lunedì 27 luglio 2020
di Riccardo Gambelli
UN ULTIMO SFORZO
Domenica 30 aprile 2006, nel tardo pomeriggio, un noto
giornalista del TG5, tifoso interista, annunciò, con il ghigno dei
perfidi, che sarebbero state divulgate le intercettazioni tra un
importantissimo dirigente calcistico ed i vertici arbitrali, le quali
avrebbero potuto avere conseguenze terribili, sia per il dirigente in
questione, sia per la famosa società dove esso militava.
Quel pomeriggio la Juventus
aveva vinto a Siena per 3-0, e stava iniziando il percorso, organizzato
perfettamente da qualche ‘burlone’, che ha stravolto la storia
calcistica moderna e della squadra più blasonata d’Italia.
Quel pomeriggio iniziò la
costruzione di un vero e proprio circo, chiamato Farsopoli, nel quale
iniziarono a lavorare personaggi assetati di sangue bianconero,
soprattutto pagliacci multicolori.
All’interno si potevano trovare anche padiglioni ricchi di giochi, come il tiro al bersaglio. Le facce da colpire, con barattoli e proiettili di piombo, erano famose perché facevano e fanno parte della storia bianconera, autori di successi sul campo memorabili. Un circo che non potrà mai essere demolito, e farà parte della storia contemporanea, perché ha spazzato via la dignità di 14 milioni di tifosi, ed ha macchiato per sempre lo stemma di un club che “ha sempre vinto sul campo”, anche durante il biennio 2004-2006. In quei due anni potemmo ammirare la Juve più forte di tutti i tempi, che vinceva le partite con lo ‘sguardo della tigre nei corridoi degli spogliatoi, solo fissando gli occhi degli avversari’ (cit. Camoranesi).
Una squadra impressionante,
una formazione fatta di campioni stellari, unici, che avrebbe vinto
ancora, probabilmente per un decennio.
Ecco che allora doveva essere fermata in tutti i modi, doveva essere arginato quel fiume di potenza calcistica, capace di oscurare ed affossare qualsiasi concorrente; quella squadra doveva essere abbattuta per sempre, insieme ai suoi dirigenti, bravi nel costruire compagini fortissime, non alterando i bilanci di fine anno.
Solo il tempo ha narrato ai posteri che si è trattato di una ‘farsa’, un omicidio sportivo frutto di odio
di interessi economici pazzeschi,
e del volere popolare, con il sogno della Juve distrutta per sempre. Ma i circensi non avevano fatto i conti con la verità e con la storia di un club.
La prima, la verità, è
riuscita a materializzare tante intercettazioni di un club meneghino
capace di indossare uno scudetto non suo, e di festeggiarlo addirittura
con uno smoking bianco in segno di pulizia.
Lo stesso procuratore
Palazzi alla fine fu costretto ad ammettere che l’Inter fu autore di
‘illecito sportivo, salvata soltanto dalla prescrizione”.
La conferma di uno scandalo senza precedenti, con una persecuzione a senso unico verso una squadra, un dramma sportivo furioso, il quale ha demolito essere umani, che la giustizia ordinaria e sportiva ha riabilitato, purtroppo, solo in grave ritardo.
I circensi, dunque, oltre alla verità, non avevano fatto i conti con la storia di un club e con un componente della famiglia Agnelli, Andrea, meravigliosamente innamorato dei colori bianconeri e grande conoscitore della verità.
Lui è figlio di Umberto, colui che aveva assunto e voluto fortemente Moggi e Giraudo, i capi di una suddetta ‘associazione a delinquere’, composta soltanto da loro due, come ha poi dimostrato il processo di Farsopoli, assolvendo giustamente tutti quanti gli altri indagati.
Umberto era il fratello più razionale, Gianni quello più sentimentale.
Ci voleva Umberto per
capire, nel 1994, che solo Luciano Moggi poteva riportare la Juve
sull’olimpo del calcio. Accanto gli piazzò Giraudo, un manager di
altissimo valore, perdonandogli anche il suo passato da tifoso granata.
In Umberto trionfò la razionalità ed il pragmatismo, per fortuna,
scegliendo Moggi e Giraudo.
I due, insieme alla bandiera juventina Roberto Bettega,
riuscirono a ricoprire di gloria i
colori bianconeri dopo nove anni di dominio milanese e napoletano,
trionfando in tutte le competizioni e in tutti i campi con i bilanci
sempre a posto.
Andrea, dunque, aveva
respirato quell’aria di grande competenza, sia sportiva, sia
manageriale, e così da quando prese il comando con la presidenza della
Juventus non ha mai potuto perdonare al ‘Palazzo del Calcio’ il tentato
omicidio della sua amata, decidendo e promettendo a tutti i tifosi anni
di trionfi.
Ero presente alla sua prima
assemblea azionisti, al Lingotto: aveva lo stesso sguardo di Camoranesi
nei corridoi degli spogliatoi, prima di entrare in campo, quello della
tigre.
La Juventus ieri ha cucito sulle maglie il 38esimo scudetto della sua storia, ma soprattutto, il nono consecutivo, mitologia vera e propria, un risultato frutto di programmazione ed immensa competenza, raggiunto con ben tre allenatori diversi, anche nello stile e nel loro credo calcistico.
Questo sta a dimostrare che alla base occorre sempre una società forte, come quella sabauda, capace in nove anni di diventare anche un team europeo, tra i primi dieci club al mondo come popolarità e merchandising. Una società proprietaria di uno stadio gioiello, di un centro medico di eccellenza, e di centro sportivo da sogno, chiamato La Continassa.
Andrea, come il sottoscritto, è cresciuto con il mito dello scudetto, quel tricolore sul petto cucito ininterrottamente da nove anni sulla maglia della squadra, tanto che i bambini nati nel 2012 ritengono quel triangolo bianco, rosso e verde lo stemma della società.
Scopriranno ed impareranno, invece, che quel simbolo va sudato e meritato sul campo, e non viene vinto mai per caso, ma dopo un torneo lunghissimo, dove trionfa sempre la più forte.
Godiamoci allora questo irripetibile periodo, godiamoci questo nono scudetto consecutivo, anche se arrivato alla fine di un campionato anomalo, frutto di sofferenza per tutta la società mondiale, che ha dovuto combattere contro un nemico invisibile chiamato Covid 19.
Un campionato giocato per un terzo senza pubblico, l’essenza di una partita di calcio, ogni tre giorni, e con la paura di nuovi contagi.
Ma alla fine un vincitore ci doveva pur essere, ed è stata di nuovo la Vecchia Signora a trionfare di nuovo, per la nona volta consecutiva, roba da far invidia al campionato gallese o finlandese.
Invece stiamo parlando del campionato italiano, uno dei più importanti e difficili del mondo.
Così, sperando vivamente anche in futuri successi europei, godiamoci l’ennesimo tricolore in attesa del prossimo.
Nel luglio 2006 dissi e scrissi che per i due scudetti revocati ne occorrevano dieci di fila:
forza Juventus, UN ULTIMO SFORZO!
CI STANNO GIA' LAVORANDO.