venerdì, luglio 27, 2007

Scandalo dei bilanci. Bilancio di uno scandalo

Scandalo dei bilanci. Bilancio di uno scandalo
Come era prevedibile, la nuova ondata mediatica generata dalle richieste di rinvio a giudizio per i protagonisti di Calciopoli ha contribuito a gettare altra sabbia su quello che sarebbe lecito definire come il vero e unico scandalo del pallone nostrano.
Plusvalenzopoli, Bilanciopoli, Marchiopoli, non è facile (e forse è superfluo) dare un nome ad uno dei fenomeni più invasivi e perniciosi in un secolo di football italico. E non è facile nemmeno parlarne, viste la complessità e le intricate sfaccettature della materia. Soprattutto in contrapposizione alla semplicità - e superficialità - con la quale è stata trattata la matassa Calciopoli, sdoganata come la più grande dimostrazione di corruzione arbitrale di tutti i tampi. Ma laddove di arbitri, e di condizionamenti, non se ne vede nemmeno l’ombra, dall’altra parte vi sono le evidenze di una mala gestione economico-finanziaria e di un modo assai originale, nonché pericoloso, di interpretare il management sportivo.
Piccolo clamore è stato sollevato in occasione del caso Brunelli (plusvalenza selvaggia e firma falsa sul contratto di cessione del calciatore, il tutto sigillato da prescrizione) che ha rappresentato la punta dell’iceberg di un sistema incrinato instauratosi molti anni addietro. Scarsissimo risalto ha invece ottenuto la notizia della chiusura indagine del pm di Milano, Nocerino, riguardo ai bilanci di Milan e Inter. Accuse molto pesanti, con un aggravante decisiva per i nerazzurri: senza gli artifici contabili il club di via Durini non avrebbe potuto iscriversi al campionato 2005/06, quello conquistato a tavolino.
Il fatto, e la gravità dello stesso, ha scatenato la reazione giustificativa della quasi totalità del palcoscenico mediatico, che ha immediatamente bollato la questione come affaruccio da scarpivendoli. Per usare le parole di un noto giornalista: un’influenza, paragonata ad un cancro.
Pare invece si tratti del contrario: una metastasi quella delle plusvalenze e del “doping amministrativo” che ha radici lontante (dal 1999, quando Lazio e Milan presero a scambiarsi a suon di miliardi minorenni carneadi di ignota qualità) e che ha permesso al carrozzone di tirare avanti senza conseguenze per lungo tempo. E l’evidenza, la prova provata che alla base di queste logiche pseudo-imprenditoriali (i soldi dove non ci sono) risiede nell’invenzione della ben nota Legge Salvacalcio che, nel 2003, ha sbrogliato la matassa di un sistema ormai avvitato su se stesso.
“Un falso in bilancio legalizzato” l’ha definito Victor Uckmar, ex presidente di Covisoc, rendendo ottimamente l’idea di una decisione che, all’epoca, fu emanata con la piena consapevolezza del successivo rigetto istituzionale da parte dell’Unione Europea.
Il fenomeno plusvalenze ha quindi il suo cul-de-sac nel provvedimento ad hoc ideato dal governo berlusconiano, che ha consentito alle società sofferenti la prosecuzione della loro routine gestionale, caratterizzata da spese folli e scriteriati investimenti. Infatti, sono i numeri a parlare: grazie alla Legge l’Inter ha potuto aggirare 331 milioni di ricapitalizzazione, 242 milioni il Milan, 181 la Roma e qualcosa in meno la Lazio. Quantità di denaro enormi che, se fossero state versate - come Codice Civile impone - in un’unica soluzione, avrebbero causato il collasso del sistema calcio. Già, sistema, parola recentemente abbinata alla Juventus ma che di fronte all’eloquenza assordante dei dati di fatto non può che applicarsi ad un oligarchia di stampo milanese-romano.
Troppo semplice, invero, ricordare che la Juventus - insieme ad altre squadre “minori” - è stata l’unica squadra a non avvalersi degli agi e delle comodità del provvedimento governativo. Altrettanto elementare comprendere che, senza quel generoso aiuto, le squadre sopra menzionate, qualora fossero riuscite ad iscriversi al campionato, avrebbero in ogni caso dovuto rinunciare a faraoniche campagne acquisti a base di strapagati campioni.
E non è applicabile una delle giustificazioni principe da parte di chi, accusato, è stato costretto ad organizzare una difesa d’emergenza: i presidenti delle squadre in questione sono talmente ricchi che avrebbero comunque ricapitalizzato le somme necessarie. Ammesso fosse vero, giova ricordare che il “reato” è stato ugualmente commesso e senza che nessuno pagasse. Ragionando in questo modo sarebbe come uscire dal ristorante senza saldare il conto e rispondere al gestore di essere talmente facoltosi da poterlo corrispondere quando si vuole, ricevendo in cambio le sue congratulazioni e felicitazioni.
In punta di diritto verrebbe da dire che chi sbaglia paga, e che le leggi esistono per essere applicate. È sufficiente quindi consultare l’articolo 7, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva:

«La mancata produzione, l’alterazione o la falsificazione, anche parziale, dei documenti richiesti dagli Organi di giustizia sportiva e dalla CO.VI.SO.C., ovvero il fornire mendace, reticente o parziale risposta ai quesiti posti dagli stessi Organi, costituisce illecito»

Le conseguenze che un illecito comporta sono note a tutti.
Da sfatare anche un altro mito che accompagna le affannate contorsioni difensive dei campioni del bilancio creativo: è impossibile determinare il valore di un giocatore; anche se giovane è sconosciuto nessuno può impedire di valutarlo milioni di euro.
Falso, a scopi di regolarità e trasparenza del conto economico, vengono predisposte perizie mirate a stimare il patrimonio delle immobilizzazioni immateriali (il parco giocatori, in sostanza), le quali tengono conto della notorietà e della carriera (presenze nel club, in nazionale, reti segnate, premi e riconoscimenti) di ogni singolo calciatore. Ma, anche ammettendo la natura parzialmente soggettiva di una perizia, è fondamentale mettere in luce un altro aspetto (decisivo) della questione: la cessione milionaria del calciatore oggetto di plusvalenza non è univoca e isolata, ma è sempre accompagnata da una corrispondente cessione in direzione opposta. È il meccanismo della “plusvalenza fittizia incrociata”.
In sostanza, ci si scambia giocatori con il solo fine di scrivere, sulla carta, denaro che in realtà non esiste. Un congegno perverso che, ad esempio, ha permesso alla Roma nel 2002 di “incassare” ben 95,3 milioni di euro, a fronte del trasferimento di ben 20 elementi delle giovanili (Marco Amelia, Cesare Bovo, Franco Brienza, Simone Casavola, Daniele Cennicola, Daniele De Vezze, Giuseppe Di Masi, Simone Farina, Alberto Fontana, Gianmarco Frezza, Armando Guastella, Daniele Martinetti, Giordano Meloni, Matteo Napoli, Simone Paoletti, Manuel Parla, Marco Quadrini, Cristian Ranalli, Fabio Tinazzi, Alfredo Vitolo) a Cagliari, Cittadella, Ancona, Torino, Salernitana, Reggiana, Piacenza, Palermo, Cesena, Cosenza, Livorno, Messina, Napoli e Lecce che hanno contemporaneamente girato ai giallorossi altrettanti sconosciuti pedatori.
Facilissimo perciò comprendere la natura malsana di questo ingegnoso escamotage contabile. Quindi, se da una parte (Calciopoli) ci si barcamena tra sospetti popolari e molta poca sostanza, dall’altra si viaggia supportati dai numeri e dall’evidenza. Non ci si aspetta la rivoluzione di un calcio ormai troppo legato a logiche televisive industriali, ma ci si attende che, una volta per tutte e per davvero, venga finalmente fatta giustizia.

Articolo del 13 July 2007

Calciopoli o Farsopoli? Una ricostruzione

Calciopoli o Farsopoli? Una ricostruzione

di Dominio Bianconero

Questa è una ricostruzione della vicenda che, anziché attingere dalla versione propinata in tutte le salse dagli organi di informazione di regime (capitanati dalla Gazzetta dello Sport), prende forma da quello che è il materiale che ho selezionato insieme ad appassionati amici negli ultimi mesi. Un materiale che non necessariamente è cartaceo ma che spesso è frutto di confidenze, sfoghi, rivelazioni riservate di personaggi vicini a dirigenti attuali e del passato; ma anche degli umori della gente, dei tifosi più veri, quelli che hanno pagato con la moneta più pesante, e cioè la loro passione.
Una continua ricerca di indizi, conferme, segnali, che ha caratterizzato a volte anche in maniera ossessionante gli ultimi mesi della vita del nostro staff.
Forse quella che abbiamo ricostruito non sarà la verità perfetta, ma gli si avvicina. E’ certamente più attendibile della menzogna con la quale hanno esiliato la Juventus in serie B. Abbiamo provato a ricostruire la vicenda perché ci siamo accorti che molti, moltissimi tifosi della Vecchia Signora, che per vari motivi non hanno potuto accedere a tali informazioni, hanno formato la loro opinione solo sulla base di un giornalismo becero ed antijuventino.
PROLOGO
C’era una volta la FIAT….. o meglio c’è la FIAT. Nel senso che attualmente la nostra gloriosa industria automobilistica sta vivendo nuovamente un periodo brillante, frutto di una decisa sterzata in termini di politica commerciale e di management.
Questa rinascita sa quasi di miracolo perché fino a pochi mesi fa la FIAT era una azienda talmente in crisi che si parlava chiaramente nella migliore delle ipotesi di vendita se non addirittura di portare i libri in tribunale.
Le Banche, spinte dal governo Berlusconi, erano state costrette a sostenere ancora una volta i conti del Lingotto con una operazione di finanziamento particolare chiamata prestito convertendo; in pratica, giunto alla scadenza nell’autunno del 2005 , questo prestito avrebbe, di fatto, consegnato la FIAT nelle mani delle banche, estromettendo gli Agnelli, capitanati da John Elkann e riducendoli a soci di minoranza.
Le stesse banche avrebbero poi provveduto a liquidare le attività rivenienti attraverso un bello spezzatino. Nello spezzatino, si noti bene, era compresa anche la Juventus. Non direttamente, in quanto controllata da IFIL, ma coinvolta comunque, in quanto, successivamente ad una ipotetica uscita di scena degli Agnelli dalla Fiat, sarebbero stati messi a dura prova i delicati equilibri che ancora oggi uniscono i vari rami della discendenza per il controllo dell’Impero Fiat.
In vista di questa possibilità si paventava l’ipotesi che Giraudo, su preciso input di Andrea Agnelli stesse organizzando una cordata per rilevare la Juventus, acquistando le quote di proprietà IFIL con la collaborazione di alcuni importanti partner sia sportivi che finanziari. Ovviamente Andrea sarebbe stato il Presidente, Moggi il Direttore Generale.
Allo studio c’era un faraonico piano industriale che probabilmente avrebbe fatto della Juventus la squadra numero uno al mondo per molti anni.
Lo stesso scenario viene ampiamente descritto da Antonio Giraudo in una illuminante intervista concessa a Repubblica il primo aprile 2006, circa un mese prima dello scoppio di Calciopoli, e che riportiamo qui di seguito per far capire fino in fondo il progetto che aveva in mente quest’uomo per la Juventus.
TORINO - Giraudo parla, e intanto scrive. E mentre scrive disegna. Traccia mappe, sviluppa diagrammi, incrocia segni e parole su un grande bloc-notes quadrettato. Più che altro cerchia e sottolinea. Il futuro, forse.
Dottor Giraudo, lei resterà davvero alla Juventus?
«È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari».
Il suo contratto scadrà il 30 ottobre: a parole, la famiglia Agnelli l'ha già confermata. Però i matrimoni si fanno in due.
«Vorrei chiarire una cosa importante. In questi mesi si è scritto, letto e detto di tutto, per esempio che vorrei fare dei mestieri diversi. È chiaro che quando esistono scadenze contrattuali, dall'esterno c'è sempre chi può offrire grandi opportunità, è una legge di mercato. Ma il mio sogno è restare ancora molti anni alla Juventus, sulla base dei ragionamenti iniziati dodici anni fa con l'avvocato Agnelli e col dottor Umberto»
Cosa prevedevano quei ragionamenti?
«Che la Juventus diventasse la prima società-azienda del mondo. Cominciammo a parlarne durante le vacanze di Natale del 1993. Dall'Avvocato e dal dottor Umberto traspariva sempre una grande passione per il calcio e per la Juventus, di cui erano tifosissimi»
Ritiene che i vari passaggi siano stati compiuti?
«Due su tre. Ora manca l'ultimo, il più importante, su cui vorrei continuare a lavorare»
Parliamo dei primi due
«All'inizio cominciammo con l'intervento su costi e conti, di pari passo con l'obiettivo sportivo. Poi ci siamo mossi per consolidare la societàJuventus, attraverso operazioni che ci hanno portato alla quotazione in Borsa e allo stadio di proprietà oltre alla realizzazione di un centro sportivo d’avanguardia che inaugureremo presto. I lavori per lo stadio-gioiello cominceranno alla fine del campionato. Queste sono iniziative che resteranno, in grado di produrre anche ricavi diversi da quelli tipici delle squadre di calcio»
Arriviamo alla terza fase: quella, pare di capire, dalla quale dipende anche la sua permanenza alla Juventus
«Bisogna prepararla velocemente. Io lo chiamo il “modello Ferrari”, perché è quello cui ci ispiriamo. Ovvero una grande industria che produce utili per una parte sportiva di assoluta eccellenza. La stessa cosa dovrebbe accadere alla Juventus. Era, lo ripeto, il pensiero di Giovanni e Umberto Agnelli»
La Juventus, oggi, rispetto a quel modello cos’è?
«Esiste solo la seconda parte, quella sportiva. Manca la prima, industriale. Cioè la componente che porterebbe ricavi aggiuntivi attraverso investimenti mirati»
Se abbiamo capito bene, una Juventus che agisce e produce anche fuori dal calcio?
«Una Juventus che possa operare in settori come l'intrattenimento, oppure l'alberghiero mediante l'acquisto di una catena di hotel. O magari nel campo immobiliare, o in quello dei media attraverso un gruppo editoriale. Qualcosa di simile al gruppo "L'Espresso", visto che ne sto parlando con "la Repubblica". Perché no?»
Cosa chiede l'amministratore delegato agli azionisti?
«Chiedo di investire risorse importanti per creare una società più forte, strutturalmente solida a livello patrimoniale ed economico»
Dopo l'ultimo Consiglio d'amministrazione, il dottor Gabetti che è presidente dell'Ifil, cioè la finanziaria della famiglia Agnelli che controlla la Juventus, ha annunciato che il piano industriale sarà ambizioso ma non faraonico. Non le pare già una risposta parzialmente negativa alle sue richieste?
«Penso che la portata del piano e degli investimenti sia conseguente al risultato che si vuole ottenere. Non chiediamo soldi per coprire perdite o per acquistare qualche altro giocatore, ma per creare un modello formidabile che nel calcio non esiste, e che ci permetterebbe di colmare il gap attuale tra una società come la nostra e altre grandi realtà europee, come ad esempio il Chelsea e il Real Madrid»
Quali le ricadute dal punto di vista sportivo?
«Vogliamo creare risorse permanenti che permettano alla Juventus non solo di finanziarsi al suo interno nel tempo, grazie al formidabile marchio commerciale che rappresenta, ma di avere una squadra sempre più forte e di livello mondiale»
Ritiene che questo sarebbe sufficiente per essere i più competitivi al mondo, e com'è ovvio in Italia?
«No, penso che non basterebbe. Perché quando si è risolto il problema patrimoniale ed economico, occorre acquisire più peso politico a livello di media. Per la Juventus, oggi non è così. Alcuni tra i nostri avversari dispongono di emittenti televisive e gruppi editoriali, e questo conta molto»
Crede che i proprietari di questi gruppi editoriali diano indicazioni precise ai loro dipendenti per favorire le loro squadre?
«Non penso che si arrivi a tanto. Ma non escludo che alcuni servi sciocchi si spingano oltre, più realisti del re. Può succedere, anzi succede»
Dottor Giraudo, e se fossero altri dirigenti a concludere il suo progetto, o comunque a godere i frutti del lavoro già svolto?
«L'interesse della Juventus e dei suoi tifosi viene prima di tutto. Certo, il nostro sogno non può che essere quello di vedere realizzate le cose che abbiamo progettato, e gestirle in prima persona. Mi spiacerebbe molto non proseguire la terza fase del programma»
Crede che i giovani della famiglia Agnelli abbiano la stessa passione dell'Avvocato e del dottor Umberto? Convinceranno la famiglia a investire nuove risorse nella Juventus?
«Me lo auguro, anzi ne sono sicuro. Spero che ci sia in loro lo stesso amore. La presenza fisica dell'ingegner John Elkann e di Andrea Agnelli all'ultimo Consiglio di amministrazione è stata significativa, così come quella del dottor Gabetti. Allo stesso modo è da interpretare la cooptazione in Consiglio del dottor Sant'Albano, nuovo amministratore delegato Ifil: un segnale importante»
Ma il tifo dei giovani Agnelli?
«Tifo e passione saranno da verificare nel tempo, però sono la premessa per tutto il resto»
Quando e come preparerete questo famoso progetto industriale?
«Dovremo vederci a scadenza almeno settimanale. Sottolineo che si tratta di un piano da far nascere insieme, Ifil e management bianconero, condiviso dalla famiglia Agnelli, per identificare le tipologie di investimenti da condividere»
La proprietà della Juventus non mette in dubbio che lei, Moggi e Bettega possiate restare al comando. Ottimismo eccessivo?
«La fiducia fa molto piacere. Voglio esprimere gratitudine per le tante opportunità che mi sono state offerte in questi anni, il resto lo vedremo»
Davvero Silvio Berlusconi le ha offerto un incarico importante?
«Con il dottor Berlusconi ho da sempre ottimi rapporti, e lui non ha mai mancato di mostrare apprezzamenti verso il nostro lavoro. Fu estremamente sportivo quando ci prestò Abbiati. Anche se lui ha sempre pensato che avrei continuato a lavorare per la Juventus, ha voluto incontrarmi e dirmi, in sostanza: “La stimo, sono sicuro che resterà a Torino ma qualora cambiassero le condizioni, sappia che noi possiamo far nascere insieme delle opportunità”»
E lei cos'ha risposto?
«Beh, in questi casi si ringrazia e si vede quel che succede»
Esiste la concreta possibilità che lei si occupi dei nuovi stadi per l'Europeo 2012?
«Il mio sogno è continuare a lavorare a tempo pieno per la Juventus»
Lo stadio rifatto porterà finalmente i torinesi alla partita?
«Senz'altro sì. Non mi sento di incolpare i tifosi per le gradinate semivuote: oltre metà del pubblico arriva da fuori, per lo più dalla Lombardia, e la Torino-Milano è impraticabile; le nuove norme per la sicurezza hanno creato restrizioni che possono scoraggiare; molte gare della Juve si disputano in notturna, ed è un sacrificio se la mattina dopo si va a lavorare. Inoltre, le statistiche dimostrano che gli italiani spendono il 5,5% in meno per spettacoli e divertimenti. Noi abbiamo cercato di premiare gli abbonati: mi spiace che si sia tanto parlato delle curve a 50 euro contro Inter e Milan, e pochissimo degli abbonamenti a un euro per le donne e i bambini»
C'è il rischio che la Juve perda Capello?
«Non esiste. Il progetto è che rimanga con noi fino al 2009
Campionato quasi vinto, Coppa quasi persa
«Al tempo. A Londra abbiamo creato i presupposti per una grande impresa a Torino. Voglio elogiare questo gruppo, probabilmente il migliore dei nostri dodici anni: grandi campioni e ragazzi di carattere. Hanno fatto non bene ma benissimo, sono in testa da settanta partite, questo spiega chi è il più forte»
La Coppa, invece, continua a essere una sofferenza: perché?
«Si tratta di un torneo dove i rischi sono maggiori. L'anno scorso ha vinto il Liverpool, quest'anno va forte l'Arsenal che in campionato ha 28 punti in meno del Chelsea già eliminato»
A quanto ammontano i mancati ricavi per chi esce nei quarti?
«Se vinci la Coppa, incassi circa 15 milioni di euro che diventano 10 per il secondo posto. La semifinale vale circa 5 milioni di euro»
Nel prossimo mercato venderete qualche pezzo pregiato?
«Non esistono esigenze di bilancio in tal senso. Ogni scelta servirà solo a rafforzare la Juventus. La proprietà ci ha dato indicazione di muoverci come se il progetto industriale esistesse già, ed è pronto un primo intervento finanziario. Le mosse iniziali sono state gli ingaggi di Marchionni e Cristiano Zanetti»
Dunque lavorate come se foste sicuri di rimanere
«Per altri dodici anni, come ha detto il dottor Gabetti. La Triade e Capello per la Juve più forte del mondo. Speriamo»
Cosa chiedete al nuovo governo?
«La priorità sono gli stadi, oggi totalmente inadeguati. Servono mutui agevolati per le ristrutturazioni, non necessariamente private, com'è accaduto in Inghilterra, in Portogallo per gli Europei 2004 e in Germania per i mondiali 2006. L'Europeo 2012. È l'occasione giusta per creare tanti posti di lavoro, una grande opera di economia diretta e indiretta»
Uno juventino di ieri, Michel Platini, se l'è presa con il G 14 di cui fate parte sulla questione degli indennizzi per i nazionali. Ha qualcosa da rispondere?
«Intanto, oggi la convocazione in nazionale conviene solo al giocatore e non al club. In caso di infortuni, le assicurazioni non coprono il pagamento degli stipendi, tuttavia non bisogna fare muro contro muro, non bisogna essere troppo rigidi. Da parte dei club serve forse più intelligenza, ma all'amico Michel suggerisco di essere meno demagogico e meno populista»
Questo era lo scenario. Ma ecco il colpo di scena. Gli Elkann sempre a quanto riportato dai giornali dell’epoca, riescono a neutralizzare il golpe orchestrato dalle banche attraverso una ardita operazione finanziaria, chiamata Equity swap, che di fatto consentirà loro di mantenere il controllo della FIAT. A questo punto partono i regolamenti di conti tra cui anche quello sulla Juventus.
Ma non doveva finire così. I patti non erano questi. Quando alla fine del 1993 l’avv.Gianni Agnelli accettò l’aiuto di Mediobanca e di Cuccia per risollevare le sorti della FIAT, piombata in una delle crisi più gravi della sua storia, dovette accettare un compromesso che pochi conoscono. Per far fronte alla pesante situazione finanziaria dell’Azienda fu varato un maxi aumento di capitale e fu imposto l’ingresso nel capitale di nuovi soci “importanti” tra cui Deutsche Bank e Generali. Ma non solo. Il vero prezzo che l’Avvocato dovette pagare fu la promessa di non lasciare la Presidenza del gruppo al fratello Umberto, e quindi di rimanere in sella insieme a Romiti. Questo passaggio di consegne era già stato stabilito all’interno della famiglia, ma il veto imposto da Cuccia, che non era mai stato in buoni rapporti con Umberto, costrinsero L’Avvocato ed il Dottore a un compromesso che prevedeva per quest’ultimo “solamente” il ponte di comando della IFIL, la società che di fatto è la cassaforte dell’Impero FIAT.
A margine di questo accordo, che segnò una “svolta epocale” nei rapporti tra i due fratelli, l’Avvocato accettò, come parziale risarcimento per Umberto, che quest’ultimo prendesse anche le redini della Juventus, che a quel tempo viveva il crepuscolo della gestione bonipertiana. Di fatto i due fratelli stabilirono che tutte le decisioni inerenti la gestione del giocattolo di famiglia fossero prese in maniera indipendente dal dottor Umberto.
Erano altri tempi. I due fratelli avevano una stoffa diversa dagli avventurieri della finanza moderna. Bastava la parola per definire un’intesa. E così fu. Il primo passo del Dottore, come tutti sappiamo, fu quello di trasformare la squadra che viveva ancora nel romanticismo post-Platiniano, in una Azienda modello, dove ogni cosa fosse pianificata ed organizzata per grandi obiettivi. Arrivano così Giraudo per l’area amministrativa, Moggi per quella sportiva e Bettega alla vicepresidenza. Per 12 anni questa struttura rimane immutata e costituisce probabilmente il team di dirigenti più preparati del calcio moderno.
Nelle migliori famiglie, è risaputo, ci possono essere però diversità di vedute e disaccordi. Anche Gianni e Umberto pur rispettandosi, come fratellanza impone, ogni tanto erano in disaccordo. Gianni era affezionato al business dell’auto, Umberto invece preferiva la diversificazione in altri settori. Morti i due patriarchi le fazioni si sarebbero schierate nel modo seguente: da un lato i fratelli Elkann, Montezemolo e i tutori Gabetti e Grande Stevens; dall’altra gli Umbertiani con a capo Allegra ,vedova di Umberto con il figlio Andrea Agnelli e ovviamente Giraudo che era uno dei manager più vicini ad Umberto.
In questo scenario verrà più volte segnalata dalle nostre fonti l’assoluta antipatia di Montezemolo per Giraudo il quale, pur con tutti i suoi difetti caratteriali e il classico musone da piemontese, era ed è un manager con i fiocchi, uno dei migliori della scuderia Agnelli. Anche Lapo Elkann più volte aveva rivolto giudizi abbastanza pepati sulla Triade, accusandola di sorridere poco e inaugurando di fatto l’era della “simpatia” che avrà poi in Cobolli Gigli il più accanito sostenitore ed interprete.
LA GENESI DI CALCIOPOLI
Nonostante lo sventato golpe delle Banche, il piano di Andrea Agnelli e Giraudo va avanti lo stesso. Il titolo Juventus in Borsa comincia a salire senza motivazioni. Qualcuno rastrella le azioni sul mercato. La transazione, in gergo finanziario definita Management Buyout, si dovrebbe a questo punto fare lo stesso ma con abiti ovviamente un po’ più ostili. Essa consiste in un passaggio delle quote di controllo dagli azionisti di maggioranza ai manager stessi dell’azienda. Ovviamente sulla base di un corrispettivo economico tale da invogliare i vecchi azionisti a cedere le proprie quote. Siamo a inizio 2006, la squadra è in testa al campionato e senza rivali.
Nel corso di un Consiglio di Amministrazione quantomeno anomalo, Moggi e Giraudo vengono confermati, ma solo a parole. Giraudo presenta il suo mega piano industriale che prevede ingenti investimenti e di cui si parla nell’intervista sopra esposta. Gabetti lo stoppa subito negando che ci saranno grossi investimenti da parte dell’azionista di riferimento. È il segnale che qualcosa si è rotto e che il pentolone bolle. Nessuno si immagina però cosa sta per succedere.
I due dirigenti non possono essere allontanati così facilmente per due motivi. Primo: sarebbe difficile da giustificare alla piazza e ai tifosi. Secondo: i due andrebbero altrove a remare contro e per come sono bravi e furbi sarebbe deleterio. Occorre qualcosa di traumatico in grado di eliminarli definitivamente dalla scena, senza peraltro creare rimpianti nei tifosi e allo stesso tempo giustificare la ridefinizione del famoso patto tra Gianni ed Umberto per la gestione della Juventus, che, come ricordiamo, era di pertinenza degli Umbertiani..
L’eliminazione dalla scena di Moggi e Giraudo però è da tempo l’obiettivo anche di qualcun altro e non a Torino. A Milano infatti i dirigenti dell’Inter sono da tempo convinti che le loro continue delusioni sportive non siano solo frutto di errori di gestione, ma anche di probabili illeciti dei dirigenti della Juventus.
Ne sono talmente convinti che arrivano addirittura a sbandierare in tv il fatto che stanno preparando un dossier circostanziato sull’argomento. Si scoprirà poi che Moratti, approfittando del rapporto privilegiato con i vertici Telecom e Pirelli, da sempre sponsor e munifici azionisti della squadra, ha incaricato alcuni personaggi che frequentano la sottile zona d’ombra tra le due aziende e i servizi segreti di effettuare indagini illegali sul mondo del calcio, arrivando persino a fatturare regolarmente le parcelle a queste agenzie investigative.
Ad ogni buon conto che qualcosa a Milano sapessero lo si era capito in realtà già a Marzo del 2006 quando in diretta tv Mancini “rivelò” a Moggi che presto avrebbe dovuto rispondere a qualcun altro in un aula di Tribunale. Alcuni addirittura riferiscono di dichiarazioni simili fatte nello spogliatoio della Pinetina, dove agli stralunati giocatori il tecnico e Facchetti avrebbero detto di stare tranquilli perché lo scudetto lo avrebbero vinto loro e che qualcosa stava per accadere.
In questo torbido scenario la Procura di Torino, nell’ambito del fantomatico processo per abuso di farmaci aveva commissionato e successivamente archiviato una serie di intercettazioni telefoniche a carico dei dirigenti della Juventus che contenevano alcune conversazioni con personaggi della Federcalcio che vennero ritenute non significative per la giustizia ordinaria e addirittura scagionanti per quella sportiva.
Qualche nemico però, la Juventus lo aveva anche a Roma, nelle segrete stanze del potere capitolino, lo stesso potere che aveva consentito nel 1999 l’accordo tra le famose sette sorelle (Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio, Parma, Fiorentina) le quali, tutte con ambizioni da scudetto decisero, nel corso di una cena estiva a casa di Carraro, di costituire un cartello e di nominare il famoso doppio designatore arbitrale, nelle persone di Bergamo e Pairetto. L’accordo in questione fu favorito anche dall’approvazione della famosa legge per la contrattazione individuale dei diritti televisivi, ad opera del governo di centrosinistra, il quale avallò senza battere ciglio un sistema che lo stesso governo, otto anni dopo, sta cercando in tutti i modi di cancellare, riportando nel calcio la contrattazione collettiva. L’equilibrio che scaturì da quegli eventi, favoriti da chi in quel momento governava Coni e Federcalcio e dai loro referenti politici e finanziari, è stato mantenuto fino al maggio del 2006 quando, come si vede, una triplice convergenza di interessi (Famiglia Elkann/Montezemolo - Inter/Moratti - Settori politicizzati della FIGC) ha determinato l’uscita di scena da veri capri espiatori di Luciano Moggi ed Antonio Giraudo, che a quel sistema si erano per così dire adeguati, ma al quale anche le altre sei sorelle costantemente si “abbeveravano”.
Il primo segnale che qualcosa stava alterando gli equilibri raggiunti nel 1999 fu una misteriosa interpellanza parlamentare effettuata dal senatore Gigi Malabarba, membro del Comitato di Controllo Parlamentare sui Servizi Segreti (Co.Pa.Co) in data 7 marzo 2006 atto 4-10255 seduta nr. 964 della XV Legislatura. Il senatore in questione chiede spiegazioni in Parlamento circa l’origine di alcuni bonifici di poche migliaia di euro che vengono rintracciati sui conti di alcuni impiegati della FIGC.
L’indagine della Magistratura sul mondo del calcio tuttavia aveva preso il via già da qualche mese e non solo dalla Procura di Torino, ma da varie Procure in tutta Italia. In particolare quella di Napoli imbeccata da Franco Dal Cin, vecchio dirigente dell’Udinese, il quale aveva raccontato ai pm dell’esistenza di una combriccola romana della quale avrebbero fatto parte parecchi arbitri, tra cui Massimo De Santis.
In seguito a queste indagini e a queste (presunte) rivelazioni vengono disposte centinaia di migliaia di intercettazioni telefoniche a carico di vari personaggi del mondo del calcio, tra cui Moggi e Giraudo. Le intercettazioni, come noto, vengono eseguite utilizzando strutture e tecnologie della Telecom. A questo punto interviene qualcuno o qualcosa.
L’attività di intercettazione probabilmente non dà i frutti sperati; pur tuttavia c’è l’esigenza di portare a termine un “lavoretto” per alcuni amici che hanno chiesto di incastrare alcune persone……. Entrano in scena due personaggi particolari, Giovanni Arcangioli ed Attilio Auricchio, due vecchie conoscenze dei servizi segreti, attualmente ufficiali dei Carabinieri addetti alle intercettazioni, ma già in passato accusati di aver manipolato alcune telefonate.
I due fanno un piccolo capolavoro. Confezionano due informative per la procura di Napoli dove, insieme alla trascrizione di 40 telefonate (su 100.000 intercettazioni) degli accusati, costruiscono un castello di deduzioni e teoremi che sembrano discorsi da bar sport. Difficile non immaginare nella impaginazione di quelle informative la sapiente mano di qualche giornalista sportivo o di qualche dirigente di squadra di calcio.
Alcune dichiarazioni di persone accusate e di altre non coinvolte nel procedimento fanno addirittura pensare che siano state filtrate solo le telefonate “adatte allo scopo da raggiungere”. Altre indiscrezioni parlano di mancati incroci tra telefonate fatte e ricevute dalle singole utenze. Insomma qualcosa di anomalo sta accadendo. Parallelamente una manina fa arrivare i testi di queste intercettazioni alla Gazzetta dello Sport.
EPILOGO
Siamo ormai a maggio del 2006. La Juve vince il suo ventinovesimo scudetto sul campo mentre sui giornali scoppia la bufera. Juventus, Milan, Lazio, Fiorentina ed altre squadre minori vengono accusate di aver creato un sistema di condizionamento del sistema arbitrale mentre addirittura alcuni protagonisti, specialmente Moggi e Giraudo, vengono accusati di “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”.
I magistrati si fidano ciecamente di quanto trascritto dai carabinieri di Roma nelle loro informative ed emettono pesanti accuse. Più tardi gli stessi magistrati, leggendo con attenzione la documentazione si accorgono probabilmente di essere stati strumentalizzati per un disegno ben preciso. Si accorgono che quelle informative cosi come sono state confezionate sono assolutamente insufficienti per sostenere le accuse che avevano già colpevolmente emesso nei confronti delle persone coinvolte. Saranno costretti a chiudersi nel più stretto riserbo ed avviare un processo interminabile di riascolto di tutte le telefonate intercettate che, si scoprirà in seguito, contengono molte sorprese.
Ma torniamo alla fine del campionato, maggio 2006. Il prode John Elkann rilascia una dichiarazione che per noi tifosi rimbomba ancora sinistra: «Siamo vicini alla squadra e all’allenatore. Sono state fatte cose riprovevoli. Ripartiremo dai giovani». Moggi a questo punto si dimette e con lui è costretto a fare lo stesso anche Giraudo, insieme a tutto il cda. È curioso far notare che i giornali che più di tutti si accaniscono contro la Juventus e i suoi dirigenti sono proprio quelli della scuderia Rcs in cui gli Agnelli sono soci, ovvero La Gazzetta dello Sport e Il Corriere della Sera e, ovviamente, La Stampa di cui sono addirittura proprietari.
In questo modo inizia il processo mediatico, svolto in maggior parte sui giornali. Un processo che parte non dall’accusa ma dalla sentenza: Juve colpevole. In verità, leggendo le intercettazioni pubblicate non si ricava la benché minima prova di eventuali illeciti. Si percepisce piuttosto un mondo sicuramente malato dove ognuno cerca di tirare l’acqua al proprio mulino, spesso senza riuscirci, e soprattutto una generale atmosfera di goliardie e millanterie che lascia trasparire un’inopportuna confidenza tra settori della Federcalcio, dirigenti di squadre di calcio e alcuni arbitri. Ma nessun illecito.
È il via all’estate più incredibile che si potesse immaginare. I tempi purtroppo sono strettissimi: c’è di mezzo il Mondiale e bisogna fare presto. A capo della Figc, ovviamente commissariata, viene chiamato un personaggio che pochi conoscono ma che gli addetti ai lavori ricordano come ex-consigliere di Amministrazione dell’Inter, Guido Rossi.
La sua chiamata a Commissario straordinario della Federcalcio avviene attraverso un atto che non verrà mai reso pubblico poiché le modalità con cui viene eletto probabilmente non gli consentirebbero alcune delle decisioni da lui prese successivamente, rendendole illegittime, come ad esempio la riduzione dei gradi di giudizio, la sostituzione dei giudici ed altre norme stabilite ad hoc per la farsa che si va organizzando.
Il personaggio è ingombrante, presuntuoso ed odia quanto basta la Juventus per avallare fin da subito le sentenze emesse dai giornali. Innanzitutto si circonda di suoi fedelissimi collaboratori tra cui Nicoletti, già braccio destro di Moratti alla Saras e, successivamente, riduce i gradi di giudizio del processo sportivo da tre a due. Di fatto sostituisce la gran parte del Collegio giudicante mettendo a capo dello stesso un vecchio giudice in pensione di nome Ruperto. Infine “istruisce” i giudici affinché venga fatta giustizia in maniera dura, esemplare e spietata
“Dimentica” però di sostituire i giudici che pronunceranno le sentenze di secondo grado che come vedremo saranno completamente capovolte, tranne che per la Juventus. In realtà non si dimentica affatto ma gli viene impedito dal primo rigurgito di quel sistema che stava cercando di spazzare via. Negli stessi giorni, frattanto, Oriali e l’Inter patteggiavano vergognosamente la condanna penale per la vicenda dei passaporti falsi, accompagnati dal silenzio complice dei mass-media.
In questa tempesta, la Juventus e la sua proprietà sembrano immobili. Qualcuno ipotizza che nei primi giorni dello scandalo i vertici juventini siano stati rassicurati circa la permanenza della squadra in serie A, circostanza che, come si vedrà, sarà completamente disattesa dagli atti compiuti dal Commissario Guido Rossi. Dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione la reggenza viene affidata a Carlo Sant’Albano, amministratore delegato di Ifil. La dirigenza di fatto non esiste più. In questo scenario viene nominato, in qualità di legale difensore. l’avv. Cesare Zaccone.
Arrivati a questo punto, però, la fuga di notizie e l’attacco frontale effettuato dai mass-media hanno reso la situazione di fatto irrecuperabile. Tutta l’Italia calcistica, fomentata dal suddetto attacco mediatico, ha ormai a furor di popolo condannato le persone che, ad onor del vero, erano ancora solamente indagate, sia per la giustizia sportiva che per quella ordinaria. La Juventus in serie B, il sogno proibito di milioni di tifosi, si materializzava come per incanto. Finalmente anni ed anni di frustrazioni venivano ripagate con una gogna fino a poche settimane prima inimmaginabile.
Fonti attendibili riportano in questa fase di un patto tra Grande Stevens e Guido Rossi, durante il quale quest’ultimo viene rassicurato sul fatto che la Juventus avrebbe accettato la serie B, a condizione che anche le altre imputate avessero avuto la stessa pena.
Questa circostanza è avvalorata dal fatto che alcuni dei campioni in forza ai bianconeri erano già stati venduti prima delle sentenze sportive. Comunque sia, Guido Rossi accetta l’accordo (o finge di accettarlo?). Ma, come vedremo, le cose vanno diversamente da come erano state apparecchiate. A fine giugno viene insediato il nuovo Cda, capitanato da tale Giovanni Cobolli Gigli, un manager ricordato soprattutto per le sue imprese da liquidatore di altri asset di casa Agnelli. In quei giorni serviva qualcuno che mettesse la faccia come Presidente del periodo più brutto della storia della Juventus. E, da informazioni assunte al riguardo, pare che nessuno abbia voluto gravarsi dell’ingrato compito, costringendo la proprietà ad accontentarsi di una soluzione di estremo ripiego. Nei prossimi anni Cobolli Gigli sarà ricordato soprattutto per le sue memorabili dichiarazioni che inducono l’interlocutore a sospettare che sappia veramente poco di calcio e che sia capitato per caso sulla scena del delitto.
Invece il processo, istruito da Francesco Saverio Borrelli, ex magistrato di Mani Pulite, sarà ricordato nei secoli come una farsa senza eguali, grazie al suo surreale e brevissimo svolgimento dove si è riuscito a calpestare le più elementari regole di garanzia per gli imputati, a cominciare dal diritto alla difesa.
Per accelerare la farsa e renderla “credibile” Guido Rossi manda Borrelli a Napoli dove, previa una telefonata di Nicoletti con cui viene fatta illecita pressione sui Pm della procura, riesce a farsi consegnare le informative dei Carabinieri, che in questa fase dovrebbero essere materiale altamente riservato ma che invece appaiono in stralci su giornali e mass-media. Molti magistrati e giudici avranno successivamente modo di dichiarare che si è trattato di un vero e proprio “aborto giuridico”. Il Procuratore federale Palazzi, imbeccato da Borrelli, chiede pene durissime per tutti, ed in particolare per la Juventus, per la quale si parla di retrocessione in C1.
Zaccone, nel corso del brevissimo e farsesco dibattimento, incalzato da Ruperto, dichiara maldestramente che la pena congrua consisterebbe nella B con penalizzazione, cosa che prontamente viene fatta mettere a verbale. La dichiarazione di Zaccone, che suscita stupore e indignazione nei tifosi, figlia diretta degli accordi Rossi-Grande Stevens e viene pronunciata proprio per cercare di rimanere ancorato al carro delle altre imputate per le quali era stata chiesta la B con penalizzazione.
La molle difesa di Zaccone viene strumentalizzata dai giornali di regime che, con titoli a tutta pagina,, la fanno passare per un’ ammissione di colpevolezza. La sentenza di primo grado che giunge di lì a poco è delirante nelle motivazioni, riuscendo a trasformare in illeciti conclamati e reiterati (art.6) una somma di episodi di slealtà (art.1) e inventando di sana pianta il reato di “illecito strutturale”. Addirittura devastante la pena comminata che consiste in una serie B con trenta punti di penalizzazione, la revoca di due scudetti ed altre sanzioni accessorie. Cobolli Gigli appare indignato. Nell’ombra probabilmente qualcuno invece è soddisfatto della piega presa dagli eventi.
Intanto, in Germania la nostra nazionale diventa Campione del Mondo in una finale con la Francia addirittura surreale. In campo ci sono otto giocatori che militano nella Juventus più altri cinque che vi hanno militato recentemente. In panchina e nello staff tecnico figurano altri quattro juventini di lungo corso tra cui Marcello Lippi. In totale 17 protagonisti dal Dna juventino.
La Juventus di Moggi trova così la sua apoteosi nella vittoria del Mondiale, con uno dei principali artefici del successo ormai fuori dal Calcio. In breve tempo la fortissima Juventus allestita da Luciano Moggi viene rapidamente smembrata dal liquidatore Cobolli, il quale ha l’incarico di procedere alla riduzione dei costi a prescindere dal campionato in cui si giocherà, assecondando i desiderio di John Elkann di puntare sui giovani.
Ecco quindi che ben otto giocatori vengono venduti in un crescendo rossiniano di menzogne e inganni culminati con la cessione all’Inter di due giocatori del valore di Ibrahimovic e Vieira.
La sentenza di secondo grado, emessa da un tribunale espressione diretta dell’ex presidente Carraro, e quindi organico al vecchio sistema, ribalta la sentenza di primo istanza, attenuando notevolmente le pene di Milan, Fiorentina e Lazio, alle quali viene restituita la serie A con penalizzazione. Incredibilmente i rossoneri ritrovano anche la partecipazione alla Champions League. La Juventus, invece, rimane relegata in serie B con 17 punti di penalizzazione.
Leggendo il delirante dispositivo di sentenza si apprende stranamente che “è concettualmente ammissibile l’ottenimento di un vantaggio in classifica pur prescindendo dall’alterazione di una singola gara”. Che cosa e’ successo? Semplicemente è accaduto che la Juventus è stata punita nuovamente dal Tribunale di secondo grado, espressione diretta di Carraro e Berlusconi, proprio per aver fin da subito effettuato la scelta collaborazionista con il nuovo sistema guidato dall’Inter e dalla Roma. Insomma, come si suol dire “cornuti e mazziati”. È chiaro ormai che l’accordo Grande Stevens - Rossi è definitivamente saltato.
Nel frattempo gli “onesti” di Moratti, grazie alla compiacenza dell’ultrà Guido Rossi, si vedono assegnare uno scudetto, quello 2005-2006, che non è mai stato oggetto di indagine e che la Juventus ha vinto sul campo con il siderale distacco di 15 punti. Gli Elkann capiscono di essere stati raggirati. In giro l’umore dei tifosi e soprattutto degli azionisti di minoranza, riunitisi nel frattempo in diversi Comitati, è assolutamente nero e con insistenza questi ultimi premono sulla proprietà affinché reagisca a questo scempio.
John Elkann, mosso dall’orgoglio, ordina a Cobolli di fare la voce grossa nel corso della Conciliazione al Coni, non ottenendo ovviamente esito positivo. Successivamente, decide di preparare un ricorso al Tar del Lazio che, carte alla mano, definire un “capolavoro giuridico” è riduttivo. Preciso, circostanziato, e soprattutto nelle cifre, spietato. Tutto sembra deciso, si va al Tar.
Qualcuno a Roma comincia a spaventarsi e a credere che davvero i due fratellini possano andare fino in fondo. Sarebbe una circostanza senza precedenti per il calcio italiano: in caso di accoglimento del ricorso, molto probabile a giudicare dalle dichiarazioni di illustri avvocati amministrativisti, i campionati devono essere sospesi e i processi rifatti. Il governo ed il primo ministro in persona si muovono direttamente con Montezemolo e lo pregano di mettere un freno alla situazione. Non si vuole il caos, il ritardo dei calendari, il malumore delle piazze coinvolte, la delusione della stragrande maggioranza degli italiani convinti che tutto il male sia la Juventus. Ed il primo ministro ha buon gioco nel convincerlo. Sa che lui non può mettersi contro l’establishment perché lui, e ciò che rappresenta, sono parti importanti dello stesso.
Siamo a fine agosto. A Torino si svolge un vertice tra Montezemolo, J, Elkann e Gabetti. I due anziani convincono il giovane di famiglia a deporre le armi. Questo ciò che gli viene detto: “Sappiamo che siamo stati sottoposti ad un giudizio di piazza senza garanzie, però ormai la gente si è formata un opinione e noi non la possiamo cambiare. Pensa a cosa avrebbe fatto tuo nonno in questo caso, non si sarebbe mai mischiato coni vari Gaucci e Preziosi ma avrebbe bevuto fino in fondo l’amaro calice, in osservanza alla sua storia, alla fedeltà all’ordine costituito e a tutto ciò che la Fiat è stata, ha rappresentato e vuole ancora rappresentare. Anche da un punto di vista economico, dopo le cessioni, la riduzione del monte ingaggi, la conferma degli sponsor, la rinuncia alla Champions League non c’è grande differenza tra i due scenari. Perciò, per le responsabilità che abbiamo e per le aziende che rappresentiamo dobbiamo ingoiare il boccone e scendere a patti con le autorità sportive”. Il giorno stesso viene istruito di conseguenza il povero Cobolli Gigli.
È il 31 agosto 2006. La Juventus, la sua centenaria storia di successi e la passione dei suoi tifosi vengono calpestati senza pietà, in cambio della riduzione di qualche punto di penalizzazione in serie B (sancito nel successivo Arbitrato) e, probabilmente, di un provvedimento sulla rottamazione auto nella Finanziaria 2006.
Gli stessi giocatori e l’allenatore Deschamps rimangono sbigottiti dal comportamento del Cda che, in un Consiglio dalla durata biblica, stabilisce la definitiva rinuncia al Tar. È un dato di fatto, questo, che fa ritenere attendibile la circostanza che i giocatori e il tecnico fossero stati rassicurati sul fatto che sarebbero state percorse, purtroppo tardivamente, tutte le strade per cercare di riottenere la serie A.
Lo strappo del 31 agosto tra squadra e società è una ferita che ancora oggi nelle dichiarazioni dei giocatori si percepisce quanto sia stata dolorosa, soprattutto per quelli che avevano accettato di rimanere a Torino. A questo punto non è più possibile tornare indietro. La squadra è costretta a subire la gogna dei campi della serie B e i tifosi invece sono costretti a subire le farneticanti dichiarazioni di Cobolli Gigli sulla sica della cosiddetta operazione simpatia.
È tutto finito? Quanti e quali capitoli potranno essere ancora scritti su questa dolorosa vicenda? La sensazione che si percepisce tra le stesse fonti che ci hanno permesso di elaborare questa ricostruzione è che qualcosa bolle ancora in pentola. Qualcuno, nel frattempo, aspetta sulla sponda del fiume…

Articolo del 13 July 2007

Il risultato del Boicottaggio? Tv e Giornali a caccia dei tifosi della Juve

TV E GIORNALI A CACCIA DEI TIFOSI DELLA JUVENTUS - Obiettivo numero 1 delle tv, quest'anno: conquistare i tifosi della Juventus. Che è tornata in serie A e conta, dal Trentino a Lampedusa, milioni di sostenitori. Per questo le varie emittenti si stanno attrezzando. La Rai non ha i diritti del campionato, li ha presi Mediaset (e sta ancora piangendo...). Ma c'è grande fermento in casa Rai per la prossima stagione. E il direttore ha deciso. La Domenica Sportiva la conduce lui. Il direttore è Massimo De Luca, n. 1 di Rai Sport. La direzione Rai non pare particolarmente entusiasta di questa scelta, la redazione (e il cdr) ancora meno. Ma cos� finir�.
Il problema, semmai, � rilanciare queste trasmissioni ormai in crisi: lo scorso anno Jacopo Volpi l'aveva tenuta a galla. In un momento difficile, con risorse limitate. Ora si vedr�. Non si sa ancora se ci sar� Teo Teocoli, che ha un contratto con la Rai ma che De Luca non vede bene, tanto che voleva farlo fuori gi� nello scorso inverno. Mediaset spera in uno sconto da parte della Lega Calcio sui diritti (65 milioni) ma la causa va avanti: intanto la corazzata di Piersilvio Berlusconi pensa anch'essa come conquistare le simpatie dei tifosi juventini, e per questo potrebbe ingaggiare come opinionista Roberto Bettega, bandiera della Juve (appena cacciato dalla nuova dirigenza).� Sky vuole cambiare ma non si sa come: il nuovo direttore, Andrea Zappia, viene dal marketing. La guida dello sport � in mano a Massimo Corcione. Come verr� rilanciato il calcio? Non si sa ancora. Forse verr� recuperato Giorgio Porr� che aveva condotto una trasmissione di successo, "Lo sciagurato Egidio", poi stranamente cancellata. Sky non ha alcune intenzione di spendere i soldi dell'anno scorso (39 milioni) per i diritti della B: ne ha offerti 15 a Matarrese. Non di pi�. Problema di budget pure a La7: la trasmissione del luned�, "Le partite non finiscono mai", potrebbe essere confermata ma in tono minore. (Repubblica.it - Spycalcio) è ì à ú ú
IL COMMENTO di GUASTO1967�- Se qualcuno�nutriva dubbi, questo articolo dimostra in maniera inconfutabile che il boicottaggio ha funzionato. Dopo un anno di disinformazione e di giustizialismo mediatico esercitato nei confronti della Juve e anche di noi Juventini, accusati dai tifosi avversi di essere ladri o peggio,�questi�quaquaraqu�(vorrei usare un altro termine, ma�lasciamo stare)�si accorgono ora che la Juve "conta milioni di sostenitori, dal Trentino a Lampedusa", e pensano a "come conquistare le simpatie dei tifosi bianconeri". Personalmente non tornerei a leggere la Gazzetta neanche se cacciassero�Palombo e Cannav�, paladini del giustizialismo, del "mandate la Juve in B a ogni costo", e sostenitori della condanna della Juventus, retrocessa, lo ricorder� fino alla nausea,�per �"avere alterato la classifica senza avere alterato alcuna partita"(se non credete, leggetevi la sentenza, che ha�definito tale IDIOZIA "concettualmente ammissibile", come se sia "concettualmente ammissibile" che il TOTALE DI UNA SOMMA POSSA ESSERE ALTERATO SENZA VARIARE GLI ADDENDI).
Allo stesso modo la presenza di Bettega a Co(rrotto)ntrocampo quest'anno, se confermata, non servir� sicuramente ad invogliarmi a guardare quella pseudo trasmissione sportiva(spero ancora che il buon Bobbygol si ricordi di tutto quello che lor signori hanno vomitato addosso alla Triade�e non accetti di andare a fare�il pagliaccio�tra quella accozzaglia di pennivendoli e urlatori, che al primo episodio dubbio a favore della Juve, tireranno fuori Moggi, Moggiopoli e compagnia bella), a meno che non caccino a pedate i sigg.ri Ziliani, Piccinini e Liguori, di cui quest�anno non ho sentito assolutamente la mancanza, e la cui presenza in video mi fa non solo cambiare immediatamente canale, ma � anche un buon lassativo. Le loro minchiate e i loro trash televisivi li dedichino ad interisti, milanisti e supporter del �Pupone�( a proposito, chiss� se Del Piero si fosse comportato come Totti nei confronti della Nazionale cosa avrebbero detto). Nel prossimo campionato sar� quindi fondamentale confermare, e possibilmente incrementare, tutte le forme di boicottaggio, senza se e senza ma nei confronti non solo delle trasmissioni, ma anche e soprattutto degli sponsor che le finanziano: questa gente deve sapere che NOI NON ABBIAMO DIMENTICATO E MAI DIMENTICHEREMO. �Non � un problema solo di persone, ma una questione di natura etica che riguarda la qualit� dell'informazione e il rispetto dei diritti degli altri. Questi quaquaraqu� dovranno prendere atto che quella che loro con enfasi hanno battezzato �Moggiopoli� e li ha fatti assurgere a difensori della legalit� dimenticando che anche chi ha falsificato passaporti e truccato bilanci, fatti passare per un �cos� fan tutti� hanno commesso un illecito punibile con la retrocessione, ha rappresentato per come ce lo hanno raccontato e fatto vivere a noi tifosi Juventini un punto di non ritorno per le loro tasche. Giova e giover� sempre ricordare che cosa hanno fatto finta di non sapere questi �geni� della carta stampata:
1. Che il giudice � stato nominato in maniera illegittima quando il procedimento era gi� in corso;
2. Che�esisteva un errore procedurale perch� si � cominciato dal secondo grado della (in)Giustizia Sportiva (CAF);
3. Che non si � dato spazio alla voce delle difese e non c'� stato contraddittorio;
4. Che le intercettazioni non si potevano utilizzare;
5. Che si parlava di un unico illecito ma tanti art. 1 non fanno un art. 6;
6. Che�esisteva incongruenza sul fatto che nessun arbitro sia stato condannato;
7. che Moggi non era rappresentante legale come risulta da documento presentato agli atti ma non preso in considerazione dalla corte;
8. Che in interviste rilasciate ancora "a caldo" la corte ha ammesso di aver subito pressioni medianiche;
9. Che duronoinflitte una serie di sanzioni immotivate e troppe rispetto ai reati contestati: si identificano due campionati di competenza per un'unico presunto illecito;
10. Che fu fatto un mix sanzionatorio immotivato e recante danni economici ingentissimi.
La parola d�ordine anche quest�anno dovr� per questi motivi essere RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE, perch� se� crederemo che l�essere tornati in A ci risparmier� una nuova gogna mediatica e torneremo dei tifosi che guarderanno quelle trasmissioni per far arricchire i loro portafogli, avranno vinto loro, i Palombo, i Cannav�, i Verdelli, i Piccinini, i Liguori, gli Ziliani.

TROVA LE DIFFERENZE: di Emilio Cambiaghi

TROVA LE DIFFERENZE
di Emilio Cambiaghi

Milan: 190 miliardi di fondi neri ai calciatori (1992-97): tutto in prescrizione grazie alla nuova legge sul falso in bilancio ideata, guarda caso, da Berlusconi (3 agosto 2001).
GIUSTIZIA SPORTIVA: non abbiamo fatto in tempo a contare tutti i miliardi…

Milan: Caso Lentini (1992). 10 miliardi in nero. Per metà stagione 1991/92 Berlusconi è padrone di due squadre (Milan e Torino): tutto in prescrizione (vedi sopra).
GIUSTIZIA SPORTIVA: Chi è Lentini?

Milan: Passaporto falso di Dida. 1 miliardo di multa, squalifica di 4 mesi al giocatore, che viene ceduto in prestito.
GIUSTIZIA SPORTIVA: se non abbiamo punito Recoba, perché dobbiamo punire Dida?

Milan: Gattuso, Seedorf e altri 3 milanisti (5 su 15 rifiuti totali….) si rifiutano di sottoporsi ai controlli incrociati (2005). Le loro giustificazioni vengono completamente sconfessate dai responsabili dei laboratori antidoping. Nessuno indaga.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Zeman non ci ha ancora telefonato.

Milan: Borriello positivo all’antidoping per due corticosteroidi (2006). La giustificazione della pomata vaginale della fidanzata non regge (un così piccolo quantitativo non può causare positività ai controlli). Dove ha assunto quelle sostanze il calciatore? Per lui tre mesi di squalifica.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Zeman aveva il telefono spento.

Milan: 2002/03, viene concesso ai rossoneri di chiudere il (disastrato) bilancio il 31 dicembre in luogo del canonico 30 giugno.
GIUSTIZIA SPORTIVA: i soldi dei diritti tv li dobbiamo pure prendere.

Milan: plusvalenze gonfiate. (1999/2005) scambi di più o meno famosi giovanotti a prezzi gonfiati con Lazio e Inter.
GIUSTIZIA SPORTIVA: questi giovani devono pur lavorare.

Milan: (2006) Calciopoli. Il Milan è l’unica società a parlare e ad intrattenere relazioni con gli arbitri (telefonate di Meani, dossier di Paparesta, Collina) oltre che a fare pressioni ben precise (su/giù con la bandierina, “ così abbiamo potere anche nelle serie inferiori”, Galliani promuove Marano e D’Addato tramite Meani).
GIUSTIZIA SPORTIVA: Il Milan è vittima. Lo ha detto la televisione.

Milan/Inter: caso Brunelli (2006). Plusvalenza selvaggia per uno sconosciuto ragazzino. Firma falsa per siglare il contratto appena in tempo per chiudere il bilancio (il calciatore era in Sardegna).
GIUSTIZIA SPORTIVA: la colpa è di Brunelli. Ma non poteva fare le vacanze a Buccinasco?

Inter: Caso Genoa-Inter 2-3 (1983). Partita biscotto rovinata da un inaspettato gol di Bagni a 3 minuti dalla fine.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Avevamo tanti camion di sabbia da scaricare…

Inter: Passaporto falso di Recoba (1999). Dirigenti patteggiano in sede di giustizia ordinaria. Moratti, prima delle sentenze sportive aveva grottescamente dichiarato: «Se squalificano Recoba e poi la giustizia ordinaria lo assolve, chi ci restituisce squalifiche e penalizzazioni?». 1 miliardo di multa e 4 mesi di squalifica (scontati in estate) al calciatore.
GIUSTIZIA SPORTIVA: avevamo della sabbia avanzata dal 1983…

Inter: Fidejussione onorata in ritardo (2002). La Federcalcio concede all’Inter di “chiuderla” al 31 marzo, anziché al 31 dicembre. In pratica, mentre le altre squadre portano le credenziali per iscriversi al campionato successivo, l’Inter chiude l’iter per iscriversi al precedente.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Moratti è talmente ricco che non ha bisogno di questi trucchetti

Inter: Kallon trovato positivo al nandrolone (2003). Tutti gli altri casi si erano concentrati nel 2001, facendo sospettare di integratori “fallati”. Il caso di Kallon è isolato (due anni dopo), quegli integratori non erano più in commercio.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Zeman sta retrocedendo, meglio non infastidirlo

Inter: Georgatos rivela di essere stato testimone di strane pratiche farmacologiche all’interno dello spogliatoio interista (2006).
GIUSTIZIA SPORTIVA: Zeman è stato appena esonerato, lasciamolo in pace

Inter: Calciopoli (2006). L’Inter intrattiene “rapporti confidenziali” (parole sue) con l’arbitro Nucini. Facchetti è ospite a casa di Bergamo quando l’Inter gioca in Toscana. Facchetti “era quello che chiamava più di tutti e in un paio di occasioni si è andati un po’ oltre” (De Santis dixit). “Puntano tutto sull’Inter”, “Pairetto rende conto a Milan, Inter, Sampdoria, ai grandi magazzini, dove c’è da lavorare”.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Guido Rossi

Inter: Plusvalenze selvagge (2000-2005). Secondo la Procura di Milano non aveva i requisiti per iscriversi al campionato (poi assegnato a tavolino). In ogni caso,
GIUSTIZIA SPORTIVA: Palazzi, Borrelli

Inter: Pedinamenti di De Santis, Vieri, Jugovic. Telefoni della Juventus spiati.
Pratica “Como”, Dossier “Ladroni”.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Tavaroli e Cipriani facevano tutto di loro iniziativa, quello che non facevano di loro iniziativa è prescritto

Lazio: passaporto falso di Veron (2000). Multa alla società, 1 anno di squalifica al dirigente Pulici.
GIUSTIZIA SPORTIVA: È l’anno del Giubileo, lo scudetto va a Roma!

Lazio: biancocelesti iscritti al campionato senza averne i requisiti (2003-2004). Cragnotti si firmava da solo le fidejussioni e ha sistemato il tutto con qualche leggerissima plusvalenza.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Carraro, Mcc, Capitalia

Lazio: debiti col fisco spalmati in 23 anni (2005).
GIUSTIZIA SPORTIVA: 23 anni passano in fretta

Roma: Tentata corruzione dell’arbitro Vautrot prima di Roma-Dundee di Coppa dei Campioni (1984). Squalifica di un anno dalle coppe convertita in multa di 168 milioni.
GIUSTIZIA SPORTIVA: la Roma è parte lesa

Roma: Regole cambiate in corsa (2001). A 3 giorni dalla partita decisiva per lo scudetto vengono cambiate le regole sull’utilizzo degli extracomunitari. La Juve dei potentissimi Moggi e Giraudo si oppone, ma non ottiene nulla. La Roma schiera così l’extracomunitario Nakata, che risulta decisivo.
GIUSTIZIA SPORTIVA: È l’anno del giubileo, lo scudetto va a Roma! E poi la Roma è parte lesa

Roma: passaporti falsi di Cafu e Bartelt. Solo qualche mese di squalifica ai calciatori.
GIUSTIZIA SPORTIVA: la Roma è parte lesa

Roma: fidejussione sulla carta del formaggio (2003). Tra l’altro presentata fuori tempo massimo. Il Cosenza, per lo stesso motivo, viene fatto fallire.
GIUSTIZIA SPORTIVA: la Roma è parte lesa

Roma: Plusvalenze selvagge (2000-2004). Al bilancio chiuso il 30 giugno 2002 vengono iscritti 95,3 milioni di plusvalenze, derivate dalla cessione dei seguenti campionissimi:
Marco Amelia, Cesare Bovo, Franco Brienza, Simone Casavola, Daniele Cennicola, Daniele De Vezze, Giuseppe Di Masi, Simone Farina, Alberto Fontana, Gianmarco Frezza, Armando Guastella, Daniele Martinetti, Giordano Meloni, Matteo Napoli, Simone Paoletti, Manuel Parla, Marco Quadrini, Cristian Ranalli, Fabio Tinazzi, Alfredo Vitolo.
GIUSTIZIA SPORTIVA: Questi giovani devono pur lavorare, e poi la Roma è parte lesa

Roma: Caso Bergamo-Sensi (2005). Una microspia intercetta una strana conversazione tra i due.
GIUSTIZIA SPORTIVA: ma lo volete capire che la Roma è parte lesa?

Legge Spalmadebiti (2003): non ne usufruisce la Juventus. Le altre squadre (Inter, Milan, Roma, Lazio) possono andare avanti a fare campagne acquisti faraoniche.
GIUSTIZIA SPORTIVA: cos’è la legge spalmadebiti?

Vendita del marchio: annullati gli effetti della legge spalmadebiti, si passa subito ad un nuovo artificio contabile, la vendita del marchio a se stessi (Inter, Milan, Roma, Lazio).
GIUSTIZIA SPORTIVA: cos’è la vendita del marchio? E poi Moratti, Berlusconi e Sensi sono talmente ricchi che non ne avrebbero comunque avuto bisogno.

Juventus: un mediocre allenatore una mattina si alza e dice che due giocatori della Juve sono troppo grossi. Ne nasce un processo che dura 9 anni. La società bianconera è vivisezionata in tutte le sue parti (intercettazioni, controlli a sorpresa agli allenamenti, perizie ematologiche) e si scopre che il doping NON esiste. Si tenta di far passare l’abuso di farmaci (pratica comunissima in tutte le società sportive) come un reato (ma allora le infiltrazioni antidolorifiche cosa sono? E la carnitina di Bearzot e Vecchiet nel 1982?).
GIUSTIZIA ORDINARIA: il sentimento popolare è che la Juve rubasse e poi non potevamo far passare Guariniello per un visionario

Juventus: Calciopoli. Un anno di intercettazioni dimostra che non esiste una sola telefonata tra la Juventus e gli arbitri, che non esiste una sola conversazione in cui si richiedono favori o trattamenti particolari. La teoria dell’illecito strutturato (reato che, peraltro, non esiste nel codice di giustizia sportiva) si smonta da sé leggendo le informative.
GIUSTIZIA SPORTIVA: il sentimento popolare è che la Juve rubasse (d’altra parte vinceva troppo) e poi Tronchetti, Moratti, Berlusconi, Franzo Grande Stevens, Zaccone, Gabetti, Montezemolo, Guido Rossi, Ruperto, Sandulli, Palazzi, Borrelli, quindi JUVE IN B CON PENALITÀ, DUE SCUDETTI IN MENO, FUORI DALLA CHAMPIONS, IL CALCIO È FINALMENTE PULITO

Mercoledì 4 Luglio 2007

LA VERGOGNA DI hurra' JUVENTUS

Questo articolo voglio scriverlo a più mani, insieme ad amici del forum, riprendendo parte dei loro giudizi sulle frasi del Verdelli.

5 July 2007
Verdelli, non così.

Hurrà Juventus, il mensile di casa Juve, dedicato ai noi tifosi della Vecchia Signora ha, nel numero in edicola da ieri, intervistato un giornalista “noto”. Non Rocca, Ostellino, Sposini o Giletti. Ha scelto, ad un anno esatto dal “massacro mediatico”, di intervistare Carlo Verdelli, direttore del quotidiano rosa.
Intendiamoci: Hurrà ha il diritto di intervistare chi vuole ma, per pari diritto, noi siamo sollevati dal dovere qualsiasi “tifosa benevolenza” nei confronti del giornale bianconero.

L'utente Bianconero72, sul forum j1897.com, ci informa che a pag. 51 di Hurra' Juventus l’intervistato Carlo Verdelli dice: “Faccio questo mestiere da 26 anni e non ho mai ricevuto tanti insulti, minacce e violenze verbali, ma è evidente che nei forum hanno sobillato, c'è stata una campagna squadrista” .
Hurrà: “Direttore, sta dicendo che qualcuno ha orchestrato tutto?”
Verdelli: “La mia carriera e' trasparente e sfido chiunque a trovare una sola macchia etica” .

Poi l’intervista continua con Verdelli che afferma che alla Juve è andata pure bene e che la Gazzetta si è battuta per evitare la C alla Juve. Afferma, inoltre, che non volevano la B con penalizzazione troppo pesante, che lo scudetto all’Inter non lo dovevano dare e che ora il calcio e' ragionevolmente pulito.

LEO 13 dice: Due osservazioni:
1. Squadristi sono i tifosi interisti che con le minacce qualche mese fa hanno impedito la messa in onda di una trasmissione sportiva che difendeva la Juve e cercava la verità.
2. Pensate se non ci fosse stato internet. Dobbiamo solo ringraziare questi forum e altri siti LIBERI che in questi mesi ci hanno raccontato la verità. Di sicuro le plusvalenze Morattiane, senza il polverone sollevato su internet, le avrebbero lasciate andare tranquillamente in prescrizione.

Benkenobi dice: questo parla degli altri (noi) pensando a se stesso. CHI HA SOBILLATO? Ma questo crede che noi siamo dei decerebrati? Che non sappiamo leggere l'italiano? CAMPAGNA SQUADRISTA? E lanciare i motorini, assaltare gli studi televisivi, sfasciare stadi, recinzioni, picchettare le sedi che cosa è? Genocidio? E' lui, con il linciaggio che ha condotto l'anno scorso, che ha sobillato e orchestrato tutto.

Gobbopugliese, invece, afferma: Ma un giornale diretto da un uomo onesto e pulito può scrivere in un paese democratico che gli uomini ricchi possono truccare i bilanci tanto comunque possono riparare? Un giornale può scrivere che Moggi è mafioso quando non è implicato in nessun procedimento ex art 416 bis del codice penale?

Redfield dice: Una tristezza infinita. L'anno scorso mi hanno ucciso. In questi giorni, per celebrare l'anniversario, hanno pensato bene di regalarci l'intervista a Verdelli e quella, sul Corriere della Sera, di John Elkann.

Caluk: Caro Verdelli Lei dovrebbe solo vergognarsi di dare dello squadrista a chi non si lascia spegnere il cervello da personaggi che hanno il privilegio di scrivere o raccontare in tv quello che vogliono senza mai pagare per le loro malefatte. Per favore non insulti noi parlando di campagna squadrista e scrivendo nefandezze nei confronti di una grande e gloriosa squadra che ha dominato per anni il calcio, esclusivamente per la sua formidabile organizzazione e per la sua forza caratteriale che viene da 109 anni di gloria e di onore, compresi gli ultimi 12.

Cla78 dice: Non ci posso credere...davvero non ho più parole. Questo crede che ci siamo dimenticati del fango con cui ha tentato di sommergerci nell'ultimo anno. Che tristezza ragazzi. Ma davvero ci reputano così stupidi? Mi sa che non hanno preso in considerazione il fatto che abbiamo un cervello.

Alla fine aggiungo le mie considerazioni: a Verdelli vorrei ricordare che gli juventini hanno una memoria d’elefante. Se non abbiamo ancora metabolizzato Perugia-Juve e la gestione di Collina tra ombrelli, rimbalzi, telefonino ben in vista ed in contatto (altro che le sim di oggi..) si figuri, Verdelli, se possiamo aver già dimenticato un sol titolo di quelli che ha riservato alla Juve nella scorsa estate. Fiumi di inchiostro steso su 9 colonne, pezzi scritti con la penna intinta nel curaro. Scandalismo a fiumi. Un esempio? Il titolo su Buffon e le scommesse a 9 colonne. Quando tutto è stato archiviato, invece, non un rigo su 1 colonna in prima pagina: l’etica e la carta dei doveri del giornalista vorrebbe un diverso comportamento. Buffon disse: “Mi hanno sputtanato perché sono della Juve”. Neppure dopo queste giuste rimostranze sentì, il direttore Verdelli, il dovere di fare un titolo chiarificatore a 9 colonne su Buffon.

Come non ricordare il titolo: “Juve, non così” in occasione dell’unico episodio “dubbio” verificatosi in campionato e, “non dimostrato”, in favore della Juve. Nessun'altra squadra ha avuto un titolo così, eppure il campionato di A è stato contraddistinto da errori anche più evidenti.

Questo inverno invitato, da un tifoso, a rispondere sul perché il suo giornale fosse anti-juventino Verdelli rispose che non lo era affatto e che si erano impegnati tanto “solo perché nulla venisse insabbiato, per senso di giustizia”.
Il destino è stato cinico e baro con Verdelli. Prima di allora si era verificato il patteggiamento di Oriali e Recoba…ma il direttore si era distratto e la notizia, anziché su 9 colonne in prima pagina, stile-Juve, era finita in un trafiletto nelle ultime pagine. Dopo di allora sono scoppiati altri scandali e scandaletti nel calcio: dossieraggio illegale di De Santis e giocatori, caso Brunelli, scandalo delle plusvalenze. Ed il giornale di Verdelli che “vuole che nulla venga insabbiato”? Nulla di paragonabile al trattamento usato con la Juve…garantismo e giustificazioni diffuse a piene mani.
La penna intinta nel curaro, usata per la Juve, è stata passata nello zucchero filato.
Dopo il gioco del Monopoli, fatto diventare per mesi Moggiopoli sul sito della Gazzetta, Verdelli ha avuuto l’occasione di abbinarlo “più propriamente” e riproporlo come Morattopoli.
Invece niente. Eppure nel Monopoli si gioca con soldi “fittizi” e l’abbinamento è molto più attinente alla plusvalenze fittizie che alle telefonate di Moggi. Verdelli ha avuto infinite occasioni di dimostrare che trattava tutti gli scandali nello stesso modo: le ha dilapidate tutte.

“Ora il calcio e' ragionevolmente pulito” ha detto Verdelli. Lancio una sfida al re dei “moralizzatori della scorsa estate”: è pulito anche se chi organizzava incontri clandestini nei ristoranti chiusi diventa Designatore arbitrale? No perché l’amore per la giustizia e l’etica vorrebbe una forte campagna di critica che, invece, non leggiamo.

Lettera al presidente "giovanni 'cobolli' gigli"

Lettera al presidente "giovanni 'cobolli' gigli"

ANZITUTTO ONORE A GIUSEPPE FURINO IL SIMBOLO DI UNA SQUADRA CHE NON SI ARRENDE...... MAI !!!!!!!!!
Capitano di tante battaglie, il cuore e i polmoni di una Juve indimenticabile. Per gli avversari è sempre stato “Furia”, l’ultimo ad arrendersi, il primo a sacrificarsi, a lottare, a mettere la gamba. 528 presenze con la Juventus, secondo di sempre dietro a Gaetano Scirea, 8 scudetti vinti, l’unico a collezionare tanti trionfi con la stessa maglia: Beppe Furino oggi compie 61 anni, 15 dei quali passati a correre con il bianconero indosso, e a lui vanno i più cari auguri della sua Juventus e di tutti i suoi tifosi. Buon compleanno Furia!
*******************

Lettera al presidente "giovanni 'cobolli' gigli".
Gentile Presidente, ma che ci fa con la carica di presidente della Juventus, gli interessi della squadra cancro del calcio italiano? Cerchi gloria nell'innominata squadra del suo amico "carlo buora", magari sara' li che la faranno "vice presidente"!
Ma se ne vada!

Per Presidente della Juventus, Vogliamo Capitan Giuseppe Furino!


5 July 2007

'Galliani sceglie gli arbitri'!

QN
'Galliani sceglie gli arbitri'
"Pressioni" e "minacce" della dirigenza del Milan per ottenere designazioni favorevoli".

E' quanto si legge nell'ultima informativa consegnata dai carabinieri del reparto operativo di Roma ai magistrati napoletani, e riportata oggi dal Corriere della Sera. Il telefono intercettato è quello del dirigente rossonero Leonardo Meani, "ma - si legge - il presidente Adriano Galliani interviene più volte sulla scelta di 'fischietti' e assistenti". Nell'aprile 2005, riferisce il quotidiano di via Solferino, subito dopo l'incontro Siena- Milan, Meani chiama Collina "lamentandosi per la designazione di De Santis per l'incontro Juventus-Inter e proseguendo gli riferisce quanto raccontatogli da Carlo Ancelotti in merito alle designazioni arbitrali nel periodo in cui allenava i bianconeri ed era alle dipendenze di Luciano Moggi".

Così è annotata la conversazione. "..."Ma tu sai che ieri in macchina, quando mi diceva Carletto che il giovedì, il giovedì quel famoso, l'altra persona famosa gli... gli diceva, domani abbiamo questo arbitro e veniva, e c'era quell'arbitro... e c'era il sorteggio e fa e noi non... io non riusci..., non mi spiegavo, lui il giovedì sapeva già l'arbitro che aveva alla domenica. Tu pensa, questo prima, quando riuscivano a manovrarlo in un certo modo no!".

Sempre Meani proseguendo nella conversazione, aggiunge, per meglio far comprendere al suo interlocutore il potere di Moggi sul sistema calcio, che addirittura lo stesso riesce anche ad influenzare la stesura del calendario "Era tutto, era tutto be..., mi diceva ieri in macchina che addirittura quando gli diceva ti piace... in fase di preparazione del calendario, gli diceva come dici che sia meglio, vogliamo cominciare con queste partite o con quell'altre partite o... con... che squadre vogliano trovare all'inizio"".

L'avvertimento il 19 aprile 2005 Meani telefona ad Adriano Galliani, "il quale ne approfitta per chiedergli se ha parlato con i designatori, ricevendo non solo risposta positiva dal Meani ma anche l'energico richiamo fatto sia a Bergamo che a Mazzei (designatore degli assistenti, ndr), tant'è che per il prossimo incontro con il Chievo è stato designato l'assistente Puglisi".
Galliani sapeva dunque quale fosse la procedura per ottenere designazioni favorevoli. Del resto, quale fosse il tenore delle "pressioni" esercitate dai rossoneri, emerge proprio dalla trascrizione della conversazione tra lo stesso Meani e Mazzei dopo Siena-Milan del 17 aprile 2005 finita 2-1, nel corso della quale il dirigente milanista si lamenta del guardalinee Baglioni che aveva annullato un gol.

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«Quando siamo in area non alzare la bandierina»

Il Milan ha appena perso a Siena (2-1), compromettendo la volata scudetto con la Juventus. Come noto, a Shevchenko viene annullato un gol per fuorigico su segnalazione del guardalinee Baglioni. Le vibranti proteste di Meani al designatore degli assistenti, Mazzei («Galliani è furibondo»), sortiscono effetto. Nella partita successiva, Milan-Chievo, i guardalinee sono Puglisi e Babini. Entrambi graditi. La designazione è tanto sospetta da suscitare le perplessità dello stesso Babini, in una telefonata con Meani.

Babini: «Bisognerebbe rifiutarla quella partita lì...» Meani chiede il motivo di questa reazione.
Babini: «Perché sì! Ma scusami, c’è bisogno di dire perché Leo?...Cioè io ho fatto Atalanta-Chievo l’ultima volta, Puglisi è una vita che non fa il Milan che non glielo danno perché dicono che è un ultras del Milan... tiene lo juventino Baglioni, ti annulla un gol, che ci può anche stare, per carità di Dio! Cioè loro confermano, con questa designazione confermano che è tutta una porcheria!» Meani: «eh, ma mica ti ho chiesto io, eh?»
Babini: «... sì vabbè! Questa è la dimostrazione che non c’entra niente nessuno capito?»
Meani: «... non sei contento di venire a fare il Milan, pirla? Vieni da me a trovarmi?...» Successivamente, secondo la ricostruzione dell’informativa dei carabinieri, Meani chiama Puglisi e quest’ultimo ne approfitta per informarlo che lo ha chiamato Babini, mostrandosi preoccupato della designazione. Meani informa Puglisi di aver suggerito a Babini l’atteggiamento che dovrà assumere.
Meani: «gli’ho detto, se ti mandano lì ti mandano perché sanno che sei abbastanza gradito all’ambiente oltretutto vai con le (inc) di non fare cacate, no? deficiente... no ridendo io gli ho detto tu basta che do.. mercoledì da intelligente come vogliono quelli lì... nel dubbio da una parte vai su e dall’altra vai giù! Eh! Come fanno con gli altri! con gli altri cosa fanno? nel dubbio...se...se la Juventus stanno giù! Se...se è un’altra squadra vanno su».

Lo sfogo
E’ il 19 aprile del 2005, ore 9,52. L’assistente Copelli ha un rapporto molto stretto con Meani. Attaccato da Foschi, ds del Palermo, dopo la partita tra la Sampdoria e i rosanero, si sfoga con il tesserato del Milan. Il quale lo rincuora.
Meani: «...tu stai tranquillo! adesso ci penso io,... io appena passa la partita questa qui con il Chievo mercoledì, io parlo con Galliani, lui lo sa Galliani, gli dico: senta questo qui è un nostro uomo gli dico io, qui quel pirla del Palermo...». Lo stesso giorno Meani chiama Galliani, il quale ne approfitta per chiedergli se ha parlato con i designatori (in vista della partita con il Chievo). Meani lo tranquillizza, riferendo del fermo richiamo rivolto a Bergamo e Mazzei. Quindi avvisa Galliani che lo sta cercando Collina.

Il caso Ibra
La lunga vigilia dello scontro diretto tra Milan e Juve è agitata dalla squalifica di Ibrahimovic (tre turni per effetto della prova televisiva dopo Juve-Inter). Lo svedese a San Siro non ci sarà, la Juve ricorre inutilmente alla Disciplinare e quindi alla Caf. La revisione del provvedimento dipende dall’assistente Griselli, che secondo i bianconeri aveva visto l’azione incriminata. Griselli, al quale le indagini dei carabinieri attribuiscono un connotato di partigianeria juventina, non corregge il referto dell’arbitro De Santis. E’ 28 aprile 2005, ore 19,45. Meani chiama il designatore Bergamo, facendo trasparire il recente contatto tra il designatore e Galliani.

Meani: «Hai capito? E’ incazzato anche lui adesso». Lui, cioè Galliani. «Questo è il momento che non sono accettabili, forse andavano bene qualche anno fa, un po’ di anni fa». Alludendo ai sistemi di Moggi.
Bergamo: «Con me credimi trovano una porta non chiusa, chiusa ma chiusa a chiave, perché io avevo già capito dai giornali che stavano preparando tutta una cosa perché la disciplinare rivedesse il suo giudizio e questo poteva dipendere solo da Griselli»
Meani: «Eh capito? Griselli è di Livorno». Come Bergamo, sul quale il tesserato rossonero sospetta pressioni della Juve.

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Il retroscena / La reazione del Milan alle intercettazioni del Corriere
Quel dossier a Letta, un favore a Paparesta

MILANO - La reazione del Milan alle intercettazioni pubblicate ieri dal Corriere è stata riassunta in un documento in quattro punti, nei quali insiste sulla correttezza dei propri dirigenti. È interessante approfondire l’argomento toccato nel terzo punto: «Il dossier Paparesta è cosa del tutto estranea al ruolo del signor Paparesta quale arbitro, del signor Galliani quale amministratore delegato del Milan e dello stesso Milan». È vero: come lo stesso Paparesta ha spiegato ai carabinieri del maggiore Auricchio il 12 maggio, «riguarda attività connesse al Consorzio Assobiodiesel», l’Associazione Italiana dei Produttori di Biodiesel della quale Paparesta è «revisore contabile. Chiedevo se vi era la possibilità di consegnare documentazione al sottosegretario Letta».
Operazione regolarmente e felicemente portata a termine, come spiegato da Galliani a Meani. In una seconda telefonata, ha spiegato lo stesso Paparesta al maggiore Auricchio, «Meani coglieva l’occasione per dialogare con me sulle attuali problematiche del mondo arbitrale, cercando di carpire alcune mie valutazioni che evitavo di dare». È evidente che fra le qualità di Paparesta non spicca quella di saper mantenere le distanze dalle società. Soffre di forte soggezione nei confronti delle grandi. Primasi fa chiudere nello spogliatoio di Reggio Calabria da Luciano Moggi, omettendo di raccontare l’episodio nel referto; poi chiede un favore extracalcistico ai dirigenti di una squadra che deve arbitrare.
Non il massimo dell’indipendenza, anche perché resta da dimostrare che un arbitro possa avere contatti di lavoro sia pure indiretti con un club. Ma il record del mondo della sudditanza Paparesta l’aveva battuto proprio in Reggina-Juve (6 novembre 2004). Ci vuole una bella fantasia per chiamare Moggi l’8 novembre, chiedendogli sommessamente scusa. Di che cosa? Di essersi fatto chiudere nello spogliatoio o di aver occultato l’episodio? Anche il 12 febbraio 2006, Paparesta ha confermato di non essere uno spirito libero. Figo disse di aver visto Moggi entrare nello spogliatoio di Paparesta prima di Inter-Juve, perché l’ex d.g. bianconero, con Giraudo e Bettega, aveva forzato il blocco delle maschere («non provate a fermarci») ed era passato dove Moratti, Facchetti e gli altri dirigenti mai si erano infilati in tanti anni, in quanto accesso vietato, proprio per evitare contatti fra dirigenti e arbitri.
Paparesta e gli uomini del’Ufficio Indagini avevano omesso l’episodio e Figo era stato multato. Quanto al quarto punto del documento, nel quale il Milan rivendica la propria estraneità ad un «sistema organizzato da terzi», saranno la Procura della Federcalcio ed eventualmente gli organi giudicanti ad esprimersi. Resta da capire se è illecito chiedere arbitri (Juve) ed è lecito chiedere assistenti ad hoc (Milan). Come l’assicuratore vogherese Puglisi.
F. Mo. - 27 maggio 2006

Per non dimenticare..... il caso PaPaReSta

Per non dimenticare.... il caso Paparesta
(Articolo del 4 May 2007)

Il 6 novembre 2004, la Juventus perde a Reggio Calabria (2-1) una partita segnata dagli errori dell’arbitro Paparesta e dei suoi assistenti: due reti annullate (una giustamente) e un rigore gigantesco non concesso. Negli spogliatoi si registrano le vibranti reazioni dell’entourage bianconero, in particolare di Luciano Moggi che apostrofa pesantemente la terna arbitrale. Alcune testimonianze portano addirittura i Carabinieri a sospettare il reato di sequestro di persona: Moggi avrebbe chiuso a chiave Paparesta nello spogliatoio. Un’accusa semplicemente ridicola che, come spesso accade, è smentita dalle intercettazioni stesse.
In una telefonata un ancora furente Moggi chiama tale Garufi Silvana per parlare della partita appena conclusa (prog.137 del 6 novembre 2004):
Moggi: no, no, guarda… una… una cosa… due gol annullati… un rigore… scandaloso!
Garufi: sì, sì, l’ho visto, l’ho visto… è uno scandalo comunque
Moggi: Ho chiuso l’arbitro nello spogliatoio e mi so portato via le… le chiavi in aeroporto
Garufi: vabbè, figurati!
Moggi: no, no, vero… è vero
Garufi: …ahm… embè…
Moggi: L’ho chiuso a chiave ed ho portato via le chiavi. Ora l’apriranno. Butteranno giù la porta
Moggi dice quindi di essersi portato via le chiavi ma, un quarto d’ora dopo, in una telefonata con il giornalista Tony Damascelli (prog.140) fornisce una versione diversa dell’accaduto:
Moggi: so entrato… so entrato nello spogliatoio, li ho fatti neri tutti quanti! Poi li ho chiusi a chiave e volevo portà via le chiavi… me le hanno levate! Sennò le portavo via.
Differente anche il racconto che l’osservatore degli arbitri Pietro Ingargiola fa a Tullio Lanese, quasi in contemporanea alle telefonate appena esaminate (prog.948):
Lanese: ma che ha fatto (Moggi)?
Ingargiola: è venuto nello spogliatoio, con il dito puntato a gridare, lui e Giraudo, e a dirgli al guardalinee (Copelli, nda): tu sei scandaloso come è scandaloso il rigore che non hai dato. A Paparesta gli ha detto: con te non abbiamo fortuna, almeno tu sei quello di sempre
Ingargiola non fa nessun riferimento alle chiavi o alla porta dello spogliatoio, le quali non vengono menzionate nemmeno nel referto arbitrale di Paparesta. Tuttavia, per corroborare la loro teoria i Carabinieri riportano anche le telefonate del giorno seguente la partita. In una di queste Moggi racconta a Giraudo che Paparesta gli ha telefonata per spiegare le ragioni degli errori commessi (prog.157 del 7 novembre 2004): «ha avuto anche il coraggio di chiamarmi il soggetto! Gli ho riattaccato il telefono! […] Gli ho detto al telefono: con te non ci voglio parlare! […] Noo, ci vuole pure una dose di sfacciataggine». Giraudo è arrabbiato ma ammette la possibilità che l’arbitro non abbia visto il rigore, poi replica: «ma lo sai che c’ha una faccia da culo! T’ha telefonato? È pazzesco». Moggi aggiunge: «noi non gli abbiamo mai chiesto nulla di particolare, ma lui non ci ha dato neppure il nostro!! Ci ha fatto perde la Coppa Italia…», trovando d’accordo l’interlocutore: «ci ha fatto perdere la Coppa Italia; col Palermo ha dato una punizione che non c’era, l’ha fatta ribattere due volte. Bisognerebbe metterle queste cose qui: Paparesta contro la Juve!». È evidente il disappunto dei due dirigenti che si scandalizzano per l’ardire dell’arbitro. La telefonata contiene persino la conferma della buona fede dei dirigenti juventini (“noi non gli abbiamo mai chiesto nulla di particolare, ma lui non ci ha dato neppure il nostro”) nonché un ulteriore lamento su altri torti perpetrati dal fischietto pugliese. La buona fede di Moggi è confermata anche in una successiva telefonata in cui Tony Damascelli lo invita a farsi sentire maggiormente la propria voce in televisione e sui giornali, visto il già scarso potere mediatico della Juventus (prog.140):
Damascelli: io fossi in te direi: avete visto che la Juventus non ha in mano né gli arbitri né i guardalinee!!
Moggi: no, no, ne è la dimostrazione!
Damascelli: È questo che devi dì…
Moggi: Ma non c’è bisogno di dirlo, tanto le persone di buon senso…
Damascelli: Vabbuò
Moggi: ma il bello è che ci chiamano ladri a noi
Alla constatazione di Damascelli che l’arbitro nel secondo tempo poteva almeno compensare l’errore, Moggi replica: “È diverso, non compensava proprio niente, ci dava il nostro! […] Deve dare quello che deve dare”
I carabinieri infine citano anche alcune telefonate in cui Moggi avrebbe comunicato ad alcuni giornalisti la sua intenzione di far sospendere i direttori di gara di Reggio («li faccio squalificare per sei mesi! Li massacro»). La realtà dei fatti dimostra però che le sue intenzioni bellicose non hanno trovato alcun riscontro: Paparesta viene mandato ad arbitrare in serie B per una giornata mentre i due assistenti, Copelli e Di Mauro, vengono sospesi per un turno. Una prassi normale dopo dei gravi errori.
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La Stampa
SCANDALO CALCIO
LE INTERCETTAZIONI
«Quando siamo in area non alzare la bandierina»

Il Milan ha appena perso a Siena (2-1), compromettendo la volata scudetto con la Juventus. Come noto, a Shevchenko viene annullato un gol per fuorigico su segnalazione del guardalinee Baglioni. Le vibranti proteste di Meani al designatore degli assistenti, Mazzei («Galliani è furibondo»), sortiscono effetto. Nella partita successiva, Milan-Chievo, i guardalinee sono Puglisi e Babini. Entrambi graditi. La designazione è tanto sospetta da suscitare le perplessità dello stesso Babini, in una telefonata con Meani.

Babini: «Bisognerebbe rifiutarla quella partita lì...» Meani chiede il motivo di questa reazione.
Babini: «Perché sì! Ma scusami, c’è bisogno di dire perché Leo?...Cioè io ho fatto Atalanta-Chievo l’ultima volta, Puglisi è una vita che non fa il Milan che non glielo danno perché dicono che è un ultras del Milan... tiene lo juventino Baglioni, ti annulla un gol, che ci può anche stare, per carità di Dio! Cioè loro confermano, con questa designazione confermano che è tutta una porcheria!» Meani: «eh, ma mica ti ho chiesto io, eh?»
Babini: «... sì vabbè! Questa è la dimostrazione che non c’entra niente nessuno capito?»
Meani: «... non sei contento di venire a fare il Milan, pirla? Vieni da me a trovarmi?...» Successivamente, secondo la ricostruzione dell’informativa dei carabinieri, Meani chiama Puglisi e quest’ultimo ne approfitta per informarlo che lo ha chiamato Babini, mostrandosi preoccupato della designazione. Meani informa Puglisi di aver suggerito a Babini l’atteggiamento che dovrà assumere.
Meani: «gli’ho detto, se ti mandano lì ti mandano perché sanno che sei abbastanza gradito all’ambiente oltretutto vai con le (inc) di non fare cacate, no? deficiente... no ridendo io gli ho detto tu basta che do.. mercoledì da intelligente come vogliono quelli lì... nel dubbio da una parte vai su e dall’altra vai giù! Eh! Come fanno con gli altri! con gli altri cosa fanno? nel dubbio...se...se la Juventus stanno giù! Se...se è un’altra squadra vanno su».

Lo sfogo
E’ il 19 aprile del 2005, ore 9,52. L’assistente Copelli ha un rapporto molto stretto con Meani. Attaccato da Foschi, ds del Palermo, dopo la partita tra la Sampdoria e i rosanero, si sfoga con il tesserato del Milan. Il quale lo rincuora.
Meani: «...tu stai tranquillo! adesso ci penso io,... io appena passa la partita questa qui con il Chievo mercoledì, io parlo con Galliani, lui lo sa Galliani, gli dico: senta questo qui è un nostro uomo gli dico io, qui quel pirla del Palermo...». Lo stesso giorno Meani chiama Galliani, il quale ne approfitta per chiedergli se ha parlato con i designatori (in vista della partita con il Chievo). Meani lo tranquillizza, riferendo del fermo richiamo rivolto a Bergamo e Mazzei. Quindi avvisa Galliani che lo sta cercando Collina.

Il caso Ibra
La lunga vigilia dello scontro diretto tra Milan e Juve è agitata dalla squalifica di Ibrahimovic (tre turni per effetto della prova televisiva dopo Juve-Inter). Lo svedese a San Siro non ci sarà, la Juve ricorre inutilmente alla Disciplinare e quindi alla Caf. La revisione del provvedimento dipende dall’assistente Griselli, che secondo i bianconeri aveva visto l’azione incriminata. Griselli, al quale le indagini dei carabinieri attribuiscono un connotato di partigianeria juventina, non corregge il referto dell’arbitro De Santis. E’ 28 aprile 2005, ore 19,45. Meani chiama il designatore Bergamo, facendo trasparire il recente contatto tra il designatore e Galliani.

Meani: «Hai capito? E’ incazzato anche lui adesso». Lui, cioè Galliani. «Questo è il momento che non sono accettabili, forse andavano bene qualche anno fa, un po’ di anni fa». Alludendo ai sistemi di Moggi.
Bergamo: «Con me credimi trovano una porta non chiusa, chiusa ma chiusa a chiave, perché io avevo già capito dai giornali che stavano preparando tutta una cosa perché la disciplinare rivedesse il suo giudizio e questo poteva dipendere solo da Griselli»
Meani: «Eh capito? Griselli è di Livorno». Come Bergamo, sul quale il tesserato rossonero sospetta pressioni della Juve.

27/7/2007

BERLUSCOPOLI/5

Milan: Diavolo di una televisione/5

Nella primavera del 1996, l’ex attaccante milanista Jean-Pierre Papin rilascia delle scottanti dichiarazioni ad una rivista francese: la finale tra Marsiglia e Milan della Coppa dei Campioni 1992/93, vinta dai francesi con un gol di Basile Boli, sarebbe stata “venduta” da due calciatori rossoneri. In Francia si fanno i nomi dei tre olandesi del Milan. In Italia, la notizia passa inosservata.
Il 1996/97 del Milan inizia con l’ingaggio dell’allenatore uruguaiano Oscar Washington Tabarez che, messosi in luce a Cagliari, è chiamato a raccogliere la pesante eredità di Capello. A novembre però il Milan boccheggia e si parla già di un possibile esonero. Il presidente Berlusconi, in un’intervista a Tele+2, interviene perentoriamente per chiarire la questione:

Tabarez quest’anno è l’allenatore del Milan. Punto e basta. E vi posso garantire che il Milan non cambierà allenatore quest’anno anche se dovessero succedere delle cose, anche soltanto per un fatto di serietà e anche di puntiglio, il Milan quest’anno ha Tabarez, crede in Tabarez e arriverà alla fine della stagione con Tabarez.

Tre settimane dopo, il Milan perde 3-2 a Piacenza e Tabarez viene allontanato. Per la guida tecnica viene richiamato Arrigo Sacchi, che ha appena lasciato la Nazionale. È il primo dicembre 1996. Tre giorni dopo il suo ritorno sulla panchina del Milan, il tecnico di Fusignano affronta i norvegesi del Rosenborg nella decisiva partita del girone di Champions. Per passare il turno al Milan basta un pareggio ma i norvegesi, sottovalutati da tutti, compiono l’impresa imponendosi per 2-1 a San Siro. L’eliminazione del Milan causa una violenta contestazione da parte dei tifosi che viene taciuta dalle televisioni berlusconiane, nonostante la squadra sia stata costretta ad uscire dallo stadio con la scorta:

La delusione diventa rabbia: è finita la partita, ma i tifosi rossoneri aspettano bellicosi fuori dai cancelli di San Siro. Il pullman con i giocatori non può uscire dal bunker sotterraneo. Urla, minacce. È assedio. […]Quando esce il pullman del Rosenborg gli ultrà del Milan scoppiano in un applauso. I cameraman norvegesi, increduli, filmano la scena. “Non ci siamo mai trovati in questa situazione” ci dice un collega norvegese, che filma le evoluzioni dei poliziotti. […] L’urlo è rabbioso e ormai roco: “Sebastiano (Rossi, nda) vattene all’Inter”. L’allusione è trasparente: “Sebastiano Taglialatela”. Cori ritmati. Il fiato si dissolve alla luce dei lampioni […] Trillare di telefonini. I giocatori del Milan restano barricati negli spogliatoi. Con loro c’è anche il gruppo dirigenziale del Milan, compreso il presidente Silvio Berlusconi. Dal tunnel escono prudenti avanguardie: anche le macchine di servizio vengono inseguite dall’urlo rabbioso. L’attesa è lunga. Fa freddo. Ma gli assedianti non demordono. Solo alle 12.15, due ore dopo la fine della partita, il pullman del Milan, tendine abbassate, preceduto da due staffette e un pullmino della polizia, a luci intermittenti, spunta dal sottopassaggio. L’urlo diventa invettiva bruciante. Volano sassi, lattine, bottiglie. Una sgommata e via nella notte, per dimenticare (Gazzetta dello Sport, 5 dicembre 1996)

Nel 1999, lo scudetto zaccheroniano porta nuova linfa ad un Diavolo depresso dai recenti insuccessi. Le televisioni, di conseguenza, riacquistano fiducia nel “prodotto Milan”: durante la campagna elettorale per le “europee” di quell’anno, Canale5, Italia1 e Rete4 diffondono in continuazione spot di Forza Italia confezionati con l’aggiunta di immagini di gol del Milan. Nel frattempo i programmi sportivi segnano l’ingresso di nuovi commentatori di estrazione rossonera: Giovanni Galli, Stefano Eranio e Antonio Di Gennaro. Il 15 dicembre 1999 Canale5 manda in onda in prima serata uno speciale sui 100 anni di storia della società rossonera, presentato da Gerry Scotti. Nei servizi celebrativi viene solo accennato il nome dell’allenatore Zaccheroni, poco apprezzato per le sue dichiarate simpatie progressiste.
Il 3 novembre 1999 il Milan è a Istanbul per affrontare il Galatasaray nel decisivo scontro per il passaggio del turno. I rossoneri perdono 3-2 e stabiliscono un singolare record riuscendo a farsi eliminare da due competizioni nell’arco di soli tre minuti: qualificati fino all’87’ (vinceva 1-2), declassati in Uefa all’88’ (2-2 di Hakan Sukur), esclusi dalle coppe al 90’ (3-2 di Umit). Nel dopo partita Galliani fa una gaffe: «un secondo tempo peggio del Milan di Rocco», dimenticandosi delle numerose vittorie del Paròn. Ma a quei tempi, dicono i maligni, Galliani era tifoso della Juventus.
Il 5 marzo 2000 l’Inter vince 2-1 il derby meneghino contro il Milan. In serata, a Controcampo, si discute sui perché della sconfitta, con Galliani in collegamento dallo stadio. Diego Abatantuono, da studio, offre la sua analisi: «Eravamo un po’ sbilanciatini, visto come erano messi loro. Io credo che qualche volta si possa anche cambiare la formazione base». Galliani risponde che l’unico problema sono stati i duelli diretti vinti dai nerazzurri ma il comico ribatte sostenendo che una squadra ben organizzata non dovrebbe soffrire per questo tipo di problema. Quest’ultima considerazione manda su tutte le furie l’ad rossonero che si scalda: «Io sto ascoltando, non mi fate esprimere la mia opinione, io non ho niente da dire. Pensavo di essere io l’intervistato e non la… la cosa… ma evidentemente ho sbagliato trasmissione». Abatantuono cerca di calmarlo: «No, è che sono acceso perché abbiam perso», ma Galliani non ne vuol sapere e interrompe bruscamente il collegamento “portandosi via il pallone”: «No, no, no, ragazzi. Pensavo di essere io l’intervistato. Saluti». Quando si dice “saper perdere”.
Il 7 settembre del 2000, in attesa dell’inizio del campionato in programma per il 30 del mese, il Milan invita la Roma a San Siro per una partita amichevole. Motivo? La celebrazione dei 20 anni dell’emittente Canale5. Ma guai a dire che il Milan e Mediaset sono la stessa cosa.
Il 5 marzo 2001 il Milan pareggia in casa 2-2 con il Parma. I rossoneri si lamentano per un posizione irregolare (in realtà regolare) di fuorigioco non vista dall’arbitro Trentalange. A fine partita Galliani copre di insulti l’arbitro mentre cerca di rientrare nel proprio spogliatoio. In tv non si fa menzione della sceneggiata del dirigente milanista. Stesso trattamento una settimana dopo per una furibonda lite tra Boban e Maldini alla fine della gara con l’Atalanta.
Il 13 marzo 2001 il Milan non riesce a battere il Deportivo La Coruna e viene estromesso dalla Champions League. Il giorno seguente arriva l’esonero di Zaccheroni. Due mesi prima, Berlusconi aveva dichiarato: «Zaccheroni? Non dipende da me riconfermarlo o meno. Non mi occupo più del Milan» (Ansa, 10 gennaio 2001). Secondo alcuni, l’esonero è stato voluto dallo stesso Berlusconi il quale non avrebbe mai tollerato le inclinazioni politiche del tecnico. Il Milan, con un comunicato ufficiale, si affretta a precisare i termini della questione, ricorrendo a due delle sue tecniche favorite, coinvolgere altre squadre e tirare in ballo la politica:

La politica è entrata nel mondo del calcio: è entrata a piedi giunti la faziosità, la partigianeria politica e ha caricato di significati falsi e artefatti una decisione della dirigenza del Milan, la sostituzione di Zaccheroni, necessitata, indifferibile, ma corretta e rispettosa nei confronti dello staff tecnico. Molte altre società hanno preso quest’anno lo stesso provvedimento senza destare scandalo

Nel 2001, l’allenatore sarà completamente escluso dalle otto pagine di memorie sportive che Berlusconi fa inserire nel libretto autocelebrativo “Una storia italiana”, distribuito gratuitamente a dodici milioni di famiglie italiane per la propaganda di Forza Italia.
Articolo del 20 July 2007

inter..... la MADRE DELL'ILLECITO

Mancini, che amicone

I fatti: qualche giorno fa Blanc accusa velatamente l'Inter di aver "corteggiato" Nedved durante una fase delicata della trattativa tra Pavel e la Juve. Moratti smentisce "qualsiasi contatto".
Pochi giorni dopo Mancini smentisce il suo presidente e dichiara che lui ha chiamato Nedved. Ecco una parte dell'articolo apparso su Tuttosport:
"Io e Pavel siamo stati compagni di squadra per tre anni, ci conosciamo bene e siamo amici. Forse qualcuno se l’è dimenticato... L’ho cercato per avere informazioni su un giocatore ceco, Kovac. In quei giorni lui aveva casual­mente detto di voler smettere di giocare e gli ho chiesto se era vero. E’ stata una telefonata personale nella qua­le non c’era nulla e che non ha nulla a che fare con tutto quello che si è scritto". Una chiacchierata apparente­mente senza secondi fini ma, in questi casi, a pensare male non sempre è peccato. Soprattutto per la tempisti­ca del contatto e per i malumori che può creare in un am­biente già abbastanza incandescente..

Dunque, Mancini ci ricorda che che è stato per tre anni compagno di squadra, nella Lazio, di Nedved e che gli è amico. Dei comuni trascorsi alla Lazio nessuno aveva dimenticato. Del fatto che siano amici molti avevano dubitato, soprattutto, dopo l'antefatto dello scorso anno.

Ricordiamo insieme: è il 12 febbraio 2006 e si gioca Inter-Juventus. Alla fine la Juve si impone per 2 a 1 grazie ad un gol di Del Piero, su punizione, conseguente ad un fallo fischiato per un intervento "scorretto" ai danni di Nedved. Nel dopogara, alla Domenica Sportiva, Mancini dichiara: "Pavel e` un simulatore, si butta sempre. Prende un sacco di punizioni e tutti gli arbitri ci cascano. Si prende dieci punizioni a partita così, e tutti abboccano". Chiusura sull’arbitro, assolto da ogni presunta colpa: "L’arbitro e` stato bravo, niente da dire a parte l’episodio di Nedved, ma non ci e` cascato solo Paparesta, ci cascano tutti".

Mancini amico di Nedved? Figuriamoci se non fosse stato amico o se, anzichè una punizione, avessero fischiato un rigore a favore del "suo amico" Nedved.

Giova ricordare che Nedved, da gran signore, non ha mai replicato a Mancini e che queste dichiarazioni hanno avuto risalto per giorni sulla stampa: Nedved, all'improvviso, veniva presentato come un "simulatore". Da quel momento in poi i falli fatti su Nedved sono stati più tollerati. Ho visto entrate da "killer" sulle gambe del ceco e gli autori accusare Pavel di essersi "buttato". Le parole di Mancini avevano creato "l'alibi" per molti. Nedved, dopo ogni partita, lascia il campo sempre più segnato dai lividi.

Che strano concetto dell'amicizia deve avere il signor Mancini Roberto. Inoltre va segnalato che mai, nei tre anni passati insieme alla Lazio, Mancini aveva accennato alla "presunta" caratteristica di Nedved di "buttarsi", anzi, sia lui che il suo amico Sinisa avevano gran piacere nel calciare le punizioni che Pavel si guadagnava. Ma come se le guadagnava quelle punizioni che, spesso tradotte in gol, contribuirono a far vincere uno scudetto al signor Mancini? Sempre simulando?

Pavel ha un gioco fatto di "strappi rapidi" e grande velocità. Chi ha giocato al calcio sa che "essere anche solo toccati", quando sei in corsa veloce, provoca cadute dovute alla perdita dell'equilibrio e della coordinazione. Lo stesso "tocco" se fatto nei confronti di chi "passeggia" in campo ha effetti meno evidenti.

"Scagli la prima pietra chi è senza peccato". Mancini doveva, in quel caso, tenere le sue pietre in saccoccia. Se Nedved, a detta dello Jesino, si "procura punizioni" buttandosi, lui quando giocava si procurava i rigori "autosgambettandosi", con classe.

Ho ancora indelebili davanti gli occhi le immagini di un Parma-Lazio, giocata in notturna, sbloccata grazie ad una "prodezza" di Mancini. No! non quella del colpo di tacco. Mi riferisco ad altra, quella nella quella Mancini si allungò la palla sulla parte sinistra dell'area di rigore del Parma affiancato da un avversario e, con classe sopraffina, portò il piede sinistro dietro il polpaccio destro "autosgambettandosi". L'arbitro ci cascò, come dice Mancini, e assegnò il rigore. La soddisfazione di Mancini fu evidente ed esente da qualsiasi "forma di pentimento" per l'atto sleale. Solo la moviola rivelò, in modo chiarissimo, l'inganno.

Ancora una volta: GRANDE DIMOSTRAZIONE DI SLEALTA' SPORTIVA
Articolo del 20 July 2007