Roma, 11 febbraio 2007 - «Io vittima sacrificale di un sistema calcio malato. Le intercettazioni erano la norma».
Si è tornati a parlare di calcio malato nella puntata di Buona Domenica andata in onda oggi pomeriggio su Canale 5. Ospite di Paola Perego, «Diciamo che sono lucidamente furioso - ha detto Moggi - mi è tornata la grinta di prima. Tutto quello che è avvenuto mi ha lasciato perplesso, nelle edicole si continuano a vendere le intercettazioni che invece dovrebbero essere coperte da segreto. Le cose alla fine si sanno più dai giornali che dalle persone competenti. Ritengo con il senno di poi che visto che io sono stato per anni ai vertici del calcio italiano, dovevo fare l'agnello sacrificale perchè il calcio si potesse auto-assolvere».
Moggi ha quindi attaccato l'Inter e il suo allenatore, Roberto Mancini: «Quello che io ho affermato un anno fa, è stato avvalorato da quanto è successo successivamente con l'Inter e con Roberto Mancini, che guarda caso sapeva in anticipo cosa sarebbe successo. Quando facevo delle trattative con i giocatori avevo immediatamente l'interessamento di un'altra squadra che rilanciava, e poi alla fine dovevo pagarlo di più, venivo continuamente intercettato. La mia unica colpa è aver difeso la mia squadra. Questa è la mia colpa. Roberto Mancini vorrei ricordarlo aveva il 40% delle quote della società Gea, e questo dovrebbe dire molto». "Il rinvio a giudizio nell'inchiesta Gea? Di solito si è indagati e poi processati, quando la colpa viene confutata si è colpevoli, io invece sono stato subito colpevole. E' uno stato di cose che mi ha lasciato perplesso, le intercettazioni dovrebbero essere coperte dal segreto istruttorio". "E' un momento particolarmente triste. Avrò salito le scale di quegli uffici una o due volte e sono considerato un socio della Gea. Sono curioso di vedere cosa verrà fuori appena ci sarà il dibattito preliminare. Per quanto successo nello scandalo estivo, "mi considero un agnello sacrificale. "La Juve vinceva senza spendere e c'era un certo risentimento. Se andiamo a vedere i Mondiali, a Berlino c'erano dieci persone della Juve tra Italia e Francia e questo dimostra che lavoravo bene. La Juve non aveva bisogno di essere aiutata. Aveva bisogno solo di essere protetta da chi non riusciva a vincere spendendo. un anno mezzo e fa parlavo, in tempi non sospetti, di spionaggio industriale, tesi avvalorata dalle dichiarazioni di Mancini che disse che avrei dovuto rispondere delle mie azioni in altre sedi e ad altre persone. Nei processi sportivi hanno preso le intercettazioni che volevano. quando trattavo un giocatore dopo dieci minuti arrivava un'altra società a controbattere. L'ex dg della Juve ironizza anche sul rapporto che ha ora con i cellulari "quando esce un telefonino nuovo lo compro sempre perché sono un appassionato, le schede straniere che compravo "erano un mezzo di difesa. Ho capito che c'era qualcosa che non funzionava, c'era uno spionaggio industriale. Il calcio doveva autoassolversi, bisognava far passare inosservate alcune cose importanti e hanno buttato nella mischia il sottoscritto". Commentando le frasi pronunciate quando scoppiò lo scandalo ("mi è stata uccisa l'anima"), l'ex dirigente juventino dice che "ero un Moggi diverso da quello di adesso, ero un Moggi che aveva visto un treno che gli era passato sopra. Poi, quando si sono sviluppati i processi sportivi e ho visto che il procuratore federale e Guido Rossi avevano violato le norme delle Federazione e mi sono reso conto che ero una vittima sacrificale, ho cercato di riprendere il mio morale.
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