senza esito dopo l’ esposto della Juventus sullo scudetto 2006 revocato ai bianconeri e assegnato all’ Inter a tavolino. È vero che la fattura da 50 mila euro per l’ operazione Ladroni venne pagata a Cipriani da Pirelli e non dall’ Inter, ma lo stesso investigatore privato ha fatto mettere a verbale: «Tavaroli spiegò che era opportuno che l’ investigazione non risultasse». A quei tempi, tra l’ altro, Pirelli era socia dell’ Inter col 19,5% delle azioni. Anche se ieri Tavaroli non ha fatto che confermare la deposizione resa ai magistrati, la portata delle sue dichiarazioni è evidente. Innanzitutto per il contesto (davanti ai giudici) ma anche e soprattutto per l’ eco sull’ opinione pubblica. Sullo sfondo dei tradizionali legami tra Inter e Pirelli-Telecom, dossieraggi illegali su una serie di soggetti (compreso Mariano Fabiani, ex d.s. di Messina e Genoa) vicini all’ ex direttore generale della Juve Luciano Moggi, avvenuti tra il 2002 e il 2003. Poi, nel 2004, l’ avvio delle indagini della Procura di Napoli che svelarono l’ esistenza di una cupola tale da condizionare arbitri e apparati delle istituzioni calcistiche e condussero nel 2006 alla retrocessione in B della Juventus e alla decapitazione dei suoi vertici dirigenziali. È una successione di fatti che, agli occhi del popolo bianconero, rimette in discussione perfino la genesi di Calciopoli. Quel che è certo è che si riapre l’ eterna questione etica sottesa a cavilli e formalismi. Per la giustizia sportiva i fatti riemersi ieri sono coperti da prescrizione. L’ Inter non rischia nulla. Moratti, semmai, deve preoccuparsi per la richiesta milionaria di risarcimento danni di De Santis (oltre a quella di Vieri). E per il dibattito che giocoforza si riaccende sull’ opportunità di aver assegnato il titolo 2006 all’ Inter.

Il 14 giugno, il giorno dopo la seconda parte dell’interrogatorio a Tavaroli, nuovo                                    richiamo in prima pagina della Gazzetta: “Tavaroli: «Spiavo anche Moggi»”

Questo è l’articolo pubblicato il 14 giugno:

Inter, Moggi, Dossier Ladroni, frodi sportive. Sta in questo intreccio di parole la nuvola nera che avvolge Calciopoli, e che ieri Giuliano Tavaroli ha contribuito a rendere ancor più densa. Nel corso della sua deposizione-bis al processo sullo spionaggio Telecom, nell’ aula bunker di San Vittore, l’ ex capo della sicurezza del gruppo (che ha patteggiato 4 anni di carcere) è tornato a parlare delle indagini illegali che, come lui stesso aveva rivelato una settimana fa, gli furono commissionate da Massimo Moratti per poi essere gestite con Giacinto Facchetti. Una conferma della versione che rese ai pm milanesi nel 2006, e contorni circostanziati. Incalzato dalle domande dell’ avvocato Paolo Gallinelli, legale dell’ ex arbitro Massimo De Santis, Tavaroli ha spiegato che tutto partì da «un incontro a tre con Moratti e Facchetti». Il motivo del Dossier Ladroni, confezionato tra il 2002 e il 2003? «Trovare conferma alle notizie su possibili frodi sportive che l’ Inter aveva ricevuto da un arbitro (Danilo Nucini, ndr)». Quindi la fase esecutiva: «Non svolsi le indagini io personalmente, ma fu il dottor Adamo Bove (ex dirigente della sicurezza Tim, morto suicida, ndr) a fare le analisi sui traffici telefonici, anche su quello di Luciano Moggi, oltre che di De Santis, non ricordo se pure su quello di Antonio Giraudo». Infine, «i report furono consegnati integralmente a Facchetti (allora vicepresidente dell’ Inter, ndr), non so se lo stesso riferì le risultanze a Moratti». Una parte dell’ attività spionistica venne delegata all’ agenzia Polis d’ Istinto dell’ investigatore privato Emanuele Cipriani, che si era già occupata di spiare alcuni giocatori nerazzurri come Vieri, Jugovic e Ronaldo. «Ma l’ operazione “Care” era completamente diversa, perché riguardava dipendenti dell’ Inter – la precisazione di Tavaroli -. Quella fu la prima volta in cui l’ Inter si rivolse a Tronchetti Provera e quindi a me per un supporto professionale. Pagò la società nerazzurra, mentre il Dossier Ladroni venne pagato da Pirelli per un errore amministrativo». Mentre nel procedimento sullo spionaggio Telecom – come riferito dal Corriere della Sera – sono state archiviate le posizioni dei manager Tronchetti e Buora, De Santis aspetta l’ udienza autunnale per la causa di risarcimento danni nei confronti dell’ Inter: la richiesta è di 21 milioni, sulla scia dell’ istanza di Vieri. Dal punto di vista sportivo, gli eventuali reati sono ormai prescritti. Il 3 ottobre 2006, ascoltato dal capo dell’ ufficio indagini Figc Francesco Saverio Borrelli, Moratti raccontò di essersi rivolto a Tavaroli ma di non avergli dato alcun mandato per redigere dossier su De Santis né di aver visto alcun documento in merito. Il 22 giugno 2007 la procura federale archiviò il caso. Le parole di Tavaroli riaccendono il dibattito e riportano alla ribalta la questione etica.

Quindi è Tavaroli a rivelare in aula che nell’ambito dell’operazione Ladroni, realizzata tra il 2002 e il 2003 e commissionatagli dall’Inter, vennero effettuati controlli telefonici pure su Luciano Moggi. Con una precisazione, essenziale per la nostra cronistoria: quelle analisi sulle utenze furono compiute da Adamo Bove, ex dirigente della sicurezza Tim.

Continuano le udienze e la Gazzetta, unica testata sportiva (e a volte unica in assoluto) presente al dibattimento, pubblica un altro articolo sul fatto che il dossier Ladroni potesse essere finito nel pc di Tavaroli poi ispezionato nel 2005, nell’ambito dell’inchiesta Telecom, dagli stessi carabinieri romani che si stavano occupando di Calciopoli.

Arriviamo ai nostri giorni e al presunto silenzio dei media e, in particolare, della Gazzetta. Il 26 settembre c’è il controesame di Emanuele Cipriani, investigatore privato titolare della Polis d’Istinto. Cipriani, beninteso, curò solo una parte del dossier Ladroni. Come lui stesso ammette, non si occupò di controlli telefonici “perché il committente (che di telefonia qualcosa ne sa, ndr) non aveva bisogno di chiederli a me”. La sua attività era circoscritta sostanzialmente a pedinamenti e verifiche patrimoniali con intrusioni all’anagrafe tributaria. E’ per questo che il 26 settembre in aula – il sottoscritto era l’unico giornalista presente – Cipriani, interrogato dal legale di De Santis Paolo Gallinelli, a precisa domanda su altri possibili obiettivi delle sue investigazioni (il mandato principale riguarda appunto De Santis) risponde: “La Juventus no, la Gea sì”. La notizia, cioè l’elemento nuovo rispetto all’evoluzione processuale, è dunque questa: Cipriani ammette che fu spiata pure la Gea di Alessandro Moggi, in particolare attraverso “analisi sui bilanci e sul patrimonio”. Correttamente il giorno dopo la Gazzetta titola: “Cipriani e i dossier illegali: «Spiata pure la Gea»”. In aula Cipriani non fa mai riferimento a Luciano Moggi né ad altri ex dirigenti della Juventus. E un motivo c’è: i controlli sulle utenze telefoniche, secondo le risultanze del processo Telecom, furono svolti direttamente dal gruppo di telecomunicazioni. Rivelatrice, in tal senso, la testimonianza di Caterina Plateo, ex dipendente Telecom, incaricata da Bove di appuntare a mano le telefonate “in entrata e in uscita delle utenze intestate a Figc, Ceniccola, Juventus e Gea”.

Perché la Gazzetta ha evitato di riportare la notizia che anche Luciano Moggi venne spiato dall’Inter, non riservando a essa un richiamo in prima pagina? Semplice: l’abbiamo già fatto a giugno, seguendo rigorosamente gli sviluppi del dibattimento.


http://footballspa.gazzetta.it/2012/09/30/inter-e-dossier-illegali-la-vera-cronistoria-del-processo-telecom/
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                             L'organizzazione calcistica affidata a politici di vecchio stampo.            
I Democristiani (partito scomparso!) di oggi Abete e Palazzi collusi con la Mafia di Milano (tronchetti provera & moratti giammarco), ricorda da vicino la collusione tra i vecchi democristiani Vito Ciancimino e Salvo Lima con la Mafia Siciliana: Corleone (Toto' Riina ) e Palermo (Stefano Bontate). I comportamenti sono molto simili, tranne che,  Corleonesi e Palermitani usavano bombe, mitraglie e lupare (accertato dai magistrati Falcone e Borsellino), mentre i Milanesi, non sono "ancora arrivati a tanto (ci sono delle voci su qualche volo da cavalcavia ed altri tipi di incidenti mortali, ma solo vioci, nessuna prova!), ma quel Palazzi, ha dato ampie prove di avere l'anima di un Riina e di un Bontate,  e' c'e' poco da fidarsi...mentre l'Ebete Giancarlo, e usato come nei tempi passati si usava lo scemo del villaggio...portatore di ordini. Senza dubbio alcuno, il Boia dei poteri Meneghini e', il militare Napoletano.  


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