venerdì, febbraio 17, 2012

“ORGANIZZIAMOCI”: LE NOSTRE MOTIVAZIONI (parte prima)

Anche se per qualche tempo non abbiamo fatto sentire la nostra voce, noi di “Organizziamoci” siamo ben decisi a proseguire la battaglia contro chi ha tentato inutilmente di “normalizzarci”, mettendo proditoriamente in discussione il nostro recente passato. Con la stessa determinazione continueremo ad offrire il nostro contributo, “razionale” quanto appassionato, alla società che, con il ritorno di Andrea Agnelli, ha imboccato la strada per riappropriarsi del ruolo da protagonista che la storia le ha assegnato.
Non si ferma quindi la lotta per la verità di “Organizziamoci” che trae, se è possibile, maggior vigore dalla pubblicazione delle motivazioni su Calciopoli.
Motivazioni le cui conclusioni di condanna per Moggi e assoluzione per la Juve sembrano una sorta di compromesso, tra la Dottoressa Casoria e chi, sin dall’inizio del processo, ha fatto pressioni per un verdetto del tutto simile a quello della giustizia sportiva. Resta la sensazione che in un caso si sia condannato e non giudicato, e nell’altro il giudizio sia scaturito dai riscontri oggettivi emersi nel dibattimento. Noi di Organizziamoci vogliamo richiamare l’attenzione dei fratelli bianconeri sulle posizioni di Moggi e della Juventus. In considerazione però dei tanti argomenti, abbiamo diviso il documento in due parti pubblicate distintamente. Oggi ci occuperemo del Direttore e successivamente della Juventus.
Sentenza già scritta per Moggi.
Avendo seguito tutto il dibattimento che ha messo in luce una realtà completamente diversa da quella distorta e spacciata per verità nel 2006, è stato subito evidente che la condanna di Moggi fosse la naturale conseguenza di una sentenza rispettosa della “ragion di stato”, per evitare gravissime conseguenze alle istituzioni (non solo quelle sportive). E il nostro convincimento ha avuto una sconcertante conferma dal Procuratore Generale di Napoli (dottor Lepore), che, dopo la lettura della sentenza, ha spudoratamente dichiarato: “Mai come questa volta non è stata una sentenza già scritta". "Tra noi ed i colleghi ci sono state delle incomprensioni, tant’è vero che siamo stati costretti a due istanze di ricusazione per ristabilire la regolarità del processo”. Dichiarazione che lascia sgomenti, e di cui nessuno ha osato chiedere il significato, ma noi di “Organizziamoci” non abbiamo timore di porre in modo esplicito qualche banale domanda: Esimio dottor Lepore, ci faccia capire a quali incomprensioni si riferisse e cosa intende per regolarità del processo?  Sappiamo bene che non vi sarà risposta, ma proprio l’atteggiamento di chi ignora le istanze di giustizia, eludendo semplici domande, accresce la voglia di ristabilire la verità del mondo bianconero.
Eravamo comunque curiosi di conoscere su quali basi il collegio giudicante avesse emesso, condanne tanto dure da lasciare perplessi anche i più accaniti detrattori di Moggi.
Ebbene la lettura delle motivazioni ci ha lasciato basiti e confortati allo stesso tempo. Basiti perché i ripetuti riferimenti a un’esagerazione con conseguente ridimensionamento delle accuse è, a nostro avviso, il logico presupposto per ben altre conclusioni. Evidentemente, interventi “esterni” (vero dottor Lepore ?) hanno pesantemente condizionato la Dottoressa Casoria, costretta, anche da iniziative plateali, come le due ricusazioni, a piegarsi, rispettando così interessi “superiori”.  Confortati perché aumenta la nostra convinzione che in Appello la sentenza possa essere, se non completamente ribaltata, ampiamente ridimensionata. E non lo sosteniamo perché siamo juventini, ma semplicemente perché è scritto nelle seicento pagine che dovrebbero spiegare i motivi della sentenza. Oltre al già citato ridimensionamento delle accuse, i giudici riconoscono che: quel che faceva Moggi era una prassi comune a tutti (anche quelli non imputati), le difese sono state in qualche misura ostacolate, vi è stato una sorta di accanimento verso il Direttore, con indagini parziali, a senso unico e reati provati al limite della sussistenza. Inoltre, la condanna per il capo d’accusa principale, l’associazione per delinquere, di cui Moggi è individuato come capo, seppur ispirata dalle sentenze sportive, è supportata con elementi molto deboli, come le tante chiacchiere, le telefonate al processo di Biscardi e i contatti con SIM straniere; fatto pregnante per i giudici, anche se provato, per loro ammissione, con un metodo artigianale. Vane sono definite le parole di alcuni testimoni dell’accusa e addirittura da presa in giro le risposte di Manfredi Martino (quello del colpo di tosse, di Bergamo).  Argomenti quindi estremamente deboli che il collegio giudicante cerca di rafforzare con qualche esilarante considerazione, come quella che si può leggere alla pagina 459: «Non rileva che la cooptazione abbia realizzato più che altro un effetto scenico, di mera apparenza, poiché anche l’apparenza può generare la condizione di potere e l’assoggettamento all’autorità per tal via creata. Giustificazioni dunque deboli e ai confini del ridicolo, a sostegno di condanne, è bene ricordarlo, per reati di tentativo ai limiti della sussistenza (lo scrivono i giudici). In realtà veri assist per le difese che certamente ne faranno buon uso nel processo di secondo grado.
“Organizziamoci”, come sempre, sarà al fianco di Luciano Moggi, fino a quando giustizia non sarà fatta.
           
Roberto Calabrone

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