domenica, dicembre 30, 2007

Un manipolo di Manipolatori, e ’O bbuono e ’o malamente

UN MANIPOLO DI MANIPOLATORI
CONTROINFORMAZIONE
6 Novembre 2007
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TUTTO IL MALE DEL MONDO

Ne avevamo visti in passato di espedienti e di tecniche mediatiche per orientare il pubblico calciofilo nelle sue esecrazioni antiarbitrali a senso unico, tanto da farci il callo e da prendere come un dato di fatto che, quando c’è di mezzo la Juventus, è inevitabile e tutto sommato naturale che l’occhio del moviolista e del commentatore televisivo o giornalistico si faccia più attento e vigile.

Un po’ come per la grandine o il maltempo: si storce la bocca, ma si accetta come un inconveniente che fa parte della nostra cornice di vita quotidiana. Vediamo di ricordare qualche episodio. L’anno dopo il famoso gol di Turone, che anche i bambini di oggi sanno essere stato annullato circa 25 anni fa, si giocò all’Olimpico un Roma-Juventus che finì 0-0. 

Un rigore macroscopico su Paolo Rossi a 2-3 metri dalla porta romanista non venne concesso dall’arbitro e nessuna polemica ne conseguì. L’episodio non venne neppure riproposto alla moviola o al ralenty, come si diceva allora, in nessuno dei servizi sportivi. Partita scialba e risultato giusto, questo il commento generale.

Un po’ come successo per la famosissima pettata di Iuliano su Ronaldo, entrata nella storia della cinematografia sportiva, a differenza di un rigore non concesso su Inzaghi nella partita di andata dello stesso anno a Milano, oppure del pareggio di Toldo-Vieri anni dopo sempre in Inter-Juve con crollo dei prodi nerazzurri su Buffon. 

Festa e fiera negli studi televisivi e nei giornali, ma niente più, nemmeno un piccolo credito a futura memoria. La tecnica di far scomparire gli episodi controproducenti per alcune squadre è stata sempre abbastanza usuale. Ricordo un Roma-Udinese con Falcao, che cacciò fuori dalla sua porta un pallone abbondantemente entrato e visibilissimo senza necessità di ricorso ad altro mezzo tecnico. 

La Roma portò a casa la vittoria di misura e tutti vissero felici e contenti. In compenso il salvataggio di Ferrara, oltre la linea di porta, sempre con l’Udinese, che perse la partita largamente con la Juve, viene di tanto in tanto riproposto ancora oggi come esempio di incredibile gol fantasma.

Analogamente i gol non visti della Juventus non interessarono mai a nessuno: ricordo un lontanissimo Lazio-Juventus (gol di De Paoli non concesso) ai tempi della grande Inter, tutto catenaccio e contropiede. 

Nacque allora il termine “sudditanza psicologica” per definire il particolare trattamento di favore che la squadra di Herrera riceveva dagli arbitri: non c’era nessuna cupola allora, erano gli arbitri che subivano il fascino dell’Inter e non gli fischiavano mai un rigore contro per tutto il campionato. Perlomeno così si scriveva e si diceva. Anche allora la Gazzetta dello Sport sapeva far bene il suo lavoro. 

Altri gol della Juve non visti, non concessi e non riproposti dalle tv senza strascichi polemici ce ne furono anche più di recente, tra questi se non sbaglio un Juventus-Genoa di qualche anno fa.

Stessa tecnica manipolatoria: si fa sparire o si tratta frettolosamente l’argomento e non si ripropone più quando si tratta di danno per la Juve; si analizza, si sminuzza e si polemizza all’infinito, tramandando le immagini ai posteri, quando si tratta di vantaggio per la Juventus. Le tecnologie televisive in questi anni hanno fatto passi giganteschi, moltiplicando il numero delle telecamere in campo.

Notai qualche anno fa, in relazione ad un Inter-Juventus, che nel trattare due episodi avvenuti davanti alla stessa porta nei due tempi, uno con probabile danno per l’Inter, l’altro con probabile danno per la Juve, nel primo caso si potè vedere l’episodio da quattro o cinque inquadrature, nel secondo caso solo da una o due non troppo felici per sciogliere i dubbi. 

Maturai allora la convinzione che in questo caso la tecnica manipolatoria potesse avvenire in due modi: o si nascondono le immagini per danneggiare una squadra, oppure si fa di peggio. Si piazzano le telecamere addosso alla squadra in questione e, nell’intervallo, cambiano campo anche le telecamere.

Mi è capitato più volte di notare la stessa stranezza e alla fine mi sono abituato alla cosa, come alla grandine.Altri espedienti manipolatori sono possibili con un uso scorretto dei mezzi tecnici, che invece vengono presentati allo spettatore come supporti scientifici al di sopra delle parti.

Il fuorigioco e il blocco immagine: qualche settimana fa un gol di Cruz è stato passato all’analisi tecnica per vedere se al momento del lancio si trovasse in fuorigioco ed il responso è stato che l’attaccante dell’Inter era in linea con il difensore. Tutto regolare e via di fretta verso un altro argomento. 

Peccato che il blocco immagine era avvenuto non al momento del lancio del pallone a Cruz, ma qualche attimo prima, quando il suo compagno ancora era in fase di caricamento.
Altre volte l’analisi è invece minuziosissima. Quante volte vi è capitato di vedere che per ricostruire un’azione sia stato necessario effettuare il blocco immagine in sincronia con l’audio del fischio dell’arbitro? 

Una sola volta nella storia del calcio in TV: era Juve-Parma e si doveva dimostrare che l’arbitro aveva fischiato per non far segnare Cannavaro, allora al Parma. Guarda un po’, l’arbitro era De Santis, che aveva concesso al Parma il calcio d’angolo inesistente, da cui sarebbe scaturita l’azione del gol di Cannavaro. Lo zelo del moviolista fu davvero eccezionale, nessun altra partita meritò più tanta attenzione. 

Peccato che il blocco immagine venne effettuato scorrettamente: non vi può essere sincronia tra la decisione dell’arbitro di fischiare ed il fischio, perché tra le due cose passa necessariamente una frazione di tempo di circa un secondo. Quindi il blocco dell’immagine doveva avvenire con il pallone ancora lontano dalla testa di Cannavaro.

In compenso, una volta passato alla Juventus, a Cannavaro riservarono un trattamento ben diverso: gli ripescarono delle immagini filmate negli spogliatoi del Parma, mentre era intento ad iniettarsi delle sostanze. Stupefacenti o dopanti ? No, perfettamente lecite. Ma in quei tempi c’era il processo alla Juve per doping e tutto faceva brodo.

I due pesi e le due misure, mutuati infine anche dalla giustizia sportiva, erano da molti anni l’armamentario con il quale un becero giornalismo sportivo lavorava abitualmente, supportando in tal modo le recriminazioni e le pretese di altre squadre per ottenere vittorie che sul campo non riuscivano a conseguire. Veniamo ai giorni nostri perché il campionario delle manipolazioni si va arricchendo di nuove perle.

Torino-Juventus: un gol regolare di Trezeguet è motivo di discussione per vari giorni, nonostante il regolamento sia chiaro. Se proprio non può essere fuorigioco, quantomeno si dica che la regola non è giusta. Peccato che situazioni analoghe si erano verificate anche in altre partite precedenti, ma a nessuno era venuto in mente di denunciare l’asserita assurdità del regolamento. 

Fiorentina-Juventus: gol della Juve con posizione sospetta di Trezeguet, non vista dall’arbitro e dagli stessi fiorentini, per la verità, durante l’azione. Alla fine del primo tempo qualcuno a Sky mette in moto la polemica e si comincia a dire che Trezeguet è oltre le linee difensive e disturba il portiere, che in campo nemmeno aveva dato segni di averlo visto. 

In Tv alla sera interviene anche Collina, che si lascia scappare, vedendo le immagini riprese frontalmente alla porta, che il portiere ha la visuale disturbata da un suo compagno quando parte il tiro di Iaquinta, mentre l’arrivo successivo di Trezeguet nelle vicinanze di Frey non interferisce sicuramente con la sua visuale, essendo il tiro già scoccato e fuori della sua portata. 

Caso sicuramente complicato, ma non certo da giustificare al pareggio della Fiorentina su un rigore appena appena generoso un liberatorio “Giustizia è fatta !“ da parte dell’antijuventino cronista di Sky.
Ironia della sorte: sappiamo bene come viene fatta la giustizia sportiva in Italia. 

Napoli-Juve: dopo un Juve-Genoa, in cui l’arbitro Banti ha fischiato ammonizioni a capocchia (mentula canis) e una espulsione di Nedved per un fallo neppure da ammonizione, a Napoli succede quello che non è mai successo nella storia del calcio italiano. Due rigori inesistenti contro la Juve, che non si danno nemmeno in Inter-Polisportiva Cani e Porci.

Ma dai e dai, rovistando tra le immagini, eccoti trovato che sul secondo rigore, quello del tuffo olimpico di Zalayeta, poco prima il povero Legrottaglie aveva pizzicato per qualche secondo la manica della maglia dell’attaccante napoletano, che nemmeno se ne era accorto. 

La Gazzetta dello Sport si affretta a mettere sulla sua homepage il filmato scoop sul fallo di Legrottaglie. Roba che ogni domenica, in altre aree di rigore, si sbriga dicendo “leggerissima trattenuta, ma non pare che abbia procurato alcun danno all’attaccante“ e via con la telecronaca. 

 Buon per Zalayeta, che in men che non si dica si vede revocate le due giornate di squalifica per la simulazione. In fondo in fondo il presidente del Napoli era in buona fede nel commentare di aver rubato la partita. Aveva vinto con pieno merito e non lo sapeva. Fortuna che il foglio rosa lo ha reso edotto. E con lui milioni di italiani.

Juventus-Inter: due rigori su Del Piero non fischiati nel primo tempo, riproposto in video senza azzardare commenti uno solo. Si è parlato lungamente del grande fair play e dei fuorigioco fischiati all'Inter, sotto minaccia di lacrima del Mancini, tutti ben fischiati. Non riproposto l'unico fuorigioco mal fischiato, quello di Iaquinta nel secondo tempo, poi finito a terra in area in modo misterioso. Inquadratura dalla tribuna e via ad altro argomento.

Ciliegina finale nei commenti sky del dopopartita: mentre in video si disquisisce come detto sopra, dalla regia un addetto alla giustizia videosportiva manda le immagini del gol del pareggio della Juve, blocco immagine con Trezeguet in fuorigioco passivo dalla parte opposta dell’azione del gol, tracciamento elettronico di un triangolo con vertice sul portiere e uno dei due lati giusto a comprenderci dentro Trezeguet, evidenziato con un cerchietto lampeggiante. Dallo studio non riprendono l’imbeccata e si astengono da ogni commento.
Pistolotto finale sulla grandezza dell’Inter che – come si sarebbe detto in altri tempi – è talmente forte
che non avrebbe bisogno di questi regali.
Siamo in Inter League, accontentiamoci.

ECCETERA ECCETERA

















                                                
Antonio Salvatore La Rosa

’O bbuono e ’o malamente  1&2
di Antonio La Rosa Non so quanti di voi conoscano gli "Almamegretta", una delle band più originali ed innovative degli anni ’90, ed in particolare la loro opera migliore, "Animamigrante" La canzone d’apertura si intitolava appunto " ’O bbuono e ’o malamente", il cui testo era una amara riflessione di un giovane sbandato napoletano, che spiegava la ragione per cui lui aveva intrapreso la triste via della delinquenza comune, ma invitava a comprendere cosa aveva prodotto la sua devianza criminale. Poneva la domanda, illustrando le ragioni per cui la nostra società offre dei parametri di riferimento fondati solo sull’apparenza, sul benessere economico ad ogni costo, sui miti delle auto di grossa cilindrata, i soldi a volontà in tasca gli abiti firmati, la spregiudicatezza nelle ascese sociali e nelle carriere dei personaggi perbene. Appunto: chi è " ’o bbuono" e chi è " ’o malamente"? Domanda che mi sono posto ascoltando i soliti sermoni televisivi a proposito dei tragici fatti di Badia al Pino. Vediamo un po’ di analizzare i fatti, partendo dalle notizie, o meglio dal modo come una certa notizia è stata data, dalle conseguenze derivate da questo metodo disinformativo e sensazionalistico che i nostri media spesso (per non dire quasi sempre) utilizzano nel volere essere i primi a dare in pasto all’opinione pubblica certe notizie, da quanto è accaduto nel pomeriggio e la sera, dai commenti sentiti in giro per le varie trasmissioni, e infine proviamo a ragionare sul fenomeno ultras odierno. Di questo avevo già accennato in sede di commento a Parma - Juve, e dunque non è il caso di ritornarci. Prima che qualcuno mi voglia attribuire intenzioni giustificative dei fatti pomeridiani e serali di domenica scorsa, preciso che fatti del genere - VANNO FERMAMENTE CONDANNATI DA CHIUNQUE COMMESSI, SENZA INDULGENZA ALCUNA. - La cosa certa è che da un fatto che nulla aveva a che fare con il calcio, trattandosi di episodio tragico di cronaca nera, ove solo accidentalmente si inserisce l’aspetto calcistico, solo perché il morto era un tifoso laziale, si è risaliti al problema della violenza generata dal calcio, finendo proprio con il produrre la violenza del pomeriggio, a mio modo di vedere in parte figlia di questa impostura mediatica: sarebbe stata necessaria una maggiore discrezione e soprattutto una opportuna verifica dei fatti, prima di propinare la notizia nel modo come sopra ricordato, e quindi dare la notizia con la dovuta sensibilità ed attenzione, badandosi al fatto che a distanza di poche ore ovunque in Italia ci sarebbe stata una grossa raccolta di tifosi per assistere alle gare della giornata di campionato, nella massima serie come in quelle minori. Ma, visto che gli eventi sono successivamente sfociati in fatti di cronaca nera e di guerriglia urbana ingiustificabile, proviamo un po’ a ragionare sul contesto che oggi ci produce questi violenti che dal calcio traggono la ragione per atti come quelli a cui abbiamo assistito tutti. Cosa è il calcio oggi? Certamente è qualcosa che ha poco a che fare con lo sport, e molto con altri fenomeni. E’ una industria, è un fenomeno "oppio dei popoli del XXI secolo", è un luogo nel quale investire economicamente e politicamente per accrescere potere, è insomma un fattore nel quale si riversano tutti gli aspetti della società italiana. Da venti anni circa, il calcio è diventato strumento per incrementare introiti, e per incrementarli occorreva farlo diventare prodotto vendibile e in questo si è tracciata la strada per creare i soggetti che potessero acquistare a prezzi consistenti: insomma il calcio grazie all’avvento di Berlusconi è diventato prodotto da vendere televisivamente, sono nate prima Telepiù e i posticipi serali, poi la piattaforma satellitare D+, sono stati alterati gli orari delle gare, i calendari, si è ingigantita a poco a poco la Coppa dei Campioni, ridimensionandosi ogni altro torneo (le Coppe Nazionali, la Coppa delle Coppe, la Coppa UEFA) che fosse poco appetibile al mercato televisivo. Naturalmente questo significava "potere" per chi aveva da investire nel calcio, e a questo potere occorreva creare contropotere: ecco quindi la creazione del secondo polo satellitare, grazie ad una operazione finanziaria gestita (udite udite) da tale Guido Rossi, ossia la privatizzazione di Telecom (autentica rapina, così la definì il Financial Times), nelle mani di Colaninno, la creazione di Stream, la marea di denaro che venne erogata (denaro pubblico "privatizzato") verso certe società appartenenti ad un certo consorzio, che per alcuni anni riuscirono a "drogare" il mercato, potendo disporre di risorse notevoli. Calcio quindi che diventa meno fenomeno da stadio e più fenomeno da salotto, e dunque gli stadi per essere riempiti hanno bisogno di gente che sia calorosa verso la squadra di casa: così si comincia a creare il circolo vizioso e inarrestabile della collaborazione tra società di calcio e gruppi ultras, non a caso certi fenomeni, esistenti anche nel passato, guarda caso dagli anni ’90 ad oggi sono aumentati in misura esponenziale, basti pensare che il primo morto tragicamente per eventi collegati al calcio fu nel 1979 il povero Vincenzo Paparelli, e pensare invece a quanti morti ci sono stati dal 1989 fino ad oggi. Già, ma questo non è che un aspetto del discorso. Da un lato occorreva avere una stampa d’appoggio per avere potere nel calcio, e dunque una stampa che accusi sempre gli altri e difenda sempre i propri, anche a costo di difendere ciò che indifendibile non era, compresi certi episodi di teppismo; dall’altra occorreva avere delle tifoserie che "pesassero" molto nel gioco "politico" del calcio, al punto di condizionarlo: basti ricordare gli eventi precedenti alla famosa Perugia - Juventus, o alle dichiarazioni di Sensi l’anno successivo "se la Roma non vince lo scudetto, non sono in grado di garantire per l’ordine pubblico". Come dire, la minaccia di problemi di ordine pubblico diventa elemento condizionante per l’andamento delle competizioni calcistiche. Ancora: visto che le tifoserie cominciano ad acquisire potere e prestigio, in quanto determinanti anche per gli esiti finali dei tornei, o in quanto ben gratificate da dirigenti nei vari anni, possono pure diventare anche elettoralmente determinanti, e quindi oggetto di corteggiamenti ed attenzioni da parte dei politici di turno. Ecco così personaggi che entrano nella politica forti dei risultati calcistici conseguiti, o che diventano amici di gruppi di tifosi per ottenerne i consensi elettorali, o magari finanziano treni speciali per consentire a gruppi di tifosi di protestare a tutela della propria squadra del cuore. La conseguenza è stata che negli ultimi anni i nostri politici sono stati molto attenti da un lato a cavalcare la tigre del tifo "ultras" per ottenerne vantaggi personali, dall’altro ad arrivare sempre in soccorso delle frange più violente, sempre giustificate da asserite "provocazioni", che potevano essere o qualche arbitraggio negativo, o qualche provvedimento seriamente punitivo, o qualunque cosa potesse essere usata a pretesto. E non è un caso che proprio il tifo della Capitale abbia più di altri beneficiato di queste forme demagogiche di indulgenze, dai fatti del 2000 e 2001, alle vicende del 2003, quando il rischio "ordine pubblico" è stato preso a pretesto per il gigantesco insabbiamento sulla vicenda fideiussioni false, o del 2004, il famoso derby sospeso dalle curve, con successiva guerriglia urbana violentissima, cose che non ebbero provvedimenti sanzionatori alcuno. Certo, anche la tutela del credito è entrata fortemente in campo, Geronzi e la Banca di Roma è stata quella che ha deciso la sopravvivenza e la crescita smodata di certe società, che successivamente sono state salvate per evitare disastri al gruppo bancario, utilizzandosi Carraro, presidente di Mediocredito Centrale (banca finanziaria del gruppo di Geronzi), messo al vertice della Federcalcio per tutelare dunque gli interessi del suo datore di lavoro e non per curare certo gli affari del calcio. Con la conseguenza che mai si è posto ed affrontato seriamente il problema della violenza generata dal tifo calcistico, che dunque è stato alimentato e fatto crescere da questo contesto. Non a caso anche domenica sera i nostri politici si sono distinti per prese di posizioni velleitarie quanto demagogiche, avendo trovato il modo di speculare sulla tragedia, anzichè pensare a solidarizzare per affrontare il vero problema, che non è di violenza nel calcio, ma di violenza e basta, e di ordine pubblico, che deve essere garantito in modo intransigente, ma non certo a costo di sacrificare vite umane innocenti.Per anni hanno alimentato il tifo ultras, l’hanno coccolato,difeso anche in modo indecoroso, ne hanno fatto oggetto di sfruttamento economico, salvo poi versare lacrime di coccodrillo in occasione della tragedia di turno. Per questo, ripensando a quella canzone che citavo all’inizio, mi ritorna alla mente quella frase "tienelo a mente, chi è ’o bbuono e chi ’ o malamente" ! Condanniamo il fenomeno ultras, quando diventa pura violenza fine a sé stessa, teppismo per il teppismo, ma dobbiamo tenere bene a mente che c’è stato chi per anni l’ha alimentato in modo criminale, e che oggi non vuole affrontarlo seriamente, perché ha molto da perderci ad affrontarlo.Sarebbe stato sufficiente, fin dall’inizio,trattare i fatti di violenza per quelli che sono, ossia fatti di cronaca nera e di repressione criminale; sarebbe stato sufficiente, fin dall’inizio, ragionare su come fare prevenzione. Ma tanti hanno preferito sfruttare il fenomeno a fini propri, ed oggi come al solito vengono a proporre le solite misure insulse e illiberali, quali il divieto di trasferte ai tifosi, sospensione dei campionati e quant’altro di imbecille si possa proporre. Insomma, punire la gente perbene per cose non commesse, e soprattutto per coprire l’inettitudine di chi finora ha coperto il tutto. Io comincio ad avere qualche capello bianco, sono cresciuto durante il periodo rimasto tristemente e tragicamente famoso come "anni di piombo", quando quotidianamente ci si azzuffava tra studenti di sinistra e studenti fascisti,quando spesso le manifestazioni culminavano in sparatorie, quando era davvero rischioso andare nelle varie università che erano il luogo dove spadroneggiavano i violenti. Nessuno mai pensò di chiudere licei ed università, nessuno mai mi disse che non dovevo iscrivermi a Giurisprudenza di Catania perché era luogo ad egemonia fascista mentre io ero "rosso". Il problema lo si risolse quando il terrorismo e la violenza politica vennero affrontati con i giusti rimedi, quando ci fu unità tra tutte le componenti per debellare quel dramma. Ricetta facile, vero? Ma poi qualcuno ci rimetterebbe, questa è la verità, quindi meglio depistare, dare in pasto le solite chiose sul calcio che genera violenza (come se fosse il calcio di per sé a generarlo e non i personaggi che ci girano attorno e ci speculano, ad alimentarlo), ed i soliti provvedimenti idioti. A Catania hanno chiuso lo stadio penalizzando la parte sana della tifoseria etnea: è servito a qualcosa? Rifaranno lo stesso anche adesso, del resto è il solito gattopardesco modo di cambiare tutto perché tutto rimanga come prima. Eviteremo così le trasferte dei tifosi, ma i soliti cialtroni si coccoleranno i tifosi ultras di casa. Il tutto con buona pace di un giovane che è morto mentre voleva andare a vedere la sua Lazio in trasferta, ucciso una seconda volta da come i media hanno presentato la notizia. ’O bbuono e ’o malamente (parte seconda 2 ) Ho ricevuto diverse email di apprezzamento a quanto scritto nel mio precedente intervento, ma ne ho ricevuto pure altre di critica e di dissenso. Critiche e dissensi che posso riassumere in questo modo: - avrei deviato la discussione su altri argomenti, quali l’ingerenza del mondo sportivo, politico, finanziario, nel fenomeno ultras, per evitare di affrontare il reale problema della violenza generata dal calcio e dal tifo “ultras”; - avrei manifestato indirettamente solidarietà verso i violenti, cercando di giustificarne le ragioni e le origini, ed in questo modo avrei accusato il corpo della Polizia di Stato, di essere il vero colpevole di ogni episodio di violenza. Non è così, dato che io ho voluto solo dare la mia opinione su come si sia evoluto un fenomeno che molti in passato negavano per “propri interessi di bottega”. In verità il fenomeno della violenza del tifo ultras è da ritenersi cosa abbastanza recente, sicuramente accentuatasi da un ventennio a questa parte. Non essendo io di Torino o dintorni, per anni sono stato un tifoso “da trasferta”, ho a suo tempo seguito la mia squadra del cuore in diversi stadi d’Italia, e non sempre nei settori ospiti, a Roma, a Napoli, a Catanzaro, a Lecce, a Milano, non ho mai temuto per la mia incolumità; ancora ricordo, stagione 1986 - 87, che al “Comunale” di Torino era possibile seguire Juventus - Inter mischiati con le tifoserie avversarie, o andare al Meazza (stagione 1983 - 84) e tifare Juventus in mezzo a tifosi interisti, qualchè sfottò, magari qualche imprecazione colorita, ma finiva lì. Oggi siamo arrivati alle “gabbie” per i tifosi ospiti, che debbono arrivare, scortati, con notevole anticipo allo stadio ed uscire con notevole ritardo rispetto al termine della gara, e la cosa deve avere un suo significato, nel senso del progressivo imbarbarimento del tifo calcistico. E questo imbarbarimento non è nato da solo ed all’improvviso, per questo nel mio intervento precedente ho voluto dare la “mia” spiegazione al fenomeno. Andando poi all’episodio della morte di Gabriele Sandri, e agli atti di vera guerriglia urbana del pomeriggio e della sera di domenica, è evidente che i due fatti non vanno collegati, anche se il primo è stato il pretesto per i secondi. Lo è stato, e lo ripeto, per il modo davvero indecoroso come è stata presentata la notizia, ed in questo i nostri media hanno la loro grave colpa, e come al solito NESSUNO HA FATTO PUBBLICA AMMENDA O AUTOCRITICA. Neppure adesso che la vicenda comincia a delinearsi in modo più chiaro, ossia come vicenda che nasce da una probabile ed immotivata aggressione di un gruppo di tifosi verso un altro gruppo, più precisamente 8 - 10 persone che avrebbero aggredito un gruppo di 3 - 5 persone che viaggiavano in altra autovettura, tutti casualmente incontratisi presso l’area di servizio di Badia al Pino. Avete notizia di qualcuno che abbia comunque criticato o condannato l’aggressione realizzata o tentata di un gruppo di tifosi verso un altro, colpevole solo di tenere per una squadra diversa? Nessun giornalista romano o dei dintorni ha speso una parola per condannare il fatto, per condannare l’ottusità di una aggressione verso alcuni tifosi juventini, che in fondo stavano solo prendendo un caffè in un’area di servizio. Certo, di norma per i nostri media, il tifoso juventino è sempre figlio di un dio minore, l’abbiamo sperimentato l’estate scorsa quando per futili motivi, uno juventino venne ucciso da un interista per uno sfottò, o come ancora a distanza di decenni siamo costretti a sentire autentici gesti di sciacallaggio mediatico verso la tragedia dell’Heysel, per cui il fatto che gli aggrediti fossero juventini e non, ad esempio, romanisti o interisti, sembra sia servito a cancellare dal novero delle notizie l’antefatto alla tragedia della morte di Gabriele Sandri. Quindi anche stavolta se da un lato abbiamo sentito i soliti pianti coccodrilleschi sulla violenza nel calcio, dall’altro non abbiamo sentito una sola parola di critica o di condanna verso quei tifosi che aggrediscono o che saccheggiano, preferendosi fare dei discorsi generici e dunque privi di significato. In altri termini, i saccheggi di Roma hanno una loro matrice, una loro provenienza, costa molto dire che per l’ennesima volta il cosiddetto tifo violento che fa parte degli ambienti vicini alle squadre della Capitale, ha prodotto conseguenze che già in passato si erano verificate ed erano rimaste impunite? O che a Bergamo se da un lato gli incidenti dentro lo stadio erano frutto di ultras atalantini, fuori dallo stadio anche i milanisti si erano “distinti” per comportamenti non meno violenti? E non lo dico perché sto parlando di altri tifosi, lo dico perché, una volta per tutte, la violenza compiuta da qualsiasi gruppo che si definisce di “tifosi” ultras, va condannata e repressa, e dunque anche quando certe condotte dovessero essere compiute da juventini, le stesse vanno egualmente condannate e represse, come è accaduto in occasione del derby, cosa che ha prodotto il divieto per la tifoseria juventina di poter seguire la squadra a Firenze, provvedimento discutibile ma che ha avuto il suo effetto, come dimostra la sostanziale tranquillità della tanto temuta gara contro l’Inter. E dico questo, SOTTOLINEANDO PURE CHE IL TIFOSO VIOLENTO E’ UNA COSA, IL TIFOSO “ULTRAS” E’ UN’ALTRA COSA. Non facciamo di un’erba un fascio, i violenti vanno emarginati e repressi, la violenza va prevenuta e punita quando si manifesta, ma sbagliato sarebbe mortificare invece quella parte del tifo cosiddetto “ultras” che non ha e non vuole avere nulla a che fare con certi fenomeni degenerativi. Ho avuto modo di conoscere ed apprezzare dei tifosi “ultras”, che durante la settimana sono persone normalissime, perbene, migliori di molte altre persone che popolano il mondo del calcio, gente che lavora, che cura la famiglia, l’educazione dei propri figli, che ha una ottima cultura e maturità, ma che la domenica vive il calcio in un modo molto diverso dalla tifoseria diciamo “normale”. Dunque un tifo molto più caloroso e colorito, fatto di canti, di cori, di preparazione di striscioni per la domenica calcistica, di studio di coreografie e scenografie per la curva, di incitamento incessante per i propri beniamini, insomma qualcosa di positivo e di lodevole, altro che violenza fine a sé stessa o sfogo da frustrazioni della vita quotidiana. Un modo di far tifo che magari non piacerà a tanti, ma che non è affatto fenomeno di violenza o di prevaricazione, dunque un modo di fare tifo “positivo” che a mio giudizio rischia di essere la vera vittima della violenza di certe frange che si sono infiltrate dentro il movimento “ultras”, dato che qualcuno sembra volere punire indiscriminatamente tutto il tifo ultras, per incapacità di affrontare, isolandoli, i veri teppisti e criminali che, grazie al fatto di essere stati a lungo protetti ed impuniti, con il tempo hanno preso piede in modo preoccupante all’interno del fenomeno del tifo “ultras”. Andando poi all’episodio tragico di per sé, che secondo alcuni io mi sarei guardato dal commentare, anche qui va fatto un ragionamento sul fatto, distinguendosi la valutazione su CHI l’ha compiuto, da quella sul corpo a cui appartiene l’autore di quel fatto. Saranno i giudici a dire cosa è realmente accaduto, anche se ormai pare evidente che si è trattato di un gesto davvero sconsiderato di un agente che, almeno si spera, avrà ritenuto di vedere qualcosa ben più grave di quella realmente accaduta, perché se così non fosse stato, e chi ha sparato l’avesse fatto solo per una presunzione di immunità ed impunità, la vicenda sarebbe davvero gravissima e inquietante. Io non escludo a priori che all’interno della Polizia di Stato ci possano essere delle frange, come dire, propense al “rambismo” ed alla degenerazione di quello che è il loro compito istituzionale, e purtroppo la nostra cronaca ha avuto esempi tragici, dalla Diaz a qualche morte sospetta di recente. Ma è anche vero che adesso la Polizia di Stato sta diventando un po’ il capro espiatorio di tutto, e non a caso non si sono elevate voci autorevoli a difesa del Corpo, neppure da quei settori che di norma dovrebbero essere più inclini, in via teorica, a difendere comunque chi è preposto alla tutela dell’ordine e della sicurezza. Neppure questo mi sta bene, e sotto questo profilo, non posso che rifarmi al famoso scritto di Pasolini in difesa dei poliziotti nei famigerati scontri di Valle Giulia a Roma, nel 1968: nella Polizia ci potranno essere le mele marce, che dovranno essere tolte in fretta dal cesto, ma una cosa non va mai dimenticata, che chi sceglie quella carriera poco remunerativa e spesso a rischio e pericolo della propria vita, è gente che proviene dal “popolo”, che non guadagna quanto i nostri amati (e spesso anche troppo esaltati) assi del pallone, ma che ci assicura quel servizio d’ordine che ci consente di poter tifare per la nostra squadra del cuore, e che magari, nello svolgere quel servizio con diligenza, è pure costretto a sorbirsi gli insulti tante volte immotivati da quelli presenti nello stadio e nelle curve. Che un poliziotto abbia sparato ad altezza d’uomo senza ragione apparente alcuna, provocando la morte di un giovane, è episodio gravissimo, certamente, che va punito; che anche in altre vicende ci siano stati poliziotti che abbiano infierito contro cittadini indifesi e senza colpe specifiche, può essere altrettanto grave e depracabile. Ma la Polizia di Stato è quella che ha versato sangue contro la mafia, contro il terrorismo, contro la criminalità comune ed organizzata; è quella che quotidianamente ci assicura la sicurezza, l’ordine nelle città, nelle strade ed autostrade, è il corpo a cui ci rivolgiamo in caso di necessità ed urgenza, insomma non è un corpo dedito alle malefatte, ma è un corpo di servitori dello Stato, con il fondamentale compito di garantire la legalità nella vita quotidiana, compito che la stragrande maggioranza assicura con discrezione e con abnegazione, senza grandi riconoscimenti per la loro attività, senza grandi guadagni, e con il rischio non affatto teorico, di uscire la mattina non sapendo se si farà rientro a casa la sera. Cose queste che non si possono cancellare di fronte ad un gesto, sconsiderato quanto si voglia, ma sostanzialmente isolato al cospetto di tanti comportamenti irreprensibili, eroici e compiuti nel silenzio quotidiano, che assicurano a tutti noi la vivibilità delle nostre città. Quindi nessuna indulgenza verso chi sbaglia, ma grande apprezzamento verso chi compie lodevolmente il proprio dovere (che poi è la stragrande maggioranza) e soprattutto solidarietà, da parte mia, verso un Corpo dello Stato che stavolta è stato lasciato un po’ da solo, come se tutti avessero paura, di dire una cosa che in fondo è ovvia, ovvero che un poliziotto assassino non è affatto l’immagine della nostra Polizia. E spero stavolta di avere fugato quei dubbi che con il mio precedente intervento avevo suscitato nella mente di qualche lettore. E-mail: antonio.larosa@libero.it

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