venerdì, dicembre 25, 2009

denti marci e faccia da culo, interisti disonesti atavici! Piu, il giornalista Beha, dal Tribunale di Napoli.

Nucini? Il mio nome è Bond, Danilo Bond


L'onestone moratti, all'altro onesto facchetti sul letto di morte:
Gipe, qualche mese fa ti chiedevo un po' scherzando un po' sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico, tanto da sentirci almeno una volta protetti, e tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace.
Fantastico.
Non ne era capace la tua grande dignità, non ne era capace la tua naturale onestà, la sportività intatta dal primo giorno che entrasti nell'Inter
"moratti & palazzi" corruttore & corrotto 
----------------------------------------
Strofa di una nota hit dell’estate 2006 

Danilo Nucini, ex fischietto bergamasco attivo in serie A e B dalla seconda metà degli anni ’90 alla stagione 2004-05, si è presentato in aula, l’altro ieri (26 maggio), per raccontare l'ostracismo a lui riservato dall'intero mondo arbitrale, tanto da privarlo dalla possibilità di fare carriera ad alti livelli. Si è ripetutamente definito uno spirito libero, un uomo senza padroni, ma la storia che ha raccontato ha molte falle, e nel raccontarla è incorso in numerose imprecisioni e contraddizioni, reagendo con spocchia e nervosismo a chi glielo faceva notare.

Molta specie ha fatto il racconto della sua assidua frequentazione, mentre era un arbitro in attività, con un massimo dirigente dell’Inter, il compianto Giacinto Facchetti, che ha descritto come un punto di riferimento costante a cui si rivolgeva per trarre conforto dai suoi problemi di carriera.
Senza contare le numerose inesattezze e bizzarrie che costellano la storia degli incontri con Fabiani e Moggi e la faccenda della SIM italiana con relativa omessa denuncia. Ma andiamo per ordine.

L'OSTRACISMO DEL MONDO ARBITRALE
Nucini accusa la Commissione Arbitrale Nazionale di aver sempre gestito con logiche clientelari le carriere, senza criteri meritocratici, ripetutamente dichiarandosi vittima del sistema.
Significativa però l’ammissione di aver avuto problemi con tutti i commissari che si sono succeduti alla guida della CAN, nessuno escluso, da Casarin, a Baldas/Mattei, a Pairetto e Bergamo. Nucini racconta candidamente di aver litigato con tutti. Inoltre, ammette di non aver mai legato nemmeno con i colleghi, di essersi sempre tenuto isolato dagli altri.

A suo dire, il problema non era lui, ma di certo chiunque avesse attorno non andava bene. Insomma, il classico piantagrane. Tranne il primo anno, con la CAN commissariata, momento di emergenza che portò alla cooptazione di molti arbitri dalle serie inferiori, permettendogli di accedere al livello più alto, arbitrare in serie A e B, traguardo che in caso contrario difficilmente avrebbe potuto raggiungere.

Per cercare di dare sostanza alle sue accuse contro il mondo arbitrale, cita la vecchia storia del giornalista Di Tommaso di Tuttosport, che nella famigerata stagione 1997-98, secondo un’inchiesta dalla concorrente (!) Gazzetta, venne accusato di aver tenuto rapporti inopportuni con alcuni arbitri, i quali però, una volta sottoposti a procedimento disciplinare, vennero scagionati. Non sarà questa l’unica volta in cui Nucini userà argomentazioni legate non tanto a fatti, ma a campagne di stampa e a opinioni vicine alle ragioni dell’Inter (l'affare Di Tommaso scoppiò in corrispondenza delle polemiche sul famigerato rigore di Ronaldo e conseguenti piagnistei).

JUVENTUS BOLOGNA 1-0 del 14/01/01
Nucini racconta di essere stato ostracizzato dai designatori Bergamo e Pairetto dopo aver concesso un rigore contro la Juve, nel match interno contro il Bologna del 14 gennaio 2001. Attribuisce a quell'episodio una sospensione di 40 giorni che subì. Poi però ammette di aver anche risposto male a Pairetto il quale, al successivo raduno settimanale a Coverciano, gli aveva fatto notare l’errore. Ma il rigore c’era?

Prima Nucini parla di un'intervista nella quale, secondo un racconto telefonico della moglie immediatamente successivo alla partita, Iuliano, l'autore del fallo, gli avrebbe dato ragione; poi è costretto ad ammettere di aver subito unanimi critiche da tutti gli organi di stampa, e non solo per il rigore; un arbitraggio disastroso, a parere di tutti.

Invito il lettore a leggere L'articolo del Corriere su quella partita, eloquente fin dal sottotitolo: “L'arbitro Nucini il peggiore in campo”, a 9 minuti dalla fine assegna un rigore molto dubbio al Bologna, sotto per 1-0 (rigore poi sbagliato da Cruz).

Siamo sicuri che i designatori lo criticarono solo per quel rigore? Addirittura, Nucini racconta di aver fatto resistenza all’invito di Bergamo a chiedere scusa a Pairetto per la reazione a Coverciano. Dunque, Nucini arbitrava male e rispondeva male ai rilievi dei designatori. Di più: lamenta la mancata solidarietà dei colleghi, a suo avviso troppo competitivi con le nuove leve.

Gli si chiede se dopo la partita i dirigenti bianconeri andarono a protestare, ma la risposta è no. Per dare una parvenza di sostanza alle sue “sensazioni”, si attacca a un gadget post-partita, di quelli che i club ospitanti danno sempre agli arbitri e che, nel caso della Juve, era costituito da uno zainetto contenente una maglia e la videocassetta del match: in quel caso, Nucini vi trovò una casacca bianconera con un quadrato nero invece del nome del giocatore. In pratica, descrive l'episodio come si trattasse una ritorsione da thriller, manca solo il sangue.

Dunque, da quella gara, da quel rigore contro la Juve, a suo dire l’avrebbero ostracizzato. Peggio: dall’anno successivo gli avrebbero fatto arbitrare solo partite di serie B. Vero? No, falso. Basta controllare: Verona - Fiorentina 25° giornata 3 marzo 2002 e Lecce - Parma 18° giornata 14 gennaio 2002 (e altre 3 nel 2002-03). In realtà Nucini arbitrò partite di serie A fino all’ultimo anno di carriera, il 2004-05, quando ad esempio diresse un contestatissimo Fiorentina –Messina.
Insomma, su questo Nucini mente.

Non solo, sempre nel 2000-01, dopo quel Juve-Bologna diresse altre 4 gare di serie A, di cui una della Juve stessa (Juve-Reggina, vittoria della Juve) e, quando gli avvocati difensori glielo fanno notare, si rifugia nell'evocazione di una fantomatica strategia dei designatori per dismetterlo senza destare sospetti. Delirante.
Ma quale fu la prima partita di A che diresse dopo quel Juve-Bologna?
-----------
INTER – UDINESE 2-1 del 25/02/01
Questo è il vero momento chiave, molto più del rigore dato contro la Juve. Infatti, in seguito a una mancata ammonizione all’interista Di Biagio, Nucini viene redarguito negli spogliatoi dal commissario arbitrale, e poi telefonicamente da Bergamo. Come negli altri casi, l’arbitro non accetta la critica, ribatte a muso duro al commissario, e Facchetti, che assiste alla scena, il giorno dopo lo chiama.

Un dirigente interista che telefona a un arbitro, per altro dopo un errore arbitrale in suo favore.
Gli avvocati vanno a nozze: “E’ normale questo? Era consentito dal regolamento?”

No, ammette, ma Bergamo è una città piccola e la conoscenza con Facchetti risaliva già al '98, no, al '99, no, al '97. Ci si incontrava, si beveva un caffè (come Baldini e Auricchio a Roma?....sssiiiii ).

Gli chiedono perché non ha segnalato all’Ufficio Indagini la telefonata del dirigente interista, tanto più che in precedenza Nucini aveva detto di aver segnalato ai designatori la presenza di Moggi negli spogliatoio dopo un Napoli-Ancona arbitrato da lui (che lo aveva semplicemente, e cortesemente, salutato, ammette), senza che la sua “denuncia” avesse seguito;
“eh, ma per la telefonata dipende dal contenuto”; “eh, ma Moggi a Napoli non doveva starci”.

Gli si fa notare che all’inizio si era lamentato del comportamento di arbitri accusati (poi assolti) di aver frequentato un giornalista, che dunque predica bene e razzola male. E’ costretto a convenire.

Poi il dossier. Nucini parla di un dossier, compilato da lui, sugli errori arbitrali pro-Juve (diretti e indiretti), relativo alla stagione del 5 maggio, il 2001-2002, e su come i designatori, a suo avviso, li valutassero in ottica filo-juve.

L'idea sarebbe nata dall’indignazione per un rigore concesso da Bolognino in un Juve-Chievo del 15 settembre 2001. Il documento viene acquisito agli atti. Nel dossier c'è un Parma-Juve, perché a dire di Nucini ci fu un rigore non concesso ai padroni di casa da Racalbuto; il difensore dell'arbitro gli fa notare che quella partita fu vinta dal Parma e che anche la Juve reclamò per la mancata espulsione di Almeyda. Risposta. "Io scrivevo quello che interessava a me". Il legale di Racalbuto va oltre: "Sa qual è la sospensione più lunga comminata a un arbitro? 8 mesi, che vennero inflitti a Racalbuto per un rigore dubbio concesso alla Juve contro la Roma"...... Nucini abbozza.

Gli si chiede se con Facchetti si cominciarono a vedere dopo quell’episodio, ma lui ammette che si frequentavano già prima, al bar, anche nell’ufficio di Facchetti a Bergamo, dove faceva l’assicuratore. Parlavano di “impressioni verbali, sensazioni, episodi e poi l'elenco delle partite”. Con che frequenza si vedevano? Frequentemente, anche settimanalmente.
----------
Poi la questione Fabiani, e il racconto di Nucini si trasforma in una spy-story.
L'ARBITRO SPIA: IL MIO NOME E' BOND, DANILO BOND
Fu Facchetti, secondo il racconto dell’ex arbitro, ad avere l’idea. Nucini, dopo il "tragico" 5 maggio, aveva presentato al suo amico il dossier sulla Juve, a suo dire convincendolo a fatica (in effetti mai gli interisti avevano recriminato prima di allora…) del presunto marcio nel calcio (durante il controesame dei difensori Nucini ammette ripetutamente che si trattava solo di sue “sensazioni” non suffragate da prove).

Facchetti gli avrebbe consigliato di diventare “amico” degli arbitri, in particolare di De Santis (dossierato Telecom). E a una cena di Natale (2002?), sempre Facchetti gli avrebbe poi detto: “Informati su chi è Fabiani” (singolare: anche lui dossierato Telecom).

Durante una cena, Nucini avrebbe così chiesto ai colleghi chi fosse Fabiani, recependo del nervosismo (?) da parte di Racalbuto. E il giorno dopo, De Santis, col pretesto di uno strappo sull'auto di Nucini al campo di allenamento di Linate, gli avrebbe chiesto perché fosse interessato al soggetto, confidandogli di conoscerlo per essergli stato collega presso un carcere minorile, prima di nuovamente rimproverarlo per il rigore dato contro la Juve ormai più di un anno prima (remember l’articolo del Corriere "Nucini il peggiore in campo"!).

In seguito, dopo un Cosenza - Triestina (di cui Fabiani era DS) arbitrata il 16 marzo 2003 da Nucini, in aeroporto sarebbe avvenuto il primo incontro, durante il quale il ds gli avrebbe dato i suoi numeri di telefono.

L’avvocato di Fabiani, nel controesame, ha contestato la presenza di Fabiani quel giorno in aeroporto, producendo i documenti di viaggio predisposti dalla Triestina per quella trasferta, che non prevedevano il volo di ritorno per Fabiani. Inoltre, davanti al pm Nucini racconta di un Fabiani che promette di fargli avere un buon voto dal commissario arbitrale, ma al controesame dell’avvocato innesta la retromarcia, in realtà si sarebbe trattato solo un breve e amichevole saluto.

Dopo quell'episodio, Nucini sarebbe stato chiamato da Fabiani che lo avrebbe invitato al bar dell’hotel Cristallo a Bergamo, dove l’avrebbe rassicurato che ci avrebbe pensato lui a fargli tornare ad arbitrare la serie A. Tramite "il suo uomo". Peccato che, come già detto, nel 2002-03 Nucini la serie A l'aveva già fatta: Piacenza – Empoli del 26 ottobre 2002, Piacenza – Como del 2 marzo 2003 (quindi solo 14 giorni prima della partita di Cosenza) e Como – Perugia del 12 aprile.

L’"uomo di Fabiani", ovviamente, sarebbe Moggi, che in quell’occasione Fabiani avrebbe chiamato al cellulare, per poi passarglielo. Davanti al pm, Nucini racconta di un ambiguo invito di Moggi: “Fai quello che dice lui” (ma poi al controesame, al solito, parzialmente ritratta, parlando di uno semplice scambio di frasi di cortesia), e di uno show di Fabiani che si sarebbe vantato di poter designare gli arbitri. Così il pm gli chiede cosa accadde dopo quell’incontro, Nucini risponde che in effetti andò finalmente a fare una partita di A. Peccato che in aula citi proprio quel Piacenza – Como, una gara che si era svolta due settimane prima di Cosenza – Triestina, e cioè ben prima del primo incontro al bar.

Si arriva alla stagione 2003-2004. Nucini si aspetta di partire dalla A, ma lo mandano in B per Palermo – Cagliari. La sua direzione viene contestata dall’osservatore Ingargiola, ma Fabiani, a suo dire, l’avrebbe chiamato per rassicurarlo: “Non preoccuparti, non fare casini, ci penso io”. Nucini esegue, a Coverciano non fa casini, ma viene punito comunque: quindi Fabiani è un cazzaro? E poi perché non designarlo per la A?

A quel punto, finalmente, Fabiani si sarebbe deciso a presentargli il “suo uomo”. Appuntamento a Greggio, sulla MI-TO, dove Fabiani l’avrebbe caricato in macchina e portato in un paesino per fare un bancomat e comprare una ricarica telefonica da un tabaccaio (strampalato e confuso il racconto). Poi di nuovo alle rispettive macchine: a questo punto Fabiani l’avrebbe guidato a Torino, all’hotel Concord, dove in una stanza li avrebbe raggiunti Moggi, che dopo i convenevoli avrebbe fatto un paio di chiamate dimostrative a entrambi i designatori, trattandoli male, perorando la causa di Nucini e invitandoli a valorizzarlo; inoltre, avrebbe ingiunto a Pairetto di non designare Dondarini per la Juve. E dove andò il Donda a fare danni quella domenica? Ovvio, a Udine, a punire l’Inter, la grande vittima dei soprusi moggiani.

Quando Moggi si dilegua, Fabiani avrebbe consegnato a Nucini una SIM italiana.
Dunque, non straniera? No, italiana. Bah.

Esilarante, infine, la ricostruzione delle istruzioni che gli avrebbe impartito Fabiani: "Mi spiegava che le cellule si dividono... le cellule di qui... le cellule di là...". Forse voleva dire "celle", comunque è un capolavoro di nonsense.
-----
LA SIM MAI USATA, ANZI SI’; 
MAI DENUNCIATA, ANZI SI’; 
ANZI, NO; 
NON VOGLIO DIRLO
Dunque, la Sim di Fabiani. Italiana. Qua tutto si fa ancora più confuso e grottesco.
Nucini racconta di aver subito chiamato Facchetti in autostrada, di ritorno dall'incontro all'Hotel Concord, per raccontargli della Sim. Tempo dopo, a casa di Facchetti, ci sarebbe stato un colloquio più dettagliato. “Ecco, è questo il problema”, avrebbe concluso l’ex arbitro (dovremmo essere ormai verso la fine del 2003; sarebbe interessante verificare quando iniziarono le attività di Tavaroli per l'Inter).

Ma la Sim? Nucini la usò? No. Anzi, sì. Forse un paio di volte. Il teste continua a contraddirsi. D’altronde, come gli fanno poi notare gli avvocati, agli inquirenti aveva raccontato di essersi segnato il numero (comunicato solo a Facchetti) e di averla buttata subito. No, ora ricorda meglio, non subito, prima ci sarebbero state un paio di chiamate di Fabiani.

Ma Facchetti e Nucini non decisero di sporgere denuncia? A quel punto avrebbero in mano una bella bomba (la sim). Qualcuno vicino all’Inter consiglia di mandarlo dalla Boccassini, alla procura di Milano. Lui ci va, ma la sim l’aveva già buttata. Perché? Non poteva tenerla e dire alla Bocassini di intercettare quel numero? Ma allora che disse al pm milanese? Mistero. Nucini non vuole parlarne. “Parlammo di calcio”. Insomma, un "qui studio a voi stadio" con uno spruzzo di "un giorno in pretura".

E l’ufficio indagini della Figc? Era lì apposta. Macché, lui, Nucini, l'uomo senza briglie, non si fidava di nessuno.
Di nessuno. Anzi, di uno si, di Facchetti. “L'ho detto a Giacinto Facchetti, perché era l'unico, che poteva smontare tutto! Se io mi fossi rivolto all'ufficio indagini, a chiunque, nessuno mi avrebbe ascoltato, ma mi avrebbero buttato fuori!”.

Gli chiedono se è vero, come riportato da alcuni giornali, che voleva lavorare per l’Inter, magari fare l’addetto agli arbitri. Nucini prima nega decisamente qualsiasi ipotesi di tal genere, poi deve ammettere che Facchetti gli aveva offerto un posto di lavoro. Tiene a specificare che lui avrebbe rifiutato sdegnoso.

Gli avvocati lo incalzano: “Negli incontri con Moggi e Fabiani, non le è venuto in mente di portare un registratore?". Risposta. “Il registratore non è elegante. E poi non faccio l’investigatore.”
E per finire questo prolisso resoconto, una piccola chicca: infervorato, sotto i colpi del controesame dei legali che gli contestano le discrepanze tra la testimonianza resa in aula e quelle registrate nel 2006 e 2007 dagli inquirenti, Danilo Nucini-Bond si lascia andare: “Sa cos'è? Per venire qua mi sono letto un file di 250 pagine che ho archiviato e allora non l'avevo fatto!”.

I legali si scatenano: “Ah sì? E dove le ha prese queste informazioni? E quando le avrebbe raccolte? Ce l'aveva anche nel 2007 dai Carabinieri, allora? Prima di venire qua in questi giorni ha parlato con qualcuno di questo processo? Si è consultato con qualcuno?".
Un avvocato fa rilevare strane uguaglianze testuali tra due sue precedenti deposizioni agli inquirenti, come se la seconda fosse frutto di copiaincolla della prima. Il giudice cerca di calmare gli animi. Danilo Nucini-Bond non accetta le insinuazioni su eventuali "suggeritori" nell'ombra:

“No, no, non mi son consultato con nessuno, stia tranquillo, avvocato! Non ho mai avuto nessun padrone, avvocato”.
Mario Incandenza giovedì 28 maggio 2009

********************************

VEDI CALCIOPOLI A NAPOLI - E IL CALCIO MUORE

OLIVIERO BEHA IN TRASFERTA SOTTO IL VESUVIO PER LA DEPOSIZIONE DELL’OMISSIVO CELLINO: “TUTTI SAPEVANO TUTTO… BERGAMO E PAIRETTO? DUE GRAN SIGNORI” (MA POI IL SORTEGGIO DOVEVA ESSERE TRUCCATO) - LA “MAFIA DEGLI ARBITRI” RISALIVA A MOGGI? NON SI RICORDA PIÙ BENE – LA MORALE: IL POTERE NON È FORSE DI CHI CE L’HA?...  

Oliviero Beha per "Il Fatto Quotidiano"
Una mattinata nelle viscere di Calciopoli, di Napoli, del suo tribunale, dell'essenza sempiterna della caratteristica "sceneggiata" che applicata al pallone viene ancora meglio. Il presidente del Cagliari, Massimo Cellino che come in una canzone di Mina accusa, difende e ancora accusa tutto il sistema-calcio e non solo Moggi, includendo responsabilità federali ed "espellendo" quasi fisicamente, il sospetto che i sorteggi arbitrali fossero truccati. OLIVIERO BEHA - copyright

Pizzi Il maresciallo dei carabinieri che ammette: "Siamo andati a prendere a Chiasso le schede telefoniche svizzere senza rogatoria, in auto con lo stesso commerciante", smentendo precedenti testimonianze dei suoi colleghi d'arma. Un tribunale che ascolta tutto e sembra molto più avvertito di come viene descritto abitualmente sulla carta. Stampata.

E poi Sky e "Un giorno in pretura" con tanto di telecamere, un po' di stampa, fervori da proscenio per molti componenti di questa commedia all'italiana che non è una tragedia ma neppure una farsa, che dovrebbe appurare reati penali ma in realtà non riesce a sottrarsi al solito clima particolare. 9i32 Luciano Moggi con stile.

Quello sempre e comunque da bar sport o da processo biscardiano, almeno quando testi come Cellino raccontano della partita x y e non realizzano che stanno mettendo inconsapevolmente a nudo le magagne dello "sport più amato dagli italiani", tifosi midollari facilmente raggirabili. E' proprio così: il calcio in tv è diverso da quello "vero", visto allo stadio.

Per osmosi, anche il processo a Calciopoli visto (quasi nulla) e letto sui giornali è assai diverso da quello cui ho assistito per alcune ore nell'aula 216 del Tribunale di Napoli, alloggiato desolatamente in una delle tre tristissime torri del Palazzo di Giustizia, in un centro direzionale che non so che cosa diriga e verso dove. Fuori, pioggia, vento che spazza o spazzerebbe le strade se non fossero sempre sporche, almeno intorno alla Stazione Centrale, e tassisti incazzatissimi "con la sinistra" perché la corsa richiesta è troppo breve.

Con il sole sarei andato a piedi, spiego. 3m44 massimo cellino presidente cagliari Ma è inutile... Aula piccola ma a densità Hong Kong per gli avvocati dei 25 imputati per reati mica da ridere come l'associazione a delinquere, e cioè in ordine alfabetico l'assistente arbitrale Ambrosino più 24, e i legali delle parti civili.

Una falange abbastanza ordinata pronta ai microfoni e disposta tra la parete di fondo del pubblico, cui si appoggia smarrito un ragazzetto, il figlio del difensore dell'arbitro Bertini, che aspetta suo padre avendo saltato la scuola, e all'estremo opposto l'anfiteatro della giustizia, dove regnano la legge e il tribunale.

pairetto bergamo designatori figc La presidente, Teresa Casoria, confermata al suo posto giacché la sua ricusazione è andata in fumo proprio ieri, donna energica che ha avuto a che fare in aula con Raffaele Cutolo e quindi certo non si fa impressionare da Moggi, e i due giudici a latere, due donne, una, la Gualtieri che scrive a mano dietro un paio di occhiali gentili, l'altra, la corvina Pandolfi, che caccia gli occhi sui testimoni e sul computer.

Delle tre si dice che non capiscano nulla di calcio, ed effettivamente mentre si ricorda un gol di Serginho "sceso sulla fascia dopo un fallo non segnalato da Tombolini" la Casoria sorride. Chissà che non sia un bene se il gineceo togato ignora di pallone. Se sa di legge, basta e avanza.

Presenti tra gli imputati a quel che vedo nella jungla di teste e cappotti, solo l'arbitro De Santis in sciarpa turchese e in prima fila neanche fosse in tv Luciano Moggi, tirato per i capelli alla fine della testimonianza di Cellino a una dichiarazione spontanea il cui senso letterale è "sono l'imputato dei si dice" e poi la domanda "E' giustizia questa?"

arbitro massimo de santis 01 lap Saprà il tribunale rispondere a questa domanda, ed è ben posta? Qui si annida la vipera del dibattimento, e di tutto un pasticciaccio cui certamente il rito abbreviato non rende né giustizia né chiarezza.

Anche perché da sempre, dalla giustizia sportiva in poi del 2006 a caldo, all'udienza di ieri, una verità continua pur ad emergere, oltre le bugie, le simulazioni, i millantati crediti, le ritrattazioni e le omissioni di cui Massimo Cellino, da 18 anni padrone del Cagliari e di professione "presidente" (adr.), teste dell'accusa tradotto finalmente a Napoli con i carabinieri, ha riempito la sua deposizione: e cioè la verità oggettiva che prendere solo un pezzo del Lego di cui è fatto il calcio è quasi impossibile, e quindi è tutto il meccanismo che è a giudizio anche se oggi solo sotto le voci "Moggi, cupola, arbitri".

Il sistema è quello del puzzle, o dei vasi comunicanti. In questo senso le due testimonianze di ieri, appunto di Cellino e del maresciallo capo Nardone, assistente del capo-indagine tenente colonnello Attilio Auricchio ieri assente perché appena diventato padre (la Casoria: "Ma che impedimento è, mica avrà partorito lui..."), sono state sufficientemente rivelatrici.

Vediamo di coglierne il dettato, poi il senso almeno come appare a chi scrive, e infine il nesso tra tutto ciò. Si comincia dal maresciallo, teste dell'accusa, ad Auricchio toccherà il 9 febbraio. E' preziosa la sua testimonianza sulle schede, prima del Liechtenstein poi svizzere. Queste ultime, 9, sono state recuperate a Chiasso "informalmente". Teresa Casoria Senza rogatoria? Dunque tutte annullate? Oppure il commerciante che le "offre spontaneamente ai carabinieri" le rende giuridicamente valide? Vedremo.

Quando tocca a Cellino, casual nel suo dolce vita carta da zucchero, che sta per passare sei o sette brutti quarti d'ora tutti di seguito, l'atmosfera è "pronta". Il presidente Casoria gli dà spesso dell'esuberante mentre lo incalza il pm Capuano nelle contraddizioni tra ciò che ha dichiarato ai carabinieri in passato e ciò che sta dicendo in aula.

Quando poi lui si becchetta con qualche avvocato lei gli fa "uè, uè", e si fa chiamare più volte "signora" per non fargli perdere il filo. Un filo che Cellino intorcina e sgomitola più volte. Bergamo e Pairetto? Due gran signori, ma poi il sorteggio doveva essere truccato. La "mafia degli arbitri" risalente secondo i "si dice" a Moggi e alla Juve? Non si ricorda più bene, ma comunque al telefono intercettato l'ha ripetuto tante volte all'uomo di Carraro, Francesco Ghirelli, con Carraro prosciolto dal gup in questo processo.

E poi all'ufficio inchieste della Federcalcio. Se non intervengono loro, e non lo fanno mai, io che ci posso fare, è il tenore dell'omissivo, imbarazzato e riottoso Cellino.
Spettacolo leggermente deprimente per la morale: il potere non è forse di chi ce l'ha?
---------------------------------------
scritto da Farsopolata in seconda pagina? x bek non esiste. 26/12/2009 18:45


Nessun commento: