lunedì, febbraio 12, 2007

NEL FANGO DEL MONDO ULTRAS: IMPUNITA' E' LA LEGGE ULTRA' DELLE SQUADRE DI MILANO

I capi dei tifosi invitati dal club rossonero alla cena di gala per lo scudetto nel 2004 
Patto nerazzurro per il controllo della curva: una chiamata e sparisce la croce celtica

MILANO - Il capo dei Commandos, qualche anno prima, nonpoteva entrare allo stadio. Però alla festa del Milan campione d’Italia, nel 2004, aveva un tavolo accanto a quello del presidente Berlusconi.

«Noi siamo soliti festeggiare con la nostra famiglia allargata», dice la società. Una definizione che comprende sia il presidente della Regione Formigoni e l’allora sindaco di Milano Albertini, sia una quindicina di ultrà esponenti dei Commandos, delle Brigate Rossonere, e della (oggi sciolta) Fossa dei leoni.

Un frammento dei rapporti pericolosi che Inter e Milan intrattengono con i «cattivi» delle curve. Rapporti leciti,ma alla base di un giro d’affari da milioni di euro, della gestione di un potere su migliaia di ultrà, e di un meccanismo di ricatto più o meno latente verso i club. Che negli ultimi mesi è sfociato in una tentata estorsione ai danni dei rossoneri. Concolpi di pistola e un pestaggio.

*Equilibrio sottile
Rapporti a rischio. I capi ultrà viaggiano spesso sugli stessi charter che portano i giocatori e i dirigenti. «Ma volano a loro spese», fanno sapere da Milan e Inter. Entrano negli spogliatoi di San Siro e nelle aree vip.

Perché i leader della curva possiedono pass nominali, con tanto di foto per «muoversi liberamente in ogni settore dello stadio, compresi gli spogliatoi dei giocatori » (deposizione di un dirigente del Milan).

Lostesso succede per l’Inter.Avolte, i legami diventano lavorativi. Come per un esponente di Alternativa rossonera, impiegato in un ufficialissimo Milan point. Infine, sul sito delle Brigate rossonere Gilardino, Inzaghi, Kakà e Gattuso mettono gratuitamente a disposizione la loro (costosa) immagine per pubblicizzare magliette, cappellini e felpe del gruppo. Fin qui, niente di illecito.

Solo la prova di una certa contiguità tra le società e i gruppi di tifosi più estremi. Di contatti che vengono considerati inevitabili. E da coltivare: servono a «responsabilizzare» i capi dei tifosi, con il risultato «di essere una delle squadre meno sanzionate in Europa e in Italia», come chiarisce un responsabile del Milan in un verbale della Digos. Il fatto è che l’equilibrio è fragile. E il confine tra rapporto corretto e complicità sottile.

*Il patto nerazzurro
Quindici maggio 2005, a San Siro si gioca la partita Inter-Livorno. In curva Nord, quella nerazzurra, compare una croce celtica. Sventola per pochi minuti, poi viene ritirata.

Cosa è accaduto? Un responsabile della polizia ha avvertito un referente della curva, che ha girato immediatamente l’ordine: «Fate levare quella roba». Il magistrato che ha indagato sugli ultrà interisti parla di collaborazione «efficace».

È il sistema nerazzurro, per come è stato ricostruito dagli investigatori. Funziona così: concessione di benefici «limitati» ai capi-curva in cambio di una sorta di «servizio d’ordine». Il tutto sotto la supervisione della polizia, che però non compare mai sugli spalti.

L’Inter assicura cinquanta biglietti omaggio «consegnati a Franco Caravita (leader della curva Nord, ndr) e da questi gestiti con successiva distribuzione » ad altri esponenti degli ultrà.

La contropartita, per l’immagine e per le casse di una società di calcio, è enorme: una curva calma, niente guerriglia urbana (rarissima fuori da San Siro negli ultimi anni), poche multe per incidenti e lancio di fumogeni.

Ma come: si tratta con i «cattivi»? Ci si affida a loro per il servizio d’ordine, anche se alcuni hanno precedenti penali? E qual è il limite di questi accordi?

La risposta l’ha data il pm Fabio Roia chiedendo l’archiviazione dell’indagine sul lancio di fumogeni che portò all’interruzione del derby di Champions del 12 aprile 2005:

«È evidente come questa intesa possa suscitare qualche perplessità sotto il profilo etico e della eventuale prospettiva investigativa, ma la gestione dell’ordine pubblico in situazioni di particolare complessità comporta una visione ampia e flessibile del problema».

Un pragmatismo efficace da un lato, ma che dall’altro rappresenta una sorta di resa del sistema calcio: le società sono i «soggetti deboli» per il principio della responsabilità oggettiva (le intemperanze dei tifosi si pagano con multe e squalifiche del campo); polizia e carabinieri non entrano mai nelle curve di San Siro per evitare «possibili provocazioni», e un anello chiave della sicurezza sono gli ultrà stessi.

Viene da pensare: ma cosa succede negli stadi italiani se questo modello, come accertato dopo mesi di indagine, è il risultato della «bonifica culturale» del presidente Moratti? Se il calcio è una macchina da soldi, 3 per cento del Pil, le curve tentano di ritagliarsi la propria fetta. Il tifo che diventa mestiere.
Il giro d’affari

Primo: i biglietti per le trasferte. Di solito le società li vendono ai rappresentanti della curva. Niente di illecito. Ma questo cosa comporta? Uno dei capi ultrà del Milan ha ammesso di rivenderli a 2-3 euro in più. Ed è il primo ricarico.

Sui biglietti si fonda poi l’organizzazione dei viaggi: pullman e treni per le trasferte più vicine, aereo per quelle distanti. I curvaioli comprano il pacchetto completo. Che comprende, ovviamente, altri ri carichi.

 Moltiplicando per le 18 trasferte di campionato, più quelle di coppa Italia e di Champions, alle quali partecipano in media, per le squadre milanesi, tra le mille e le 4 mila persone, si scopre che una stagione calcistica può fruttare 5-600 mila euro.

Sottobanco poi, è un’altra storia: biglietti regalati, venduti sottocosto o pagati in modo dilazionato.
Per l’Inter la magistratura ha escluso questa prassi, sul Milan (come parte lesa in un tentativo di estorsione da parte di gruppi ultrà) c’è un’indagine in corso.

«Ma per società molto importanti - spiega Maurizio Marinelli, direttore del Centro studi sulla sicurezza pubblica - l’omaggio può arrivare anche a un migliaio di biglietti». I

In questo caso gli introiti per gli ultrà-affaristi si moltiplicano. «I capitifoseria hanno un potere enorme - aggiunge il procuratore capo di Monza, Antonio Pizzi, che ha condotto l’inchiesta oggi passata a Milano -. Ricattano le società che forniscono loro biglietti sottocosto o in omaggio.

Il giro d’affari per una curva è nell’ordine di milioni di euro».A questo fiume di soldi bisogna aggiungere gli aiuti per le coreografie (negati dalle società) e la vendita dei gadget: cappelli, felpe, magliette.

Questa è la montagna di soldi da spartire. Che non arriva a tutta la curva, ma nelle tasche dei pochi che comandano. Conseguenza: i capi degli ultrà milanesi pensano più agli affari che alla violenza.

Ma appena gli equilibri si spostano, c’è qualcuno che per entrare nel business è pronto sparare. È quel che sta succedendo intorno a San Siro.

*La tentata estorsione
Nell’autunno 2005 si scioglie, dopo 37 anni, la Fossa dei Leoni. È un gruppo storico del tifo rossonero, ma ha due macchie: è l’unico rimasto di sinistra e non risparmia le critiche alla società. La ragione dello scioglimento sembra tutta da cercarsi dentro il codice d’onore ultrà: i Viking juventini hanno rubato lo striscione alla Fossa, che per la restituzione ha chiesto la collaborazione con la Digos. Questa storia è anche un pretesto. In realtà, c’è già un nuovo gruppo, di destra, che sgomita per la leadership: i Guerrieri ultras.

I Guerrieri si sarebbero alleati con le Brigate Rossonere. I Commandos vanno in minoranza. E pagano.«I nuovi cominciano a sgomitare. In duedirezione: per guadagnare spazio nella curva e per ottenere il riconoscimento dalla società.

Che consente di partecipare al giro d’affari» spiega un investigatore. Così, l’ottobre scorso, due uomini in moto sparano alle gambe di A. L., 32 anni, esponente dei Commandos, davanti a un supermercato di Sesto San Giovanni.

Il 25 gennaio, un altro leader dello stesso gruppo viene picchiato fuori da San Siro da sette persone (due sono state arrestate e stanno per andare a processo). È conciato così male che ancora oggi non si sa se ce la farà.

Intanto, i Guerrieri chiedono biglietti alla società. Forse anche abbonamenti. Ma il Milan, per due volte, rifiuta. E, combinazione, subito dopo per due volte dalla curva piovono fumogeni: Milan - Lilla, 6 dicembre, e Milan -Torino, 10 dicembre 2006.

Il Milan annuncia una linea più dura: taglia i pass. Galliani va in procura a Monza, che nel frattempo ha indagato dieci ultrà:«Ma non sono io che mi occupo di queste cose». Non c’è stata nessuna denuncia.

La procura è arrivata alla tentata estorsione indagando sulla sparatoria. «Nei nuovi gruppi di ultrà-rivela un investigatore - ci sono molti delinquenti comuni, con precedenti per spaccio e rapine». Sicuri che valga la pena tenerli in famiglia?
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Assolutamente si! Tronchetti (e "moratti") volle fortissimamente volle, il BOSS impose lo Stop, la Procura ubbidì!


 SPEDITA  ALLE  ISTITUZIONI DEL CALCIO, ALLE PROCURE DELLA REPUBLICA DI:  MILANO, TORINO E ROMA; A TESTATE NAZIONALI E INTERNAZIONALI, IL 12 FEBBRAIO  2007 AGLI INDIRIZZI E'MAIL SOTTO ESPOSTI. 
SERVIRA' A QUALCOSA? CERTO CHE NO. MA A ME, NULLA TOGLIE!
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 Tribunale di Milano, la piu' potente Loggia Massonica in Italia Milan squadra del Pduista & Inter squadra della CASTA e' tutti i delitti perpetrati da Adriano Galliani-Tronchetti Provera & Massimo moratti, vengono insabbiat1! 
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Bombe e petardi. Svastiche e cori razzisti. Coltelli e spranghe. Un nemico comune: il poliziotto. E una certezza: quella di farla sempre franca
 Costa troppo poco il tiro a bersaglio contro il poliziotto. Filippo Raciti, l'ispettore ucciso da un colpo al fegato venerdì 2 febbraio durante gli scontri con gli ultras del Catania, lo diceva spesso ai suoi colleghi: "Uno rischia la vita per prendere questi pazzi che ti tirano le bombe, li porta dal giudice e quello che fa? Li scarcera il giorno dopo". Nella sua lunga carriera Raciti aveva visto troppi ultras uscire di galera e troppi colleghi entrare in ospedale. Eppure, a 38 anni, con moglie e due figli, non si era mai tirato indietro. Tanti arresti, tante testimonianze, i suoi colleghi ora si chiedono se ne valesse la pena: "Tutti gli ultras che Filippo ha arrestato, oggi sono in libertà". L'ultima volta è accaduto il 10 dicembre del 2006. Un tifoso catanese individuato dopo la partita con l'Udinese è stato processato per direttissima per resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Raciti con la sua testimonianza era stato decisivo, ma il tifoso ha patteggiato ed è uscito dall'aula libero con un sorriso di scherno sul volto.

"Lo Stato", accusa il segretario dell'Associazione funzionari di polizia Giovanni Aliquò, "ci lascia soli. Il poliziotto è in prima linea, esegue gli arresti e testimonia al processo. Gli altri scarcerano, concedono i domiciliari e i patteggiamenti con larghezza. Così il poliziotto diventa l'unico nemico da abbattere. Non c'è certezza della pena e il sacrificio dei miei colleghi è vano". Se si guarda l'esito dei casi più celebri è difficile dargli torto.

Prendete la vicenda che più impressionò l'opinione pubblica, quella di Vincenzo Spagnolo, il tifoso genoano morto nel 1995 davanti allo stadio di Marassi. Spagnolo si accasciò in una pozza di sangue dopo essere stato colpito al cuore da una coltellata di un ultrà milanista, Simone Barbaglia, condannato a 14 anni. Barbaglia sarebbe dovuto uscire nel 2010, ma grazie all'indulto è già fuori. Oggi ha 29 anni, allora era appena maggiorenne. Secondo i pm, fu influenzato dal leader del suo gruppo, Carlo Giacominelli, 31 anni, detto 'il chirurgo' per l'abilità nel maneggiare il coltello. Barbaglia al processo spiegò: "Avevo paura, ma l'idea di scappare davanti a Giacominelli mi era insopportabile. Se avessi estratto il coltello, come ho fatto, gli avrei dato invece una dimostrazione di coraggio. E io all'opinione di Carlo ci tenevo". Giacominelli ha patteggiato due anni per rissa: ha scontato tre mesi e si è rifatto una vita. Oggi è un affermato commercialista, consulente fiscale per la Lega Nord. Il 18 novembre scorso era sul palco di un convegno organizzato dall'associazione delle donne padane accanto a Michela Brambilla, il presidente dei giovani di Confcommercio tanto amata da Berlusconi. 'La Padania', il giorno dopo pubblicava le sue riflessioni sulla manovra fiscale del centrosinistra. "Non li perdonerò mai", ha detto il padre di Vincenzo Spagnolo, "perché non si sono pentiti". Ma lo Stato ha la memoria più corta dei familiari.

Lo dimostra anche la storia di Luca Milione: ultrà della Salernitana, è stato arrestato il 25 gennaio scorso dopo gli scontri del derby con l'Avellino. Secondo la Digos, è lui il ragazzo a volto coperto ripreso dalle videocamere mentre apre il varco dei disabili per far passare gli ultras, lancia bottiglie e inveisce contro la polizia. Milione era già stato coinvolto nel 1999, quando aveva solo 17 anni, in uno dei fatti più gravi della storia del calcio violento: il rogo nel quale persero la vita quattro ragazzi sul treno che riportava a casa i tifosi della Salernitana da Piacenza. Nel 2003 Milione era stato condannato, ma è rimasto nel carcere minorile di Nisida solo un anno per passare poi ai servizi sociali e infine all'obbligo di firma. "Cosa deve fare un ultrà per restare in galera?", chiede un poliziotto di Salerno che vuole restare anonimo e che ricorda con sconcerto la triste storia di Francesco Lo Grande, un ispettore che faceva lo stesso lavoro di Raciti e che per un miracolo non ha fatto la sua fine. Lo Grande, nel giugno del 2005 era in servizio alla partita tra Cavese e Juve Stabia, con il compito di separare le due tifoserie indiavolate. A un certo punto il poliziotto è scivolato sulle gradinate: in un lampo un ultrà della Cavese, Geraldo D'Amore secondo la Polizia, ne ha approfittato per sferrargli un calcio sul volto. L'osso del cranio ha ceduto, Lo Grande è rimasto a terra, la visiera del casco insanguinata e la faccia schiacciata sul cemento freddo. Intanto un altro ultrà, Salvatore Apicella, gli ha sfilato lo sfollagente per colpire i poliziotti che tentavano di soccorrere il collega. Lo Grande è rimasto paralizzato, ha dovuto lasciare la polizia e resterà inabile per sempre. Apicella, detto 'Cocaina', ha patteggiato il reato di favoreggiamento mentre D'Amore, detto 'Dino lo schizzo', è indagato per lesioni gravissime, ha fatto sei mesi di arresti domiciliari, ma ora ha solo l'obbligo della firma.

Un altro caso celebre è quello del lancio del motorino dall'anello dello stadio di San Siro nel 2001 durante la partita Inter-Atalanta. Per quel gesto di follia collettiva che poteva finire in tragedia sono stati condannati in nove: oggi sono tutti liberi. Avevano ricevuto una condanna lieve e la diffida ad andare allo stadio, scaduta un anno dopo. Uno di loro, il falegname Matteo Saronni, nel 2003 è stato nuovamente condannato per lancio di oggetti durante Juventus-Inter. Nel 2005 è stato riarrestato per gli incidenti che hanno portato a interrompere il derby Inter-Milan. Era sospettato di avere lanciato il razzo che colpì il portiere Dida, ma è stato assolto con formula piena.

Resta un dato: gli ultras coinvolti in episodi gravissimi tornano con grande facilità nelle curve, circondati dall'ammirazione degli altri. Anche i tre tifosi che hanno 'convinto' il capitano della Roma Francesco Totti a non giocare il derby del 2004 (contro il parere del Questore) sono stati appena scagionati dalle accuse più gravi. I magistrati avevano ipotizzato l'associazione a delinquere, ma ora è rimasta in piedi solo una contestazione: lo scavalcamento della recinzione. Pagheranno una multa e torneranno allo stadio da eroi. 
 
IL BRACCIO ARMATO DEI POTERI OCCULTI: IL POLTRONISSIMO FRANCO CARRARO -  I CORRUTTORI: TRONCHETTI & MASSIMO-MINIMO - SILVIO & ADRIANO - 
IL FRATELLO SCARSO (giancarlo) DEL BANCHIERE MASSONE-LUIGI ABETE
 E I SICARI: PALAZZI & BORRELLI

ZACCONE PRIMA - RUPERTO POI - IGNOMINIA -XTUTTI

FONTE FORUM LA STAMPA

ZACCONE PRIMA - RUPERTO POI - IGNOMINIA -XTUTTI
KEFFUY
QUI JUVENTUS - "Il nostro obiettivo è evitare la retrocessione e ridurre il tutto all’articolo 1...". È stato questo il commento di uno degli avvocati della Juve, Cesare Zaccone, poco prima di entrare allo stadio Olimpico. "Siamo fiduciosi di poter far valere le nostre ragioni", ha detto il legale dei bianconeri prima di allontanarsi definitivamente. Dopo la sospensione del processo, ha affermato: "Il fatto che i giudici siano molto attenti non ci può far altro che piacere".
"Non me ne intendo di giustizia sportiva, ma non c’è alcuna responsabilità della società. Siamo a livello di intenzioni o millanterie - ha dichiarato Franzo Grande Stevens, presidente uscente della Juventus - L’unica decisione finora è stata quella della Procura di Torino che ha detto che non vi è stato alcun illecito", ha concluso Stevens. (fonte bloo.it)-------------------- Giudice Calabrese Ruperto, meridionalista convinto è un po all'antica, ogni tanto si toglie un sassolino dalla scarpa sui Giudici Polentoni(per lui tutti quelli a nord di Roma sono polentoni). Si diverte come un ragazzino a deridere l'avvocato Zaccone, al quale assegna innumerevoli appellativi(?), da Mandrìn a, u spadaccinu, da Arlecchino a D’Artagnàn, ecc ecc. L'ultimo, in riferimento a calciopoli: l'avvocato delle cause perse. Secondo l'ottuagenario Ruperto, la proprietà avrebbe messo Zaccone in una posizione da farlo diventare lo zimbello del mondo giuridico, in quanto doveva fare finta di difendere la Juventus. Sono arciconvinto, che i padroni volevano la Juve in Serie B per poter regalare lo scudetto a Moratti: noi della corte dovevamo stare al gioco, diceva a un amico d'infanzia di Monterosso Calabro(paese a un tiro di schioppo da Filadelfia, il paese natale di Ruperto), hai mai sentito che il Giudice di un processo ha chiesto all'avvocato di un accusato di aver commesso un crimine: secondo te che pena gli debbo assegnare, e lui invece di difendere il suo assistito risponde, l'ergastolo sarebbe una pena congrua. Ma lo sai che se la juventus non voleva difendersi bastava che lui non mi rispondesse ed io avrei dovuto accettare la richiesta di Palazzi, e lo scudetto 2005-2006 restava alla juve, garantito. Mi spiego meglio Palazzi aveva chiesto di "assegnare" la Juve ad un campionato di C, questo significa che tecnicamente non sarebbe retrocessa, per cui in classifica 2005-2006 sarebbe rimasta prima, e sarebbe non iscritta nel 2006-2007 in serie A ma ad alto torneo. Poi in appello magari avrebbero ottenuto la serieB,anzi ne sono certo, Ma visto che su 2005-2006 non c'erano nemmeno sospetti di nessun genere, non ci sarebbe stato motivo di revocare lo scudetto, e men che meno assegnarlo all'Inter. Invece con la richiesta, lo spadaccino ha ottenuto: retrocessione all'ultimo posto nel campionato 2005-2006 e quindi perdita del titolo, perdita CL e serie inferiore in un colpo solo. Hanno accettato passivamente la dura condanna, per poi annunciare un ricorso al Tar che puzzava di finto lontano un miglio. Ma è qui dove casca l'asino, quelli di Torino dovevano avere un piano diabolico per dare lo scudetto all'Inter. Se avevo 20 anni di meno lo avrei scoperto, magari avrei fatto un trucco all'arlecchino polentone e melo avrebbe detto lui. Ma tu lo sai che se d’Artagnan non chiedeva la pena congrua non perdevano neanche la Champion League? P.S. Ruperto calcisticamente ha tante simpatia. Da meridionale sentimentale, il Primo sentimento è per il Torino di Superga (fonte i Forum di YAHOO!)
ECCOVI TUTTI ACCONTENTATI sui vizi e stravizi della fame di protagonismo e di ignobile sete di potere della nostra nuova proprieta': La JUVE e' morta perche' questi signori l'hanno uccisa. Mi vergogno per fino a parlarne. Un abbraccio a tutti con l'amaro in bocca e la piu' buia tristezza nel cuore: Forse non parlero' piu' di calcio. - pierol@alice,it
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ZACCONE RIABILITATO DA RUPERTO
KEFFUY
Allora era vero quello che si va dicendo da mesi su questo forum (e Dio sa quante volte l'ho scritto) che il nostro carissimo ZACCONE e' sto inviato a Roma con il barilotto al collo pieno di barbera e con il pizzino (foglietto) legato al piede come il piccione viaggiatore della nuova proprieta'.Ora si capisce anche della nuova dirigenza perche' e' cosi' insipida e prona. Per la nuova societa' bastava fare il numero e spendere il giusto,i cervelli che si intendono di calcio non servono,basta fare il club "simpatia". Fessi che siamo,ci siamo cascati tutti anche se il dubbio superava l'evidenza. Questa gente ha una sola fortuna che i tifosi della JUVENTUS non sono quelli di altre societa'. Basta non dico altro perche' direi troppo. Ragazzi e ragazze come voi non meritano certamente queste vigliaccate,ma state certi che c'e' un tempo per piangere e un tempo per sorridere. AUGURONI. - pierol@alice,it

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AGGIUNGO IO
Se la proprieta' ha incluso nel nuovo Cda Tardelli, che dopo la sua comparsa e' umilizioni nell'inter, non ha mai rilasciato una dichiarazione favorevole alla Juventus, anzi durante una Domenica Sportiva in cui Mazzocchi sparlava della Juventus, e' dovuto intervenire Fulvio Collovati a difenderla per poi rimproverare (tardivo) Tardelli: comw! devo essere io a difendere la Juve, e' tu che ci fai qui? <<>> Per testimonianza conservo la registrazione! E' ha incluso il TIFOSO della fiorentina...Gian Paolo Montali; che veniva invitato da Rai international al programma per gli Italiani all'estero La diostra Dei Gol.... solo per sparlare male della Juventus. Per conferma; chiedere le registrazioni alla Rai. Oppure a Ignazio Scardina!

P.S. Carlo Brienza e' quello della frase ironica.(...?). tra me, Cucci, D'Amico e Montali la Juve ne esce con le ossa Rotte, E' vincenzo D'amico che in mondo visione dice..... mmm io odio la Juve

POSSA LA MALEDIZIONE TERRENA ABBATTERSI SULLA FAMIGLIA ELKAN E' TUTTI I RESPONSABILI DEI DANNI E' DEL DISONORE PROCURATI ALLA NOSTRA CARA VECCHIA SIGNORA JUVENTUS....MALEDETTI!!!!!!!!!!!

Francesco Mario I

CALCIOPOLI o FARSOPOLI??? ....

CALCIOPOLI o FARSOPOLI??? ..........

Questa è una ricostruzione della vicenda che, anziché attingere dalla versione propinata in tutte le salse dagli organi di informazione di regime (capitanati dalla Gazzetta dello Sport), prende forma da quello che è il materiale che ha selezionato la nostra redazione.

Un materiale che non necessariamente è cartaceo ma che spesso è frutto di confidenze, sfoghi, rivelazioni riservate di personaggi vicini a dirigenti attuali e del passato; ma anche degli umori della gente, dei tifosi più veri, quelli che hanno pagato con la moneta più pesante, e cioè la loro passione.

Una continua ricerca di indizi, conferme, segnali, che ha caratterizzato a volte anche in maniera ossessionante gli ultimi mesi della vita del nostro staff.

Forse quella che abbiamo ricostruito non sarà la verità perfetta, ma gli si avvicina. E’ certamente più attendibile della menzogna perfetta con la quale hanno esiliato la Juventus in serie B. Abbiamo provato a ricostruire la vicenda perché ci siamo accorti che molti, moltissimi tifosi della Vecchia Signora, che per vari motivi non hanno potuto accedere a tali informazioni, hanno formato la loro opinione solo sulla base di un giornalismo becero ed antijuventino.


PROLOGO – C’era una volta la FIAT….. o meglio c’è la FIAT. Nel senso che attualmente la nostra gloriosa industria automobilistica sta vivendo nuovamente un periodo brillante, frutto di una decisa sterzata in termini di politica commerciale e di management.

Questa rinascita sa quasi di miracolo perché fino a pochi mesi fa la FIAT era una azienda talmente in crisi che si parlava chiaramente nella migliore delle ipotesi di vendita se non addirittura di portare i libri in tribunale.

Le Banche, spinte dal governo Berlusconi, erano state costrette a sostenere ancora una volta i conti del Lingotto con una operazione di finanziamento particolare chiamata prestito convertendo; in pratica, giunto alla scadenza nell’autunno del 2005 , questo prestito avrebbe, di fatto, consegnato la FIAT nelle mani delle banche, estromettendo gli Agnelli, capitanati da John Elkann e riducendoli a soci di minoranza.

Le stesse banche avrebbero poi provveduto a liquidare le attività rivenienti attraverso uno bello spezzatino. Nello spezzatino, si noti bene, era compresa anche la Juventus. Non direttamente, in quanto controllata da IFIL, ma coinvolta comunque, in quanto, successivamente ad una ipotetica uscita di scena degli Agnelli dalla Fiat, sarebbero stati messi a dura prova i delicati equilibri che ancora oggi uniscono i vari rami della discendenza per il controllo dell’Impero Fiat.

In vista di questa possibilità si paventa l’ipotesi che Giraudo, su preciso input di Andrea Agnelli stesse organizzando una cordata per rilevare la JUVENTUS, acquistando le quote di proprietà IFIL con la collaborazione finanziaria di alcuni sponsor industriali e di non precisati finanziatori inglesi. Ovviamente Andrea sarebbe stato il Presidente, Moggi il Direttore Generale.

Allo studio c’era un faraonico piano industriale che probabilmente avrebbe fatto della JUVENTUS la squadra numero uno al mondo per molti anni.

Questo era lo scenario. Ma ecco il colpo di scena. Gli Elkann sempre a quanto riportato dai giornali dell’epoca, riescono a neutralizzare il golpe orchestrato dalle banche attraverso una ardita operazione finanziaria, chiamata Equity swap, che di fatto consentirà loro di mantenere il controllo della FIAT. A questo punto partono i regolamenti di conti tra cui anche quello sulla Juventus.

Ma non doveva finire così. I patti non erano questi. Quando alla fine del 1993 l’Avv. Gianni Agnelli accetto l’aiuto di Mediobanca e di Cuccia per risollevare le sorti della FIAT, piombata in una delle crisi più gravi della sua storia, dovette accettare un compromesso che pochi conoscono. Per far fronte alla pesante situazione finanziaria dell’Azienda fu varato un maxi aumento di capitale e fu imposto l’ingresso nel capitale di nuovi soci “importanti” tra cui Deutsche Bank e Generali.

Ma non solo. Il vero prezzo che l’Avvocato dovette pagare fu la promessa di non lasciare la Presidenza del gruppo al fratello Umberto, e quindi di rimanere in sella insieme a Romiti. Questo passaggio di consegne era già stato stabilito all’interno della famiglia, ma il veto imposto da Cuccia, che non era mai stato in buoni rapporti con Umberto, costrinsero L’Avvocato ed il Dottore a un compromesso che prevedeva per quest’ultimo “solamente” il ponte di comando della IFIL, la società che di fatto è la cassaforte dell’Impero FIAT.

A margine di questo accordo, che segnò una “svolta epocale” nei rapporti tra i due fratelli, l’Avvocato accettò, come parziale risarcimento per Umberto, che quest’ultimo prendesse anche le redini della Juventus, che a quel tempo viveva il crepuscolo della gestione Bonipertiana. Di fatto i due fratelli stabilirono che tutte le decisioni inerenti la gestione del giocattolo di famiglia fossero prese in maniera indipendente dal Dottor Umberto.

Erano altri tempi. I due fratelli avevano una stoffa diversa dagli avventurieri della finanza moderna. Bastava la parola per definire una intesa. E cosi fu. Il primo passo del Dottore, come tutti sappiamo, fu quello di trasformare la squadra che viveva ancora nel romanticismo post-Platiniano, in una Azienda modello, dove ogni cosa fosse pianificata ed organizzata per grandi obiettivi. Arrivano così Giraudo per l’area amministrativa, Moggi per quella sportiva e Bettega alla vicepresidenza. Per 12 anni questa struttura rimane immutata e costituirà probabilmente il team di dirigenti più preparati del calcio moderno.

Nelle migliori famiglie, è risaputo, ci possono essere diversità di vedute e disaccordi. Anche Gianni e Umberto pur rispettandosi come fratellanza impone ogni tanto erano in disaccordo. Gianni era affezionato al business dell’auto. Umberto invece preferiva la diversificazione in altri settori. Morti i due patriarchi le fazioni si sarebbero schierate nel modo seguente: da un lato I fratelli Elkann, Montezemolo e i tutori Gabetti e Grande Stevens; dall’altra gli Umbertiani con a capo Allegra ,vedova di Umberto con il figlio Andrea Agnelli e ovviamente Giraudo che era uno dei manager più vicini ad Umberto.

In questo scenario verrà più volte segnalata dalle nostre fonti l’assoluta antipatia di Montezemolo per Giraudo il quale pur con tutti i suoi difetti caratteriali e il classico musone da piemontese era ed e’ un manager con i fiocchi, uno dei migliori della scuderia Agnelli. Anche Lapo Elkann più volte aveva rivolto giudizi abbastanza pepati sulla Triade, accusandoli di sorridere poco e inaugurando di fatto l’era della “SIMPATIA” che avrà poi in Cobolli Gigli il più accanito sostenitore ed interprete.

LA GENESI DI CALCIOPOLI - Sventato il golpe delle Banche, il piano di Andrea Agnelli e Giraudo va avanti lo stesso. Il titolo JUVENTUS in Borsa comincia a salire senza motivazioni. Qualcuno rastrella le azioni sul mercato. La transazione si dovrebbe, a questo punto, fare lo stesso ma con abiti ovviamente un po’ più ostili. Siamo a inizio 2006, la squadra è in testa al campionato e senza rivali.

Nel corso di un Consiglio di Amministrazione quantomeno anomalo, Moggi e Giraudo vengono confermati ma solo a parole. Giraudo presenta il suo mega piano industriale che prevede ingenti investimenti. Gabetti lo stoppa subito negando che ci saranno grossi investimenti da parte dell’azionista di riferimento. E’ il segnale che qualcosa si è rotto e che il pentolone bolle. Nessuno si immagina però cosa sta per succedere.

I due dirigenti non possono essere allontanati cosi sui due piedi per due motivi. Primo: sarebbe difficile da giustificare alla piazza e ai tifosi. Secondo: i due andrebbero altrove a remare contro e per come sono bravi e furbi sarebbe deleterio. Occorre qualcosa di traumatico in grado di eliminarli definitivamente dalla scena, senza peraltro creare rimpianti nei tifosi.

L’eliminazione dalla scena di Moggi e Giraudo però è da tempo l’obiettivo anche di qualcun altro e non a Torino. A Milano infatti i dirigenti dell’Inter sono da tempo convinti che le loro continue delusioni sportive non siano solo frutto di errori di gestione, ma anche di probabili illeciti dei dirigenti della Juventus.

Ne sono talmente convinti che arrivano addirittura a sbandierare in TV il fatto che stanno preparando un dossier circostanziato sull’argomento. Si scoprirà poi che Moratti, approfittando del rapporto privilegiato con i vertici TELECOM e PIRELLI, da sempre sponsor e munifici azionisti della squadra, ha incaricato alcuni personaggi che frequentano la sottile zona d’ombra tra la TELECOM- PIRELLI e i servizi segreti di effettuare indagini illegali sul mondo del calcio, arrivando persino a fatturare regolarmente le parcelle a queste agenzie investigative.

Ad ogni buon conto che qualcosa a Milano sapessero lo si era capito in realtà già a Marzo del 2006 quando in diretta TV Mancini “rivelo’” a Moggi che presto avrebbe dovuto rispondere a qualcun altro in un Aula di Tribunale. Altri addirittura riferiscono di dichiarazioni simili fatte nello spogliatoio della Pinetina, dove agli stralunati giocatori Mancini e Facchetti dicevano di stare tranquilli perché lo scudetto lo avrebbero vinto loro e che qualcosa stava per accadere.

In questo torbido scenario la procura di Torino aveva archiviato un filone di indagini a carico della Juventus contenente alcune intercettazioni telefoniche che vengono ritenute non significative per la giustizia ordinaria e addirittura scagionanti per quella sportiva.

Qualche nemico però, la Juventus lo aveva anche a Roma, nelle segrete stanze del potere capitolino, lo stesso potere che aveva consentito nel 1999 l’accordo tra le famose sette sorelle (Juventus,Inter,Milan,Roma,Lazio,Parma,Fiorentina) le quali, tutte con ambizioni da scudetto decisero, nel corso di una cena estiva a casa di Carraro, di costituire un cartello e di nominare il famoso doppio designatore arbitrale, nelle persone di Bergamo e Pairetto. L’accordo in questione fu favorito anche dall’approvazione della famosa legge per la contrattazione individuale dei diritti TV, ad opera del governo di centro sinistra, il quale avallò senza battere ciglio un sistema che lo stesso governo di centrosinista, otto anni dopo, sta cercando in tutti i modi di cancellare, riportando nel calcio la contrattazione collettiva. L’equilibrio che scaturì da quegli eventi, favoriti come si è visto da chi in quel momento governava Coni e Federcalcio e dai loro referenti politici e finanziari è stato mantenuto fino al maggio del 2006 quando, come si vede, una triplice convergenza di interessi (più o meno palesi) ha determinato l’uscita di scena da veri capri espiatori di Luciamo Moggi ed Antonio Giraudo, che a quel sistema si erano per così dire adeguati, ma al quale anche le altre sei sorelle costantemente si “abbeveravano”.

Il primo segnale che qualcosa stava alterando gli equilibri del 1999 fu una misteriosa interpellanza parlamentare effettuata dal senatore MALABARBA, membro del Comitato di Controllo Parlamentare sui Servizi Segreti (CO.PA.CO) in data 7 marzo 2006 atto 4-10255 seduta nr. 964 della XV legislatura.
Il senatore in questione, chiede spiegazioni in Parlamento circa l’origine di alcuni bonifici di poche migliaia di lire che vengono rintracciati sui conti di alcuni impiegati della FIGC.

L’indagine della magistratura sul mondo del calcio tuttavia aveva preso il via già da qualche mese e non solo dalla procura di Torino. Indagavano varie procure in tutta Italia. In particolare quella di Napoli imbeccata da Franco Dal Cin, vecchio dirigente dell’Udinese, il quale riferisce ai PM di una “combriccola romana” di cui farebbero parte parecchi arbitri tra cui De Santis.

Vengono disposte centinaia di migliaia di intercettazioni telefoniche a carico di vari personaggi tra cui Moggi e Giraudo. Le intercettazioni come noto vengono eseguite utilizzando strutture e tecnologie della Telecom. A questo punto interviene qualcuno o qualcosa.

L’attività di intercettazione probabilmente non da i frutti sperati; pur tuttavia c’è bisogno di fare un lavoretto per alcuni amici che hanno chiesto di incastrare alcune persone……. Entrano in scena due personaggi particolari, Arcangioli ed Auricchio, due vecchie conoscenze dei servizi segreti, attualmente ufficiali dei carabinieri, addetti alle intercettazioni, e già in passato accusati di aver manipolato alcune telefonate.

I due fanno un piccolo capolavoro. Confezionano due informative per la procura di Napoli dove, insieme alla trascrizione di 40 telefonate (su 100.000 intercettazioni) degli accusati, costruiscono un castello di deduzioni e teoremi che sembrano discorsi da bar sport. Difficile non immaginare nella impaginazione di quelle informative la sapiente mano di qualche giornalista sportivo oppure di qualche dirigente di squadre di calcio.

Alcune dichiarazioni di persone accusate e di altre non coinvolte nel procedimento fanno addirittura pensare che siano state filtrate solo le telefonate “adatte allo scopo da raggiungere”. Altre indiscrezioni parlano mancati incroci tra telefonate fatte e ricevute dalle singole utenze. Insomma qualcosa di anomalo sta accadendo. Parallelamente una manina fa arrivare i testi di queste intercettazioni alla Gazzetta dello Sport.

EPILOGO - Siamo ormai a MAGGIO del 2006. La JUVE vince il suo 29mo scudetto sul campo mentre sui giornali scoppia la bufera. Juve, Milan, Lazio, Fiorentina ed altre squadre minori vengono accusate di aver creato un sistema di condizionamento del sistema arbitrale mentre addirittura alcuni protagonisti tra cui Moggi e Giraudo vengono accusati di “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”.

Il prode John Elkann rilascia una dichiarazione che per noi tifosi rimbomba ancora sinistra: “Siamo vicini alla squadra e all’allenatore. Sono state fatte cose riprovevoli. Ripartiremo dai giovani”. Moggi a questo punto si dimette e con lui è costretto a dimettersi anche Giraudo insieme a tutto il CDA. E’ curioso far notare che i giornali che più di tutti si accaniscono contro la JUVENTUS e i suoi dirigenti sono proprio quelli della Scuderia RCS in cui gli Agnelli sono soci e cioè LA STAMPA , LA GAZZETTA DELLO SPORT e IL CORRIERE DELLA SERA.

E’ iniziato il processo mediatico che verrà svolto sui giornali. E’ un processo che partirà non dall’accusa ma dalla sentenza: JUVE COLPEVOLE. In verità leggendo le intercettazioni pubblicate non si evince lo straccio di una prova di eventuali illeciti. Si percepisce piuttosto un mondo sicuramente malato dove ognuno cerca di tirare l’acqua al proprio mulino spesso senza riuscirci e soprattutto una generale atmosfera di goliardie e di millanterie che fanno intravedere l’estrema confidenza che c’era tra settori della Federcalcio, dirigenti di squadre di calcio e alcuni arbitri. Ma nessun illecito.

A questo punto inizia l’estate più incredibile che si potesse immaginare. I tempi purtroppo sono strettissimi. C’è di mezzo il Mondiale. Bisogna fare presto. A capo della FIGC, ovviamente commissariata, viene chiamato un personaggio che pochi conoscono ma che gli addetti ai lavori ricordano come ex-consigliere di Amministrazione dell’Inter, Guido Rossi.

La sua chiamata a Commissario della Federcalcio avviene attraverso un atto che non verrà mai reso pubblico perchè probabilmente le modalità con cui viene eletto non gli consentirebbero alcune delle decisioni da lui prese successivamente, rendendole illegittime, come ad esempio la riduzione dei gradi di giudizio, la sostituzione dei giudici ed altre norme stabilite ad hoc per la farsa che si andava organizzando.

Il personaggio è ingombrante, presuntuoso ed odia quanto basta la Juventus per avallare fin da subito con i fatti le sentenze emesse dai giornali. Innanzitutto si circonda di suoi fedelissimi tra cui Nicoletti, già braccio destro di Moratti alla Saras. Successivamente riduce i gradi di giudizio del processo sportivo da tre a due. Di fatto sostituisce la gran parte del Collegio giudicante mettendo a capo dello stesso un vecchio giudice in pensione di nome Ruperto.

Per accelerare la farsa e renderla “credibile” manda Nicoletti a Napoli dove, facendo illecita pressione sui PM della procura, riesce a farsi consegnare le informative dei Carabinieri sulle intercettazioni, che in questa fase dovrebbero essere invece ancora materiale altamente riservato e che invece sono già, in alcuni stralci, in mano a giornali e mass-media.
Infine “istruisce” i giudici affinché venga fatta giustizia in maniera dura, esemplare e spietata.

“Dimentica” però di sostituire i giudici che pronunceranno le sentenze di secondo grado che come vedremo saranno completamente capovolte, tranne che per la Juventus. Negli stessi giorni, frattanto, Oriali e l’Inter patteggiavano vergognosamente la condanna per la vicenda dei passaporti falsi con il silenzio complice dei mass-media.

La Juventus e la sua proprietà in questa tempesta sembrano immobili. Qualcuno ipotizza che nei primi giorni dello scandalo i vertici juventini fossero stati rassicurati circa la permanenza della squadra in serie A, circostanza che, come si vedrà, sarà completamente disattesa dagli atti compiuti dal Commissario Guido Rossi. Dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione la reggenza viene affidata a Carlo Sant’Albano che è l’A.D. di Ifil. La dirigenza di fatto non esiste più. In questo scenario viene nominato in qualità di legale difensore l’Avv. Cesare Zaccone.

Arrivati a questo punto però, di fatto, la fuga di notizie e l’attacco frontale effettuato dai mass-media hanno reso la situazione irrecuperabile. Tutta l’Italia calcistica, fomentata dal suddetto attacco mediatico, aveva ormai a furor di popolo condannato le persone che ad onor del vero erano ancora solamente indagati, sia per la giustizia sportiva che per quella ordinaria. La Juventus in serie B era dunque il sogno proibito di milioni di tifosi che si materializzava come per incanto. Finalmente anni ed anni di frustrazioni venivano ripagate con una gogna fino a poche settimane prima inimmaginabile.

Fonti attendibili riportano in questa fase di un patto tra Grande Stevens e Guido Rossi, durante il quale quest’ultimo viene rassicurato che la Juventus avrebbe accettato la serie B a condizione che anche le altre imputate avessero avuto la stessa pena.

Questa circostanza è avvalorata dal fatto che alcuni dei campioni erano già stati venduti prima delle sentenze sportive. Comunque sia, Guido Rossi accetta l’accordo oppure finge di accettarlo, non lo sapremo mai. Ma, come vedremo, le cose vanno diversamente da come erano state apparecchiate. Il nuovo CDA viene insediato a fine giugno e sarà capitanato da tale Giovanni Cobolli Gigli, un manager ricordato soprattutto per le sue imprese da liquidatore di altri asset di casa Agnelli. In quei giorni serviva qualcuno che mettesse la faccia come Presidente del periodo più brutto della storia della Juventus. E da informazioni assunte al riguardo pare che nessuno volesse approfittare dell’ingrato compito. Alla fine si tratterà quindi di una soluzione di estremo ripiego.

Nei prossimi anni Cobolli Gigli sarà ricordato soprattutto per le sue memorabili dichiarazioni che inducono l’interlocutore a sospettare che sappia veramente poco di calcio e che sia capitato per caso sulla scena del delitto.

Il processo invece, istruito da Francesco Saverio Borrelli ex magistrato di Mani Pulite, sarà ricordato nei secoli come una Farsa senza uguali, e si svolgerà in pochi giorni calpestando le più elementari regole di garanzia per gli imputati, a cominciare dal diritto alla difesa. Molti magistrati e giudici hanno dichiarato successivamente che si è trattato di un vero e proprio “aborto giuridico”. Il Procuratore Palazzi, imbeccato da Borrelli, chiede pene durissime per tutti, ed in particolare per la Juventus, per la quale si parla di retrocessione in C1.

Zaccone, nel corso del brevissimo e farsesco dibattimento, incalzato da Ruperto, dichiara maldestramente che la pena congrua sarebbe stata la B con penalizzazione, cosa che prontamente viene fatta mettere a verbale. La dichiarazione di Zaccone, che suscita stupore e indignazione nei tifosi è figlia diretta degli accordi Rossi-Grande Stevens ed è pronunciata proprio per cercare di rimanere ancorato al carro delle altre imputate per le quali era stata chiesta la B con penalizzazione.

La molle difesa di Zaccone verrà strumentalizzata dai giornali di regime come una ammissione di colpevolezza; e ci andranno a nozze con titoli a tutta pagina. La sentenza di primo grado è delirante nel suo dispositivo in quanto somma episodi di slealtà (art.1) facendoli diventare illeciti conclamati e reiterati (art.6) e inventando di sana pianta il termine “ illecito strutturale”. Addirittura devastante la pena comminata che consiste in una serie B con trenta punti di penalizzazione, la revoca di due scudetti ed altre sanzioni accessorie. Cobolli Gigli appare indignato. Nell’ombra probabilmente qualcuno invece è soddisfatto della piega degli eventi.

Intanto in Germania la nostra nazionale diventa Campione del Mondo in una finale con la Francia addirittura surreale. In campo ci sono otto giocatori attualmente della Juventus più cinque che vi hanno militato recentemente. In panchina e nello staff tecnico altri quattro juventini di lungo corso tra cui Marcello Lippi. Totale 17 protagonisti che hanno DNA juventino.

La Juventus di Moggi ha la sua apoteosi nella vittoria del Mondiale, quando il suo Direttore è ormai già fuori dal Calcio. Purtroppo la Juventus che Luciano Moggi aveva allestito verrà smembrata dal Liquidatore Cobolli, il quale ha l’incarico di procedere alla riduzione dei costi a prescindere dal campionato in cui si giocherà e questo perché come aveva dichiarato John Elkann si sarebbe puntato sui giovani.

Ecco quindi che ben otto giocatori vengono venduti in un crescendo rossiniano di menzogne e inganni che culminano con la cessione all’Inter di due giocatori come Ibrahimovic e Vieira.

La sentenza di secondo grado, emessa da un tribunale espressione diretta dell’ex presidente Carraro, e quindi organico al vecchio sistema, ribalta la sentenza di primo grado, attenuando notevolmente le pene di Milan, Fiorentina e Lazio, alle quali viene restituita la serie A con penalizzazione. Incredibilmente il Milan ritrova anche la partecipazione alla Champions League. La Juventus invece rimane relegata in serie B con 17 punti di penalizzazione.

Anche in questo caso leggendo il dispositivo della sentenza si apprende stranamente che “è possibile alterare la classifica senza alterare i risultati delle partite”. Cosa e’ successo? Semplicemente è accaduto che la Juventus è stata punita nuovamente dal Tribunale di secondo grado, espressione diretta di Carraro e Berlusconi, proprio per aver fin da subito effettuato la scelta collaborazionista con il nuovo sistema guidato dall’Inter e dalla Roma. Insomma come si suol dire “cornuti e mazziati”. E’ chiaro che ormai l’accordo Grande Stevens – Rossi è definitivamente saltato.

Nel frattempo gli “onesti” di Moratti grazie alla compiacenza del loro ultrà Guido Rossi si vedono assegnare uno scudetto, quello 2005-2006 che non è mai stato oggetto di indagine e che la Juventus ha vinto sul campo con il siderale distacco di 15 punti. Gli Elkann capiscono che sono stati gabbati. In giro l’umore dei tifosi e soprattutto degli azionisti di minoranza che nel frattempo si sono riuniti in diversi Comitati, è assolutamente nero e con insistenza questi ultimi premono sulla proprietà affichè reagisca a questo scempio.

John Elkann, mosso dall’orgoglio, ordina a Cobolli di fare la voce grossa nel corso della Conciliazione che non avrà ovviamente esito positivo. Infine, decide di preparare un ricorso al Tar del Lazio che definire un capolavoro giuridico è riduttivo. Preciso, circostanziato, e soprattutto nelle cifre, spietato. E’ deciso, si andrà al Tar.

Qualcuno a Roma comincia a spaventarsi e a credere che davvero i due fratellini possano andare fino in fondo. Sarebbe una circostanza senza precedenti per il calcio italiano; in caso di accoglimento del ricorso, molto probabile a giudicare dalle dichiarazioni di illustri avvocati amministrativisti, i campionati dovranno essere sospesi e i processi rifatti. Il governo ed il primo ministro in persona si muovono direttamente con Montezemolo e lo pregano di mettere freno alla situazione. Non si vuole il caos, il ritardo dei calendari, il malumore delle piazze coinvolte, la delusione della stragrande maggioranza degli italiani convinti che tutto il male sia la Juventus. Ed il primo ministro ha buon gioco nel convincerlo. Sa che lui non può mettersi contro l’establishment perché lui, e ciò che rappresenta, sono parti importanti dello stesso. Siamo a fine agosto.

A Torino si svolge un vertice tra Montezemolo, J, Elkann e Gabetti. I due anziani convincono il giovane di famiglia a deporre le armi. Questo è quello che dicono: “Sappiamo che siamo stati sottoposti ad un giudizio di piazza senza garanzie, però ormai la gente si è formata un opinione e noi non la possiamo cambiare. Pensa a cosa avrebbe fatto tuo nonno in questo caso, non si sarebbe mai mischiato ai vari Gaucci e Preziosi ma avrebbe bevuto fino in fondo l’amaro calice, in osservanza alla sua storia, alla fedeltà all’ordine costituito, a tutto ciò che la Fiat è stata ed ha rappresentato e vuole ancora rappresentare. Anche da un punto di vista economico, dopo le cessioni, la riduzione del monte ingaggi, la conferma degli sponsor, la rinuncia alla Champions League non c’è grande differenza tra i due scenari. Perciò, per le responsabilità che abbiamo e per le aziende che rappresentiamo dobbiamo ingoiare il boccone e scendere a patti con le autorità sportive”. Il giorno stesso viene istruito di conseguenza il povero Cobolli Gigli.

E’ il 31 agosto del 2006. La Juventus, la sua centenaria storia di successi e la passione dei suoi tifosi vengono calpestati senza pietà, in cambio della riduzione di qualche punto della penalizzazione in serie B, che sarà sancita nel successivo Arbitrato, e probabilmente, di un provvedimento sulla rottamazione auto nella finanziaria 2006.

Gli stessi giocatori e l’allenatore Deschamps rimangono sbigottiti dal comportamento del CDA che in un Consiglio di durata biblica, stabilisce la definitiva rinuncia al TAR. E’ un dato di fatto questo che fa giudicare altamente attendibile la circostanza che i giocatori e il tecnico erano stati rassicurati del fatto che si sarebbero percorse, purtroppo tardivamente, tutte le strade per cercare di riottenere la serie A.

Lo strappo del 31 agosto tra squadra e società è una ferita che ancora oggi nelle dichiarazioni dei giocatori si percepisce quanto sia stata dolorosa, soprattutto per quelli che avevano accettato di rimanere a Torino. A questo punto non si può più tornare indietro. La squadra è costretta a subire la gogna dei campi della serie B. I tifosi invece saranno costretti da Cobolli Gigli a subire le farneticanti dichiarazioni imposte dall’operazione SIMPATIA.

Saranno condannati a subire le ironie di chi fino a pochi mesi fa “quando incontrava i nostri giocatori sul campo se la faceva sotto” come disse Camoranesi in una recente intervista; saranno umiliati dalla lettura quotidiana dei deliranti articoli di giornalisti prezzolati e antijuventini che continuano a seminare veleni senza ricevere mai lo straccio di una querela.

E’ tutto finito? Quanti e quali capitoli potranno essere ancora scritti su questa dolorosa vicenda? La sensazione che si percepisce tra le stesse fonti che ci hanno permesso di elaborare questa ricostruzione è che ancora qualcosa bolle in pentola. Qualcuno, nel frattempo, aspetta sulla sponda del fiume.

Francesco Mario I

MOGGI VITTIMA SACRIFICALE.....

Roma, 11 febbraio 2007 - «Io vittima sacrificale di un sistema calcio malato. Le intercettazioni erano la norma».

Si è tornati a parlare di calcio malato nella puntata di Buona Domenica andata in onda oggi pomeriggio su Canale 5. Ospite di Paola Perego, «Diciamo che sono lucidamente furioso - ha detto Moggi - mi è tornata la grinta di prima. Tutto quello che è avvenuto mi ha lasciato perplesso, nelle edicole si continuano a vendere le intercettazioni che invece dovrebbero essere coperte da segreto. Le cose alla fine si sanno più dai giornali che dalle persone competenti. Ritengo con il senno di poi che visto che io sono stato per anni ai vertici del calcio italiano, dovevo fare l'agnello sacrificale perchè il calcio si potesse auto-assolvere».

Moggi ha quindi attaccato l'Inter e il suo allenatore, Roberto Mancini: «Quello che io ho affermato un anno fa, è stato avvalorato da quanto è successo successivamente con l'Inter e con Roberto Mancini, che guarda caso sapeva in anticipo cosa sarebbe successo. Quando facevo delle trattative con i giocatori avevo immediatamente l'interessamento di un'altra squadra che rilanciava, e poi alla fine dovevo pagarlo di più, venivo continuamente intercettato. La mia unica colpa è aver difeso la mia squadra. Questa è la mia colpa. Roberto Mancini vorrei ricordarlo aveva il 40% delle quote della società Gea, e questo dovrebbe dire molto». "Il rinvio a giudizio nell'inchiesta Gea? Di solito si è indagati e poi processati, quando la colpa viene confutata si è colpevoli, io invece sono stato subito colpevole. E' uno stato di cose che mi ha lasciato perplesso, le intercettazioni dovrebbero essere coperte dal segreto istruttorio". "E' un momento particolarmente triste. Avrò salito le scale di quegli uffici una o due volte e sono considerato un socio della Gea. Sono curioso di vedere cosa verrà fuori appena ci sarà il dibattito preliminare. Per quanto successo nello scandalo estivo, "mi considero un agnello sacrificale. "La Juve vinceva senza spendere e c'era un certo risentimento. Se andiamo a vedere i Mondiali, a Berlino c'erano dieci persone della Juve tra Italia e Francia e questo dimostra che lavoravo bene. La Juve non aveva bisogno di essere aiutata. Aveva bisogno solo di essere protetta da chi non riusciva a vincere spendendo. un anno mezzo e fa parlavo, in tempi non sospetti, di spionaggio industriale, tesi avvalorata dalle dichiarazioni di Mancini che disse che avrei dovuto rispondere delle mie azioni in altre sedi e ad altre persone. Nei processi sportivi hanno preso le intercettazioni che volevano. quando trattavo un giocatore dopo dieci minuti arrivava un'altra società a controbattere. L'ex dg della Juve ironizza anche sul rapporto che ha ora con i cellulari "quando esce un telefonino nuovo lo compro sempre perché sono un appassionato, le schede straniere che compravo "erano un mezzo di difesa. Ho capito che c'era qualcosa che non funzionava, c'era uno spionaggio industriale. Il calcio doveva autoassolversi, bisognava far passare inosservate alcune cose importanti e hanno buttato nella mischia il sottoscritto". Commentando le frasi pronunciate quando scoppiò lo scandalo ("mi è stata uccisa l'anima"), l'ex dirigente juventino dice che "ero un Moggi diverso da quello di adesso, ero un Moggi che aveva visto un treno che gli era passato sopra. Poi, quando si sono sviluppati i processi sportivi e ho visto che il procuratore federale e Guido Rossi avevano violato le norme delle Federazione e mi sono reso conto che ero una vittima sacrificale, ho cercato di riprendere il mio morale.