venerdì, febbraio 17, 2006

LA MOVIOLA DEI RICORDI DELLA JUVENTUS.

 Enrique Omar Sívori 2 Ottobre 1935 -17 Febbraio 2005
ENRIQUE OMAR SIVORI EL FUTBOL

«Omar Sivori è un vizio». Soleva ripetere l’avvocato Giovanni Agnelli con un accostamento tanto colorito quanto efficace. Omar arriva da Buenos Aires nell’estate del 1957, grazie al programma del dottor Umberto Agnelli, 
che esige il rilancio della Juventus dopo cinque stagioni anonime. Omar è uno degli Angeli dalla Faccia Sporca del calcio argentino. Non è alto, ha un baricentro piuttosto basso, dettaglio importante per un calciatore, una zazzera corvina e lo sguardo indagatore

Su di lui sono stati versati torrenti di inchiostro, in un miscuglio di fantasia (2/3) e realtà. Il suo calcio e talento e fantasia, diabolicamente divertene. Diverte, e si diverte. Qualcosa mai visto. Usa il piede sinistro come il prestigiatore usa le mani. Cosa che fa divertire il pubblico, ma irrita i difensori checon il beneplacido degli arbitri, lo riempiono di botte, e incapace di fare la vittima, spesso reagisce pagandone poi le conseguenze (lunghe squalifiche!). La scuola argentina di quei tempi (esperienza personale) insegnava che il calcio era divertimento: divertirsi e divertire. 

Sivori, quando corre in linea retta verticale per superare chi gli si affianca, si esibisce in ripetuti tocchi prima di cambiare direzione in diagonale, d’improvviso, con carezza d’esterno, proprio in mezzo alle gambe dell’avversario che sta effettuando la normale falcata... ecco allora il famoso tunnel. Questione di tempo e di coordinazione. Il pubblico delira. I difensori molto meno, che accecati (giustamente?) dall'ira, menano! 

Sivori è imprevedibile e fantasioso quanto istintivo. La sua grandezza si definisce soprattutto nella capacità di mantenersi freddo in area di rigore, là dove i calciatori di solito perdono la testa con entrate tempestose.

Per lui tutto è un gioco per ragazzi. Gli avversari per provocarlo, quasi lo invitano, per poi menarlo senza complimenti. Ma el cabezon è astuto come una volpe e difende la palla sollevando e inclinando il piede a protezione della stessa, in modo che l’avversario calci contro la pianta della sua scarpa, così prima di rifarlo ci pensa due volte. 

Spesso i suoi gol sono perfidi. Cerca sempre di umiliarli. Quando li supera, lo fa con irriverenza, quando li supera, prima  di festeggiare lo gurda con sorriso maligno. proprio come fanno i ragazzini. Si giova degli assist di John Charles... 
...un gallese stupendo per generosità e forza penetrativa. 

Spiegherà un giorno: «C’era il desiderio di fare qualcosa di speciale, di giocare con gli avversari. Per cui, giocavo con i calzettoni abbassati per far vedere che non avevo paura; c’erano i tunnel, i dribbling, tutto quello che si poteva fare per innervosire i rivali e divertire il publico. Io sentivo moltissimo il pubblico, non riuscivo a far finta di niente. E i miei compagni si divertivano tantissimo con queste mie esibizioni».

Sivori confessa: «Io e Boniperti avevamo una concezione totalmente diversa del calcio e non riuscivamo ad andare d’accordo. Tutto lì, avevamo dei caratteri forti e inconciliabili. In campo, però, non aveva alcuna conseguenza
....si giocava senza pensare alle differenze o alle polemiche».

Tanti sono gli aneddoti da ricordare. In un Juventus-Sampdoria portò la sua irrisione verso gli avversari a un punto estremo: scartato anche il portiere, si fermò sulla linea con il pallone sotto la suola, aspettando il recupero del difensore avversario, e quando il poveretto (Vincenzi) si avventò a corpo morto, spostò il pallone indietro mandandolo a vuoto, per poi appoggiarlo in rete. 

Contro il Padova: «Stavamo vincendo 3-0 con il Padova e la partita stava già finendo, quando l’arbitro ci concesse un rigore che i padovani contestarono vivacemente, nonostante non avesse influenza sul risultato finale. Vedendo la disperazione di Pin, il portiere, mi avvicinai e gli dissi: “Non preoccuparti, tanto lo tiro sulla sinistra”. Andai sul dischetto e, ovviamente, tirai sulla destra, segnando. Pin si arrabbiò come un matto, inseguendomi e insultandomi. Non me la perdonò mai. Lo incontrai nuovamente, un paio di anni dopo su una spiaggia, e lui ancora si arrabbiò. Inutilmente tentai di spiegargli che io avevo inteso la mia sinistra e non la sua. Non ci cascò e continuò a odiarmi».

All’atto della presentazione, Sivori fece qualche palleggio davanti agli occhi dell’Avvocato, il quale, da grande intenditore, gli fece notare che era bravo, ma che non sapeva usare il piede destro. Omar prese il pallone e fece tre o quattro giri di campo palleggiando con il sinistro, senza mai far cadere il pallone. Poi si fermò davanti all’Avvocato e con la sua naturale sfrontatezza disse: «Secondo lei, cosa ci dovrei fare con il destro?».

Una mattina Sivori si presentò all’allenamento con gli occhi gonfi di sonno; i compagni stavano già facendo i soliti giri di campo da una ventina di minuti. La giornata era bella e Omar si sdraiò sull’erba. Arrivò Gren, il Professore, che era allenatore della Juventus, affiancato da Carletto Parola. Gren si sdraiò di fianco a lui e gli passò il pallone sul piede; Omar, sentendo la palla, aprì gli occhi e si mise a palleggiare, passandosela dal destro al sinistro, dal sinistro al destro, sempre rimanendo coricato. Quindi passò il pallone al Professore, anche lui sdraiato sull’erba, e diedero vita a un numero da circo, da autentiche foche del calcio. A un tratto si alzò e piazzò la palla sulla lunetta dell’area di rigore; scommise con Gren e Parola, sulle traverse e sugli incroci che avrebbe colpito. Ne fallì uno su dieci. Ogni tiro era annunciato: incrocio dei pali sulla sinistra, palo interno sulla destra, traversa centrale. E così fece.

Erano anni molto difficili per gli attaccanti, soprattutto quelli dotati di grande talento, come il Cabezón. I difensori erano soliti tracciare, con i tacchetti, una riga fuori dall’area di rigore minacciando il malcapitato attaccante di entrare duramente se l’avesse superata. Sivori non solo la oltrepassava allegramente, ma aveva la fissazione di umiliare l’avversario facendogli tunnel e, magari, di ritornare a sfidarlo per farglielo una seconda volta. Così, un giorno a Torino, lo stopper del Catania, tale Grani, lo minacciò, dicendogli che, al ritorno, gli avrebbe spaccato una gamba. Omar, con molta calma, accettò la sfida, avvertendo il difensore di affrettarsi a farlo, altrimenti se ne sarebbe pentito. Detto e fatto; dopo pochi minuti del match del Cibali, del 26 febbraio 1961, il Cabezon entrò con il piede a martello del povero Grani, distruggendogli il ginocchio.

Si trasferisce al Napoli nel 1965 per incompatibilità di carattere con l'allenatore Heriberto Herrera, dopo il«Sivori come Coramini». Purtroppo, si arrivò al distacco definitivo. Non riuscivamo a intenderci e a concepire il calcio nella stessa maniera. Me ne andai io, nonostante la stima della società, perché non mi sembrava giusto porre il dilemma “o Sivori o Herrera”. L’allenatore doveva restare ed io andare, non potevamo restare insieme. Inizialmente, pensai di tornare in Argentina, ma alla fine mi convince Emoli, ex capitano juventino approdato al Napoli, a restarein intalia».

Sivori realizza 167 reti nelle 253 partite disputate in maglia bianconera. Vince tre scudetti e due Coppe Italia. 
Nel 1961, primo Italiano,  Sivorisi aggiudica il Pallone d’Oro. 
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Adiòs campeon Adiòs...  
pero nunca olvidarem que asi jugavas tu
Gracias Omar, siempre estarás en nuestros corazones...Juventus siempre! Fino alla fine
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La vera storia di Omar Sivori documento fotografico 


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