8-6-2015 Conferenza Stampa di Andrea Agnelli
PARLA IL PRESIDENTE ANDREA AGNELLI
"E' un momento a mio giudizio importante quest'anno, abbiamo chiuso un anno che ci rende estremamente orgogliosi. Alcune riflessioni sull'annata le farei partendo dalla fine per arrivare all'inizio di questa annata. Usciamo con delle sensazioni sicuramente miste dalla partita di Berlino. E' chiaro che quando uno gioca una finale di Champions League la gioca assolutamente per vincerla, così come qualsiasi partita che la Juventus gioca la gioca per vincerla.Quando penso alla storia europea della Juventus, credo che la dimensione sia tornata quella che tutti quanti noi ci auspichiamo. E' vero, lo avete scritto e commentato in tanti, oggi abbiamo il maggior numero di finali perse, però intanto in finale ci siamo andati e questa è una cosa che conta, la Juventus ha giocato 8 finali di Champions League. Non è la partita dell'altro ieri che ci deve lasciar del rammarico per il risultato che abbiamo ottenuto, ci sono altre finali se guardo la nostra storia che sarebbero dovute finire in maniera diversa e le aspettative erano diverse: penso alla finale di Manchester, di Atene, di Monaco, quelle sono partite che sicuramente ci lasciano l'amaro in bocca, ma quando penso alla partita con l'Ajax o a quella dell'altro ieri sera, erano partite che non erano così scontate, che si sarebbero potute anche perdere.
La prestazione della squadra a Berlino è un ottimo punto di partenza per il futuro, una partita che è seguita ad un percorso importante, le svolte in questa stagione a livello europeo credo siano state la partita di Dortmund e la semifinale col Real Madrid, che ci ha permesso di giocare una partita con il Barcellona a viso aperto, una partita in cui abbiamo subito un gol dopo pochi minuti che avrebbe potuto uccidere qualsiasi altra squadra. Invece la squadra ha reagito, ha pareggiato, ha giocato 20 minuti esaltanti ed è stata una partita che avremmo potuto vincere. Poi ci sono episodi che non sono stati favorevoli e hanno permesso al Barcellona di segnare un gol in contropiede che ha chiuso la partita.
Io non posso fare altro che pensare a questo percorso europeo e porlo a tutti noi come punto di partenza per il futuro, un futuro che a livello europeo non deve assolutamente far pensare - e ripeto - non deve assolutamente far pensare che poichè Milano è vicina ed è comodo arrivarci, noi l'anno prossimo giocheremo sicuramente la finale di Champions League a Milano. Arrivare a giocare una partita come la finale di Champions League è durissimo per tutti, infatti ogni anno le finaliste cambiano.
Però ci ha dato una grande convinzione. Io a livello europeo mi aspetto un percorso di maturazione che si possa declinare con il principio che vorrei vedere un group stage affrontato con maggiore consapevolezza e al pari delle altre grandi d'Europa, dove siamo noi oggi, lo si possa affrontare con la speranza che alla quarta o quinta giornata del girone noi siamo già agli ottavi. Il percorso deriva da mille fattori, da come ci si arriva, dalla condizione, gli squalificati, gli infortunati, un po' di fortuna nei sorteggi.
Non dimentico mai gli ottavi di finale di due-tre anni fa, quando si scontrarono Real Madrid e Manchester United, due squadre che in quella Champions League erano partite con l'ambizione di arrivare in finale. Una delle due a quel punto deve uscire e questo non è che ci può condannare per via di un sorteggio, se una stagione sia di successo o no, erano due squadre che avevano quello come obiettivo. Quindi non pensate visto che Milano è a 124 chilometri di autostrada, noi siamo lì di sicuro. Lavoremo per un percorso europeo, perchè senz'altro ci vuole un consolidamento da questo punto di vista, però l'Europa è difficile.
Qualche giorno prima di questa partita abbiamo vinto la decima Coppa Italia e qualche giorno prima avevamo vinto il nostro 33esimo Scudetto. Da questo punto di vista, questa è stata una stagione straordinaria e ci deve rendere tutti veramente orgogliosi di quello che abbiamo fatto. Siamo partita in reltà quest'anno il 16 luglio da questa stanza presentando l'allenatore, Massimiliano Allegri, e io non posso cominciare che da questo fatto per ringraziare un primo pezzo della società, che è la parte gestita dal direttore Beppe Marotta e che è qui con noi oggi, dal direttore sportivo Fabio Paratici e dal consigliere Pavel Nedved. In quei 2-3 giorni veramente molto concitati hanno dimostrato tutta la loro professionalità, tutta la loro calma, per riuscire a trovare una soluzione che permettesse alla Juventus di continuare il percorso intrapreso qualche anno prima.
Allegri è arrivato in punta di piedi, si è inserito con il suo staff in maniera impeccabile, un dialogo continuo e costante con il direttore, con Paratici e con Nevded per far sì che riuscisse ad entrare nel più breve tempo possibile in sintonia con quella che era già una squadra molto forte, squadra che poi lui ha visto al completo solo una decina di giorni dopo perchè tornavamo tutti con qualche giorno di ritardo rispetto alla data di convocazione del ritiro. Io da questo punto di vista, oltre a ringraziare per il lavoro i dirigenti, non posso che ringraziare Massimiliano per come si è inserito e per il coraggio che ha avuto nell'accettare di guidare una Juventus in quel momento storico.
Era un momento molto difficile, che ha messo specialmente all'inizio un'enorme pressione sulla guida tecnica, ma il suo modo di essere, la sua consapevolezza di poter ulteriormente far crescere la squadra ha fatto sì che si sia inserito in maniera perfetta nei nostri meccanismi e i risultati che ha ottenuto sono sotto gli occhi di tutti, quindi da questo punto di vista un grandissimo merito va al mister e a tutto lo staff tecnico. per riuscire a raggiungere un risultato come questo c'è sicuramente bisogno di un enorme sintonia tra le varie componenti, questo è un qualcosa che io cerco di far cadere nell'immaginario, ma anche nella realtà: un football club, una squadra di calcio, è sempre divisa, si tende sempre a dividerla in tre componenti, che sono da una parte la società, da una parte l'allenatore e il suo staff e da una parte la squadra, come se fossero quasi tre entità diverse. Invece quello che continuo a spingere in maniera determinata è il fatto che siamo un tutt'uno, dove siamo tutti utili e nessuno è indispensabile.
Questo l'ho ricordato anche l'anno scorso in occasione di un intervento in questo periodo a Milano nel corso del Wired Next Festival. Dobbiamo prendere tutti la consapevolezza che siamo tutti utili, ma nessuno è indipensabile. E' la forza del gruppo che fa la differenza. E quest'anno c'è stata veramente questa dimostrazione, che è il gruppo che fa la differenza. Da qui arriviamo a capire quello che è stato un lavoro molto importante che spesso passa inosservato, che è stato quello di una vera e propria ristrutturazione all'interno di una società per arrivare a designare un nuovo organigramma che potesse portare una serie di risultati fuori dal campo che poi sarebbero stati utili e necessari invece per dare forza al campo.
E parlo di quella che è la vera prima linea della società, di Marotta ho parlato, le altre persone che sono state chiave, sono da un lato l'amministratore delegato Aldo Mazzia, che è a capo di tutti i servizi all'interno della società. Da questo punto di vista c'è tutta una società che lavora e che funziona in maniera impeccabile. E ha la parte dello sviluppo e del Real Estate, con tutto il progetto della Continassa che è alle nostre spalle in questo momento. Che speriamo di riuscire ad inaugurare entro due o tre anni - due anni sono ottimistici, è più verosimile un periodo di tre anni, che però, verrà a creare in questa area un vero e proprio Mondo Juventus, lasciando a Vinovo spazio all'attività del settore giovanile e quindi creare una vera e propria academy con i vari servizi, non più dislocati in diverse parti, così come il convitto dei ragazzi, ma avere un dormitorio all'interno di Vinovo per permettere ai ragazzi di crescere e respirare Juventus tutti i giorni.
La terza persona che è stata assolutamente strumentale alla crescita della società è il Chief Revenue Officer, Francesco Calvo, a cui oggi riportano tutte le aree di generazione di ricavo, le sponsorizzazioni, lo stadio, la parte digital e la nuova area che abbiamo ripreso con l'avvento di Adidas come sponsor tecnico, quella del retail e del licensing.
Che burlone valentino...ahahahah
Ma non sono solo i grandi nomi che fanno la differenza, ma sono le attività che Francesco e il suo gruppo mettono al servizio della società quotidianamente, che ha permesso alla società di fare veramente un salto di qualità, se pensiamo a quello che è stato il fatturato della Juventus nel 2010/11, ovvero al primo anno della mia gestione, abbiamo sostanzialmente raddoppiato il fatturato per arrivare a 315 milioni l'anno scorso. Questi sono i dati reali, in quanto tengono in considerazione anche le plusvalenze generate.
Qui mi consento una piccola divagazione. Intanto dissento dall'interpretazione della Deloitte, anche se sostanzialmente come metodologia la condivido. Se guardo alla storia della Juventus, anno su anno, circa 15 milioni di plusvalenze sono generate anno su anno e fanno parte dei ricavi ricorrenti, quindi da questo punto di vista nella nostra gestione interna quel tipo di risultato è il tipo di risultato che ci attendiamo anno su anno, quindi per me quelli sono risultati ricorrenti. Dall'altro è vero che una cessione eccellente porterebbe a quello che sarebbe un dato drogato. L'anno scorso ci siamo spostati non moltissimo, quindi ritengo che sia più giusto valutare il fatturato nel suo insieme, quindi arriviamo a 315 milioni. Quest'anno i risultati verranno pubblicati a settembre e in questo momento essendo quotati non posso far altro che riportarvi a quello che pubblichiamo al termine di ogni consiglio.
Però essere arrivati al termine della stagione 13-14, al risultato di 315 milioni di fatturato, è un risultato che ci mette in una situazione di poter affrontare le grandi potenze europee sul campo. A quel punto entra in gioco, e torniamo alla capacità del direttore e dei suoi collaboratori, di saper gestire bene quella che ho sempre chiamato la potenza di fuoco. Ovvero la somma totale tra gli ammortamenti e la retibuzione del personale tesserato. Una somma che si aggira intorno ai 200 milioni, una somma importante che fa sì che ci metta nelle condizioni di competere a livello internazionale con le grandi d'Europa. E i risultati ce abbiamo ottenuto sul campo lo dimostrano.
Ho parlato poco fa della stagione in corso, ma il nostro percorso viene da un quarto di finale di Champions League, da una semifinale di Europa League e da una finale di Champions League, non posso che ribadire una volta di più e torno all'ambito sportivo, che una stagione deve essere considerata di successo se si è competitivi a Primavera su tutti i fronti. Noi non possiamo pensare che consideriamo una stagione di successo o di insuccesso esclusivamente dal numero di coppe che alziamo al cielo. E' chiaro che la Juventus parte con l'obiettivo di vincere ogni competizione alla quale partecipa, questo è il nostro dna e non verrà mai modificato, quindi i ragazzi che scendono in campo sono i primi a voler vincere ogni partita.
Noi vogliamo vincere ogni competizione alla quale partecipiamo. Ma quando io giudico quello che è il lavoro della gente che lavora per la Juventus devo poter fare delle valutazioni che sono diverse. Quindi da un punto di sportivo si tratta di arrivare competitivi in Primavera ad ogni manifestazione, per quanto riguarda la parte di Francesco, è che vengano raggiunti gli obiettivi che ci siamo posti nel piano industriale e che vengano rivisti anno su anno. Da questo punto di vista è stato fatto un lavoro eccellente con la conclusione dell'accordo con Adidas ormai 18 mesi fa, e il rinnovo della sponsorizzazione con Jeep, queste per noi sono le due principali voci.
Però è recente l'accordo che è stato stretto in Messico, per un accordo regionale, sulla falsariga dell'attività del Manchester United che ha circa 20 milioni di ricavi all'anno da quel tipo di attività. E' un'attività che è partita dall'internazionalizzazione, è partita qualche anno fa con attività spot in diversi Paesi e oggi vogliamo essere molto più disciplinati nell'approcciare questo tipo di accordi regionali in giro per il mondo. In alcuni di questi Paesi è chiaro che può funzionare meglio, avendo dei giocatori, dei testimonial di quel Paese, però è semplicemente per darvi un altro esempio delle attività che vengono svolte. Spesso si tende a vedere il presidente, il direttore, il mister e forse uno-due giocatori simbolo, quindi molti dei meriti della Juventus in questi anni vengono riconosciuti a me personalmente.
Di questo vi ringrazio perchè rappresento la Juventus, ma come ho scritto a tante persone che mi hanno fatto i complimenti dopo la conquista dello Scudetto, il mio vero privilegio, in questo momento, è di guidare un vero e proprio gruppo di leader, ognuno grande professionista delle proprie aree e dei propri settori. Ho fatto riferimento ai primi livelli, ma vi posso dire che in Juventus anche nei secondi livelli, ognuno nelle proprie aree di competenza, ci sono grandi professionisti. Ringrazio quindi idealmente tutti gli uomini e le donne della Juventus, che ci hanno permesso di raggiungere i risultati che abbiamo raggiunto fino ad oggi, con la consapevolezza che oggi chiudiamo una stagione - in realtà la abbiamo chiusa ieri - e noi è da ieri che siamo al lavoro per continuare ad ottenere analoghi successi, l'anno prossimo e negli anni avvenire.
Tanto che mi è capitato di discutere con alcuni dei nostri prima della semifinale col Real Madrid, e anche con i giocatori per la questione dei premi legati alla Champions, il mio orizzonte temporale era già rivolto ad assicurarsi che ci fosse la continuità nei prossimi due-tre anni, quantomeno quello che è il futuro, e di non fermarsi al risultato dell'annata. La mia preoccupazione è garantire la continuità della crescita della Juventus, garantire la continuità della competitività della squadra nelle manifestazioni alle quali partecipa.
Chiuderei facendo un breve riferimento a cui tengo molto, su quella che è la politica del calcio, soffermandomi però più su quello che è l'aspetto internazionale a confronto di quello che è l'aspetto nazionale. Io entrerò quest'anno, per il quarto anno, come consigliere dell'Eca, presieduta da Rummenigge e con la quale condivido questa posizione con una serie di altre squadre di prima, seconda, terza e quarta fascia, dove c'è veramente un'unità di intenti nel perseguire lo sviluppo del calcio con la consapevolezza che le problematiche che attengono la Germania, l'Inghilterra, l'Italia, Spagna e Francia, sono diverse da quelle dei Paesi della suddivisione 2, andiamo all'Olanda, al Belgio, al Portogallo, suddivisione 3 o 4. Ci sono delle realtà molto molto diverse e ho incominciato ad apprezzare il significato della competizione anche dai turni di qualificazione uno, due, tre, con i famosi playoff che cominciano ad agosto e sono quelli a cui noi siamo più abituati e ai quali bisogna cominciare a dare attenzione.
Ma ci sono delle realtà che meritano una grandissima attenzione perchè le loro competizioni nascono e finiscono prima ancora di arrivare alla grande attenzione. Ma quello che mi ha sopreso favorevolmente da parte dell'Eca è stata proprio questa attenzione che mette lo sviluppo del calcio in ogni sua dimensione, non ultimo è stata una conferenza che ho presieduto a Varsavia il giorno prima della finale di Coppa Italia, dove ci siamo trovati nello stadio del Legia a condividere le varie problematiche della governance a livello nazionale, con vari esempi e varie testimonianze.
Quindi è una condivisione volta allo sviluppo del calcio dei club professionistici, a differenza di quella che è l'attività delle istituzioni. Il rapporto con l'Uefa è ottimo, io sono parte del Club Competitions Committee ed è un'esperienza che mi sta arricchendo molto, nella definizione di quelle che sono le dinamiche delle competizioni internazionali. Club Competitions Committee significa lo sviluppo della Champions League e dell'Europa League. E il bilanciamento tra queste due manifestazioni. Un bilanciamento che in questo momento è difficile.
La Champions League rappresenta l'eccellenza e rappresenta l'eccellenza finanziaria, mentre l'Europa League ha uno scopo diverso in questo momento, quindi trovare un bilanciamento è abbastanza problematico, anche se tutti quanti noi siamo abbastanza attenti a questo, perchè sappiamo bene la differenza che porta accedere alla Champions League anche da terzi qualificati, oppure perdere ai playoff e scivolare in Europa League, con una serie di problematiche a livello finanziario se si sono previste tutta una serie di voci e di entrate che poi non si rilevano. Uefa che è gestita da Platini e da Infantino.
Questo per tornare a quello che deve essere lo sviluppo del calcio, quindi andare a fare quel parallelo che deve essere Lega-Federazione in Italia, quello che dovrebbe essere l'Eca verso l'Uefa è quello che dovrebbe essere la Lega, che rappresenta i club, verso la federazione. Credo che veramente ci sia bisogno - e questo lo dicono in molti, lo ha detto Tommasi di recente, e continuo a ribadirlo io - la Federazione dovrebbe avere una divisione di stampo sportivo e avere sotto di sè una serie di personaggi capaci di portare avanti le varie problematiche relative alla gestione quotidiana. Il principio, il calcio ai calciatori, lo trovo molto giusto, trovo che sia molto più rappresentativo per le istituzioni come avviene a livello Uefa.
Rummenigge credo rappresenti un'eccezione, perchè ormai sono 25 anni che è dall'altra parte della scrivania e quindi è qualificato come dirigente a gestire quelle che sono le volontà e le problematiche dei club. Le associazioni dei club devono essere agli imprenditori, le associazioni di tipo istituzionale, le vedo con molto maggior favore in mano ai calciatori, che conoscono quello che il sistema valoriale del calcio. Dico questo perchè la dimensione nostra è una dimensione europea, quindi il coinvolgimento mio personale, ma anche di alcuni miei collaboratori in seno ad una serie di commissioni dell'Eca, ci permettono di confrontarci con delle realtà estremamente professionali.
Il mio auspicio è: se l'Italia vuole tornare ad essere competitiva a livello internazionale, veramente si confronti con quelle che sono le problematiche del calcio attuale. La finale della Juventus in Champions League e la semifinale del Napoli e della Fiorentina in Europa League, non sono l'insuccesso del calcio italiano, ma sono il successo di tre società che hanno saputo lavorare bene sul campo. Questo è un qualcosa a cui tengo particolarmente: non è grazie al sistema calcio Italia che la Juventus è andata in finale, o che Napoli e Fiorentina sono andate in semifinale, sono tre società che hanno gestito molto bene un anno. Questo ha fatto sì che la nostra posizione nel ranking quest'anno sia migliorata, abbiamo guadagnato qualche punto.
Noi siamo saliti al 14esimo posto nel ranking, il Napoli oggi è la seconda squadra a livello europeo e questo fa sì che una continuità del percorso internazionale faccia crescere le singole società. I problemi in Italia li conosciamo: il problema numero sono gli impianti sportivi. Noi oggi abbiamo il privilegio di sederci in un impianto che è al massimo a livello europeo, ma gli altri stadi in Italia li conosciamo, è inutile stare a puntare il dito sul perchè abbiamo gli stadi che abbiamo, li conosciamo. Ma veramente si deve trovare un modo, uno sforzo, se non di costruire stadi nuovi, quanto meno di ristrutturare in maniera importante quelli esistenti, perchè non ci possiamo presentare ed essere attraenti agli occhi dei grandi campioni con gli stadi che abbiamo. Su questo faccio un esempio, anche per la sicurezza e per quello che è successo di recente.
Noi abbiamo investito e deliberato all'unanimità in Lega di investire sulla goal-line technology, giusto o sbagliato che sia, comunque il voto è stato all'unanimità. E l'investimento per singola squadra è di circa 400mila euro. All'interno di questo stadio - molti di voi lo sanno perchè lo abbiamo mostrato anche con servizi sul nostro sito e altro - queste telecamere - mi sfugge il numero di ottiche - che continuano a registrare continuamente quello che avviene nello stadio, quindi qualsiasi cosa avviene all'interno dello stadio è registrato da diverse ottiche, continuando ad avere una visione dell'insieme di quello che accade.
Questa telecamera costa 180mila euro, quindi un po' meno della metà di quella che è la tecnologia della goal-line technology. Perchè dico questo, perchè noi stiamo ancora discutendo di quello che è successo durante il derby, se è stato lanciato un petardo, chi l'ha lanciato, come era entrato allo stadio, come non era entrato allo stadio. Noi abbiamo trovato come Lega le risorse per risolvere due-tre casi all'anno di gol-non gol, che sarà importante sicuramente determinare che la palla sia entrata o non sia entrata dentro la porta, però se pensiamo che con la metà, o poco meno della metà, o poco più della metà, di quei soldi, possiamo garantire sicurezza e certezza di intervento alle forze dell'ordine, questo mi lascia un po' perplesso su quelle che sono le nostre priorità.
Concludo con l'introduzione: io sono estremamente orgoglioso del lavoro che è stato fatto in questi anni e in particolar modo quest'anno. E' stata una stagione per noi straordinaria. Grazie".
IL PRESIDENTE RISPONDE ALLE DOMANDE
-"Per quanto riguarda la prima domanda, forse mi sono dimenticato in premessa che come d'abitudine le vicende del calciomercato avrà tutto il tempo nei prossimi 90 giorni e sarà pane quotidiano del direttore Marotta. Questa parte come ben sapete è totalmente delegata a lui, quindi dal mio punto di vista non posso che ribadire la fiducia nell'operato del direttore e dei suoi collaboratori che sapranno sicuramente prendere le scelte migliori per continuare nel percorso di crescita della squadra nell'ambito della squadra. Da parte mia c'è piena fiducia nell'operato del direttore Marotta e dei suoi collaboratori. per quanto riguarda le attività previste nel mondo arabo, in questo momento le attività sono limitate, siamo partiti con un principio di prioritizzazione e benchè sappiamo di essere un marchio globale, non possiamo affrontare il mondo in un giorno solo. Da questo punto di vista abbiamo dato la priorità al Nord America, nel mondo cinese, abbiamo dato una priorità tattica per risvegliare il Giappone e dopodichè il grosso dell'attività è concentrato sull'Europa e sulla strategia di distribuzione del merchandising e del marchio. Il grosso dell'attività e dobbiamo arrivarci come lingua araba, sarà poi delegato al digitale, che è il vero strumento che ci permetterà istantaneamente di comunicare con ogni genere di tifosi in genere per il mondo. Per quanto riguarda la vera e propria attività del commerciale, abbiamo dovuto prioritizzare e questi sono i mercati che stiamo aggredendo in questo momento. Dobbiamo farlo con la consapevolezza che prima di entrare in un mercato bisogna seminarlo per cogliere i frutti, senza dispendere le energie. Anche se siamo ormai una grande azienda, abbiamo delle risorse sia umane che finanziarie limitate, gli investimenti vanno mirati su dove pensiamo possa esserci un ritorno sugli investimenti superiore da subito, con la consapevolezza che l'amore indistinto dei tifosi è uguale e indistinto in ogni parte del mondo".
C'è qualche gruppo internazionale che vi corteggi in questa fase? E' conveniente un'ingresso in una piccola parte societaria per accrescere ulteriormente la potenza del club?
-"No, in questo momento non c'è e non lo stiamo cercando, questo lo dico più che altro con il cappello di Exor, questa è comunque una domanda che va rivolta a loro, mi permetto di dare una brevissima risposta essendo nel Consiglio di Exor, quindi gestendo direttamente la Juventus, probabilmente quindi qualche domanda andrebbe fatta anche a me. Però in questo momento come Exor non stiamo cercando, anzi, mi dà lo spunto, che forse ho dimenticato prima, di ricordare che il lavoro che è statl fatto fino ad oggi è stato fatto il pieno supporo di mio cugino Jaky, che ci ha permesso in questi anni, dal punto di vista dell'azionista, al di là del rapporto personale, di poter intraprendere un percorso che ci ha portato comunque ad investimenti importanti e di fiducia nei risultati che si sarebbero ottenuti, che sono quelli che oggi ci permettono di fare un salto di qualità e incominciare a guardare al quinto-sesto in Europa e lo dico in termini di fatturato, quindi di potenza di fuoco disponibile per la qualità della squadra, ci ha permesso di lavorare con il pieno della fiducia. In questo momento, quindi, no, e non ne abbiamo neanche bisogno".
Due giorni dopo la finale di Champions c'è più l'orgoglio di essere arrivati lì o la delusione per la partita? La partita di Berlino coincide con al fine di un ciclo? Anche con la possibilità con un rinnovamento della squadra e con la possibilità che alcuno campioni possano lasciare la Juventus.
-"Da un punto di vista del tifoso, la sensazione è mista: c'è l'orgoglio e c'è la delusione. La Juve, come ho detto nell'introduzione, gioca ogni partita con l'obiettivo di vincerla e noi abbiamo giocato la finale a Berlino con l'obiettivo di vincerla. Tanto è che la squadra è entrata in campo, ha subito, ha reagito, ha pareggiato, ha giocato 20 minuti di calcio esaltante, se fosse entrato.... ma qui entriamo nel condizionale... è una partita che abbiamo giocato con i migliori e la potevamo vincere. Questo deve essere il punto di partenza e un motivo di orgoglio. E' chiaro che non sono felice di aver perso una partita. per quanto riguarda il futuro, mi fermo ai fatti. E' una domanda che dovremo girare al direttore: quando penso a Morata, a Pereyra, a Rugani, a Dybala, a tutta una serie di giocatori che stanno crescendo e che possono essere da Juve. Il giocatore più determinante in questa Champions League credo sia stato Morata, è lui che ha fatto una vera e propria differenza, ha segnato nelle due semifinali e ha segnato in finale, ha procurato il rigore ai quarti ed ha segnato col Dortmund. Guardiamo i giovani che abbiamo in casa e che stanno crescendo. Saranno loro i primi a garantire la continuità del progetto, la continuità della prestazione sportiva, anno su anno. Da qui ritorna il principio degli obiettivi, essere competitivi a Primavera e se uno è competitivo a Primavera, qualche cosa lo porta a casa di solito".
In questo momento la Juventus sta capitalizzando 300 milioni di euro. Il Milan è passato di mano a un miliardo e passa. A questo punto la quotazione in Borsa esprime dei valori che non hanno senso. Ha ancora senso restare? Oppure ha senso raddoppiare e andare a quotarsi da qualche altra parte del mondo?
-"Anche questa è una domanda da porre a John, io non potrei rispondere. Le rispondo dicendo che mi piacerebbe avere un vero commento su quello che è .... la Fininvest ha comunicato di aver aperto un dialogo formale, quindi i numeri non ci sono ancora. Leggiamo tutti, ma non sempre quello che leggiamo corrisponde a verità. I numeri così come li ho letti sono dei numeri sicuramente impressionanti. Quando poi vado a guardare e a fare qualche riflessione sui multipli, guardo al risultato netto, al margine operativo lordo, guardo alla posizione finanziaria netta del Milan, faccio fatica a trovare una quadra a quel numero. C'è senz'altro, perchè ci sono dei valori intangibili, il valore del marchio, però qui faccio una domanda io a lei, daq commentatore della comunità finanziaria, come questi numeri possano portare ad una valorizzazione di quel tipo".
Ha detto che i risultati di Juve, Napoli e Fiorentina in Europa non sono merito del sistema calcio Italia. Cosa manca perchè la cosa sia integrata? Resterà alla guida della Juventus in un futuro a lungo termine?
-"Che cosa manca mi sembra pleonastico, lo abbiamo già detto tante volte, l'ho detto anche prima: in primis gli impianti sportivi, in secondo luogo quello che mi piacerebbe vedere è un vero progetto sportivo da parte della Federazione con delle vere e proprie missioni per quello che è il calcio professionistico. Si discute di riforma dei campionati, però spesso si discute di quanto sia il prezzo da pagare per avere due retrocessioni anzichè tre, il prezzo da pagare per far scendere le squadre da 22 a 20, da 20 a 18, quindi di quanto deve aumentare il livello di sussitenza. Però andando ad analizzare la Lega Pro vediamo che il fatturato medio di una squadra di Lega Pro è di circa un milione, qualcuno un po' di più, qualcuno un po' di meno, con costi medi di due milioni e mezzo. Quindi abbiamo una Lega Pro che è strutturalmente in perdita. In Serie B abbiamo progetti analoghi. Si investe con la speranza di accedere al campionato superiore, per accedere a maggiori risorse finanziarie. Però poi non vedo un vero progetto sportivo. Dovrei lasciare la parola al direttore. Che cosa il ruolo della Lega Pro oggi all'interno del sistema calcio? Che cosa è il ruolo della Serie B all'interno del sistema calcio?E che cosa è il ruolo della Lega di Serie A nel sistema calcio. Io non lo vedo, poi possiamo possiamo passare per il settore tecnico. Qual è oggi la progettualità e la missione del settore tecnico? C'è poco. Quindi qui c'è veramente bisogno di una vera analisi a 360 con un'ottica societaria, anche di un'istituzione non propriamente pubblica, ma parapubblica come la Figc, così al pari delle altre federazioni, che sono di pubblica utilità, ma di diritto privato, questa è una riflessione da fare. invece si parla id quanto c'è bisogno per ottenere un voto o non un voto favorevole per poter fare una riforma, o quanto costa. io ho sempre detto e lo ribadisco anche qua, che se la Serie B dovesse sviluppare un vero progetto strategico funzionale alla crescita del sistema calcio, uno dovrebbe essere in grado di riflettere quanto la Lega di Serie A vuole investire, non vuole, deve pagare, elargire. La Serie A dovrebbe voler investire, fosse il doppio, fosse più quello di oggi, ma ragioniamoci. Per la Lega di A e per il flusso di ricavi che ha dalla gestione dei diritti televisivi, deve essere un vero investimento. E come ogni investimento deve avere un ritorno. Qual è il ritorno? il ritorno è un progetto sportivo di un certo tipo. Qua vi lascio per ogni approfondimento al direttore che vi dice cosa era il ruolo della Serie B 20 anni fa, come formava giocatori. Poi anche oggi qualcuno arriva dalla Lega Pro, ma torniamo ad avere le eccezioni: la Lega Pro ha fatto tre giocatori. In realtà quello che vedo io è l'assenza totale di una visione a lungo e medio termine e la consapevolezza che se il calcio italiano vuole tornare ad avere un ruolo primario all'interno del sistema internazionale il percorso è giocoforza di medio-lungo termine, parliamo di 5-10 anni. Nessuno ha - non l'aveva Abete prima, non lo ha Tavecchio oggi, senza entrare nel merito delle persone, la bacchetta magica per cambiare dall'oggi al domani. Qui c'è veramente bisogno di una condivisione con la A, la B, la Pro e i dilettanti, calciatori, arbitri, allenatori e capire come si vuole uscire e che cosa si vuole fare. Quello che ha fatto la Francia prima, la Germania poi, il Portogallo, possono esserci diversi sistemi, però bisogna avere una visione di medio-lungo termine, e poi la disciplina per realizzarla. Su di me presidente, io sto molto bene dove sto adesso, non vedo nessun tipo di cambiamento a breve periodo. Poi dipende cosa vuol dire lungo, una guida di 30 anni non so, nel breve sono molto felice dove sono, abbiamo una continuità da dare al progetto sportivo, abbiamo delle grosse sfide all'interno dell'area commerciale, ho grosse sfide a livello internazionale che mi affascinano, nell'ottica di politica internazionale. Abbiamo tutto il mondo Juve alle spalle da costruire, quindi di sfide ce ne sono ancora molte qua e sono molto motivato per continuare dove sono".
Morata può essere il futuro della Juve, anche in relazione al fatto che il Real ha una sorta di diritto? Istituirete un simbolo da mettere sulla maglia per la decima Coppa Italia?
-"Io non so, forse cerco di spiegarmi meglio. Le domande di calciomercato in generale, vanno rivolte al direttore. Io posso ripeterlo tante volte. Morata oggi è il presente della Juve, quello che sarà il futuro della rosa della Juventus è una domanda da porre al direttore Marotta, a cui ribadisco ancora una volta la piena fiducia da parte mia. Per quanto riguarda la Coppa Italia non apponiamo nulla".
Nel 2011 finiva forse la stagione più nera del millennio, eppure avevate già incominciato la ricostruzione. Quattro anni dopo siete primi in Italia, in finale di Champions. Il disavanzo con le altre squadre italiane è stato colmato e siete andati avanti. Come vedi il disavanzo con le altre avversarie della Juventus? Sembra che la Juventus non ne abbia in Italia. In Europa, invece, un giudizio sulla Fifa. Anche le Federazioni internazionali devono essere gestite da ex giocatori?
-"In Italia cercherei di parlare di Juventus che mi sembra più consono. Riporta alla mia memoria una delle prime interviste che feci nel dicembre del 2010 e l'ultima domanda che mi fu posta, in una fase in cui stavamo lassù, stavamo ragionando su una qualificazione in Champions e altro, era: se non dovessi ottenere successo? La mia risposta è statà: non avrò nessun rimpianto perchè saprò di aver dato il massimo nella Juventus. Noi dobbiamo continuare a dare il massimo, quello che è derivato dal mio ingresso è un'enorme cultura del lavoro. In Juventus, tutti veramente, lavorano tanto, tanto veramente. In ogni area, dalla parte sportivo, alla parte legata ai ricavi, alla parte legata ai servizi, tutti lavorano tanto. E' stato dato un chiaro percorso, sono stati dati dei chiari obiettivi, e questi obiettivi sono stati raggiunti. Negli ultimi quattro anni, nelle varie primavere, eravamo competitivi sempre su quasi tutti i fronti, se pensiamo anche a una semifinale persa, una semifinale di Coppa Italia, ogni anno, anno su anno, c'è stata una crescita del fatturato, del margine operativo, del risultato netto. L'anno scorso abbiamo chiuso con 100mila euro di utile nelle imposte, tornando a temi finanziari. In Italia abbiamo l'Irap che ha fatto sì che la perdita fosse di 6 milioni, ma l'anno scorso la Juve ha chiuso con 100mila euro di utile pre-imposte. Quindi è stato un enorme lavoro da parte di tutti. Io devo continuare a preoccuparmi sono esclusivamente di noi stessi, non mi devo preoccupare di cosa succede fuori dalla Juventus, se non avere la consapevolezza di avere una visione molto chiara, quello che immagino possano o non possano fare, però mi limiterei a commentare quello che è il lavoro della Juventus. Per quanot riguarda la Fifa, credo che in questo momento sia prematuro fare qualsiasi tipo di commento sulla portata degli avvenimenti. Ogni giorno abbiamo qualcosa di nuovo che emerge, quindi dovremo fare una valutazione tra qualche mese per avere un quadro chiaro di quella che è la portata di quanto sta emergendo a livello della federazione internazionale. Sicuramente oggi si può dire che non dà una grande immagine del calcio, questo è sicuro".
Negli ultimi mesi ti sei incontrato con Tavecchio, sia a Roma, sia quando è venuto qui con la Nazionale. Lui stesso ha usato termini differenti: lite temeraria quella per il risarcimento al Tar, ha parlato dello Scudetto 2006. Qual è lo stato dell'arte? Sono argomenti negoziabili?
"Io ho imparato che questo tema non ha più senso affrontarlo, la mia posizione è la medesima di quello che ho espresso in passato".
Stavate studiando le carte della sentenza di Cassazione e quindi volevo chiederle quali fossero i passi successivi. Din questo tesoretto che arriva dalla finale di Champions, quanto andrà in percentuale ad impattare sulla riduzione del debito e quanto verrà investito sul mercato?
"La situazione del nostro debito è una situazione assolutamente sostenibile per la nostra dimensione, è chiaro che è un indicatore che stiamo monitorando. Ad oggi è sostenibile e bisogna evitare di farlo crescere. L'attività sarà sempre svolta con la consapevolezza che la parte prioritaria è la parte sportiva, cioè se noi non riusciamo ad ottenere dei risultati in ambito sportivo, tutto il resto dei discorsi diventano discorsi abbastanza vuoti, perchè l'incremento dei ricavi non può che partire dall'incremento dei risultato sportivi. Quindi l'attenzione all'area sportiva sarà massima, con la consapevolezza che abbiamo tutta una serie di indicatori finanziari da tenere sotto controllo".
Vi sentite isolati nel calcio italiano? Questo isolamente può essere dannoso anche per voi? Siete isolati a livello sportivo, finanziario e politico.
-"Torno alla domanda di prima allora, qual è la progettualità del calcio italiano? Questo a me manca molto nel sistema italiano. Non mik sento isolato, perchè le partite poi si giocano. Siete i primi voi a commentare che il miglior esempio di calcio in Italia in questo momento sia l'Empoli. Se penso alla stagione che hanno fatto, i punti più importanti che abbiamo lasciato per strada, li abbiamo lasciati a Genova, col Parma stesso, avevamo Napoli e Fiorentina in semifinale di Europa League. Quindi la cultura sportiva c'è ed è forte, e devo dire che vincere il campionato italiano è sempre estremamente difficile, quindi non mi sento isolato. La Juventus ha fatto il suo mestiere, ha fatto 87 punti quest'anno, uno deve essere preoccupato se in Italia il campionato si inizia a vincere con 68 punti o 70 punti, ma il nostro mestiere è quello e l'abbiamo fatto bene. Da un punto di vista di visione di insieme, non è che mi sento isolato, è che mi sento in questo momento incapace di riuscire ad influire realmente su quelle che sono le politiche sportive. Continuerò a portare avanti quelle che sono le nostre idee, non le mie, ma sono le nostre idee della struttura, su come dovrebbe essere gestito il calcio. Non sempre trovano la condivisione di tutti e di conseguenza noi continueremo a percorrere la nostra strada cercando di fare assolutamente il massimo all'interno del sistema in cui operiamo. Fortunatamente operiamo in due sistemi, che sono quello Nazionale, ma anche quello internazionale".
Ha parlato di Fiorentina, Napoli e Juventus, tutte proprietà italiane. Che segno stanno lasciando le proprietà straniere per far crescere il sistema calcio italiano?
-"Le società a capitale straniero? Io non ho mai nascosto che la rivalità sul campo con la Roma è forte e non è solo d'attualità, ma è anche storica. Da quel punto di vista, quando ci scontriamo sul campo c'è voglia di prevalere uno sull'altro. Ma con Pallotta mi trovo estremamente in sintonia su quella che potrebbe essere una visione dello sviluppo del calcio italiano. Analoghi sono i ragionamenti che vengono fatto con Thohir, lui ha anche l'esperienza degli sport americani, che hanno un enorme privilegio rispetto ai nostri, che sono a sistema chiuso invece che a sistema aperto, però su quella che dovrebbe essere una visione, un progetto per il calcio italiano, anche con Erick mi trovo abbastanza in sintonia. Si fa fatica ogni tanto a farle passare perchè il capitale non italiano è più interessato a un milione, due milioni in più oggi, che invece due milioni in meno oggi ma dieci in più tra tre anni. Questa è la realtà. Sto cercando di banalizzare, ma questa è la realtà in cui viviamo. Da questo punto di vista non possiamo che continuare a portare avanti le nostre idee con l'auspicio che prima o poi riusciremo a convincere la maggioranza che può esistere, coesistere un calcio italiano migliore di quello attuale e che possa ambire a tornare ad essere il numero uno. I discorsi sul comparto del calcio italiano che è oggi il numero 4 al mondo ed è una buona posizione se comparato con altri comparti dell'economia italiana, lasciano un po' a desiderare se consideriamo che eravamo i numeri uno, ed oggi siamo i numeri 4. Noi per tradizione, l'Italia, deve ambire ad essere il numero uno in questo comparto".
Lei si è mai chiesto durante quest'anno come sarebbe andata, cosa sarebbe successo, cosa ci sarebbe stato di diverso, se il 15-16 luglio non fosse successo niente?
-"Con si se e con i ma non si va da nessuna parte. Ognuno prende atto delle situazioni in cui si trova, che sta vivendo e da lì va avanti, cosa sarebbe potuto essere stato se non fosse successo, diventa una domanda fine a se stessa e che non dà nessuna utilità. Ognuno prende atto di ciò che avviene nella vita e da lì va avanti.
Le interviste, cortesia TuttoJuve.com
Grazie
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