Il Giornale 23.02.2012 -
Ecco le trame, i suggeritori e le intercettazioni scomparse
IL CORROTTO ATTILIO AURICCHIO E IL CORRUTTORE FRANCO BALDINI
Dalle pagine del sito web del quotidiano Il Giornale,
Gian Marco Chiocci tenta ancora di fare chiarezza su Calciopoli,
rispondendo a diversi dubbi e domande che circondano l'inchiesta:
"Ma
cos’è stata davvero l’inchiesta di Calciopoli che ha portato alla
condanna di Moggi e compagnia arbitrale? È stata eterodiretta come
sospettano i condannati? E da chi? E perché lo scandalo ha travolto solo
la Juve e non altre società e dirigenti che colloquiavano allo stesso
modo con la classe arbitrale e funzionari Figc?
Proviamo a scoprirlo
spulciando gli atti processuali. A partire dall’ultimo, depositato il 6
febbraio scorso. Pagina 52 delle motivazioni della sentenza penale di
condanna: «Il teste Baldini Franco, in atto general manager della
nazionale inglese (oggi Dg della Roma Calcio, ndr), grande suggeritore
di accusa, per collaborazione con l’investigatore Auricchio dichiarata
da entrambi». I teorici del gran complotto anti-Juve si sfregano le mani
per il virgolettato sul Grande Suggeritore perché mette una pietra
tombale su Franco Baldini nemico giurato di Moggi (si sono insultati e
denunciati a vicenda durante il processo) «ispiratore» delle indagini
contro Lucianone.
All’ex maggiore dei carabinieri di Roma Attilio
Auricchio conosciuto nel 2003 nell’inchiesta sulle false fidejussioni
che puntò alla Roma, Baldini ha offerto l’input a indagare in più e più
incontri (non verbalizzati) nel 2004 e nel 2005, indicando personaggi da
sentire e filoni da esplorare. Baldini si confessò a verbale il 15
aprile 2005 con il solo maggiore che, cosa rarissima per un ufficiale,
verbalizzò personalmente il lunghissimo interrogatorio.
Sulla
frequentazione con l’ex maggiore, in aula Baldini s’è contraddetto
sostenendo di aver frequentato al massimo «una o due volte» Auricchio
nel 2005 smentendo quanto da lui stesso affermato nel 2008 al processo
Gea allorché giurò di non aver più incontrato il colonnello dall’agosto
2003 (inchiesta Gea) all’aprile 2005 (inchiesta Calciopoli).
In aula, il
carabiniere l’ha smentito osservando come tra l’agosto 2004 e il marzo
2005 incontrò il Ds della Roma «4 o 5 volte prima» dell’interrogatorio
ufficiale, e «3 o 4 volte dopo». Baldini portò al maggiore anche una
giornalista economica sua amica per illuminarlo ulteriormente sul
«funzionamento delle società di calcio dal punto di vista economico».
L’incontro Baldini non lo sa collocare temporalmente ma la difesa lo
individua tra la prima informativa del maggiore Auricchio alla procura
di Napoli, del 18 settembre 2004 (dove si ipotizzavano quegli scenari
apocalittici sul mondo del pallone in quel momento ancora non emersi in
alcuna attività che serviranno a dare il là alle intercettazioni) e la
telefonata a Baldini del 4 aprile 2005, trascritta integralmente e
depositata solo al processo non dai carabinieri di Auricchio ma dai
periti tecnici della difesa. I
l giudice di Calciopoli la ritiene
gravissima, almeno quanto quelle di Moggi. Scrive: «La conversazione è
significativa anche perché presenta la comunanza di fiume di parole e
discorsi di ampia portata, da cui il pm ha tratto elementi per
dimostrare l’esistenza dell’associazione avente il capo in Moggi». La
chiamata è quella col vicepresidente federale Innocenzo Mazzini (poi
radiato) dove Franco Baldini preannunciava il ribaltone, poi
puntualmente avvenuto: «Forse, se tu ti comporti bene, quando farò il
ribaltone e tanto lo farò perché io vivo per quello, fare il ribaltone e
butterò tutti di sotto dalla poltrona (...) io ti salverò, forse».
Baldini dice che con Mazzini stava scherzando. Per i suoi detrattori è
invece l’ennesimo indizio dell’eterodirezione romana. Checché ne dicano i
cultori del complotto, sul fronte «fughe di notizie» che sputtanò Juve,
Lazio e Fiorentina niente è emerso sul duo Baldini-Auricchio: non
risultano in contatto con chi fece il vero scoop di Calciopoli, e cioè
il Romanista, giornale di tifosi non abituato a pubblicare atti coperti
dal segreto.
Ad Auricchio ci si arriva indirettamente solo attraverso un
cronista della Gazzetta dello sport, impegnato a tempo pieno a
collaborare con i carabinieri romani di via in Selci. Nel processo è
emerso che delle 171mila telefonate intercettate il pool dei carabinieri
di Auricchio ne ha sentite tante trascrivendone, a dire tanto, tremila.
E le ha segnalate sulla base di «baffi» colorati messi sui brogliacci
accanto alle telefonate. Verdi, poco interessanti. Gialle/arancioni,
interessanti. Rosse, molto interessanti. Il perito della difesa, Nicola
Penta, con enorme fatica è riuscito ad ascoltarne 30mila in più
(arriviamo così a 33mila su 171mila) trovandone tante (Roma, Inter,
Cagliari ecc) che pur avendo baffi gialli e rossi sui brogliacci, non
sono state ritenute meritevoli di approfondimento.
Addirittura il pm
Giuseppe Narducci replicò sdegnato nella requisitoria nell’«abbreviato» a
Giraudo, il 27 ottobre 2008, a chi paventava favortismi: «Piaccia o non
piaccia» di telefonate di Bergamo e Pairetto con Moratti, Sensi o
Campedelli, disse, «non c’è traccia». Piaccia o non piaccia invece
quelle telefonate c’erano, ma son saltate fuori solo quattro anni più
tardi grazie ai testardi consulenti difensivi.
E non è un caso che il
procuratore sportivo Palazzi ha concluso il suo supplemento di indagini
ammettendo che se il reato non fosse stato prescritto anche l’Inter
avrebbe dovuto essere sanzionata, anziché premiata. Ma è tutta
l’inchiesta un mistero. Atti decisivi per le condanne o sono state
nascosti o sono stati fatti sparire (il video dei sorteggi falsamente
taroccati oppure l’audio dell’incontro a Villa La Massa a Firenze tra i
Della Valle, Bergamo, Mazzini).
Alcuni testi hanno mentito in aula e
sono prossimi destinatari di avvisi di garanzia. Tante telefonate o non
sono state mai trascritte o sono state mal trascritte. Si è evitato di
riportarne alcune devastanti per trascriverne di inutili come il gossip
sulla giornalista D’Amico, il peso e il nome di un neonato, il ragù nei
rigatoni di casa Bergamo, i piatti lavati a casa Pairetto. Perché?
Ancora dalla sentenza di Calciopoli: «La difesa è stata (...) molto
ostacolata nel compito suo proprio dall’abnorme numero di telefonate
intercettate, oltre 170mila, e dal metodo adoperato per il loro uso,
indissolubilmente legato a un modo di avvio e sviluppo delle indagini
per congettura...».
Per congettura. Allo stesso modo, ragionando per
congettura è lecito domandarsi perché non si è approfondito il
«ribaltone» annunciato da Baldini o la telefonata tra l’allenatore
Sandreani e il manager Zavaglia sull’intenzione dello stesso Baldini di
prendere il posto di Moggi alla Juve col placet di Montezemolo. O perché
non sono finite al processo le dieci e passa telefonate con la voce dei
giallorossi Baldini e Pradè. Non si tratta di fare un processo alla
Roma, piuttosto che all’Inter, al Cagliari, al Palermo, al Milan o a
chicchessia.
C’è da capire perché si è indagato a senso unico, quale fu
il criterio della selezione delle chiamate, come mai i pm napoletani
hanno lavorato coi carabinieri di un’altra regione. C’è da capire la
genesi delle intercettazioni attivate a seguito dell’imbeccata sulla
«combriccola romana» degli arbitri pro Moggi quando lo stesso Auricchio,
in aula, le ha ridimensionate a un gruppo d’amici che nemmeno
arbitravano a favore della Juve.
Già, l’abuso delle intercettazioni.
Criticato nel lontano 1996 dall’allora procuratore generale di
Catanzaro, Giuseppe Chiaravalloti, che denunciò l’allora giovane
capitano Attilio Auricchio (impegnato a indagare con un giovane pm Luigi
De Magistris), perché anziché trascrivere correttamente «Provveditore
generale» nei brogliacci, l’ufficio da lui diretto mise «Procuratore
generale» col nome di Chiaravallotti accanto. Denunce e controdenunce
finirono in archiviazioni reciproche.
Quattordici anni dopo De Magistris
è diventato sindaco di Napoli. Come capo di gabinetto s’è preso proprio
il benemerito Attilio Auricchio. Come assessore ha nominato Giuseppe
Narducci, il pm di Calciopoli amico di Auricchio e di De Magistris. ’O
sindaco tifa Napoli, anche se da piccolo era interista. Sarà stato
felice come un bimbo per non aver letto le intercettazioni del suo idolo
di un tempo, il compianto Giacinto Facchetti, a cena con Bergamo, in
contatto con l’arbitro Nucini e..."
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La GANG della discarica (la procura) di Napoli
La GANG della discarica (la procura) di NapoliUna nota dell'avvocato Paolo Gallinelli - In relazione alle ultime indiscrezioni circa la possibilità che dagli uffici della Procura di Napoli sia sparito un video relativo ai sorteggi, riceviamo dall'avvocato Paolo Gallinelli, difensore di Massimo De Santis', e volentieri pubblichiamo la seguente nota.
Sarebbe non solo paradossale, ma costituirebbe una gravissima compromissione della credibilità dell’apparato investigativo - giudiziario laddove dovesse emergere che l'Autorità Inquirente di Napoli, pur di ottenere una condanna per frode sportiva degli imputati nel processo calciopoli, abbia essa stessa, direttamente od indirettamente, “alterato lo stato dei fatti al fine di ottenere dal tribunale una decisione favorevole” all'Accusa (cfr. art. 374 c.p.).Una simile condotta, se inequivocabilmente accertata, sarebbe altamente lesiva di un principio fondamentale posto a tutela di tutti i cittadini: la corretta amministrazione della Giustizia. In tal senso, non potrebbe attribuirsi alcuna rilevanza al fatto che la Dott.ssa Casoria, nella sua motivazione, abbia affermato l’insussistenza di qualsivoglia alterazione dei sorteggi arbitrali, laddove la frode processuale si realizza anche con il mero tentativo di “condizionare” il libero convincimento del Giudice, trattandosi di un reato di pericolo a consumazione anticipata, proprio come i reati di frode sportiva contestati al mio assistito Massimo De Santis.
fonte: ju29ro.com.
News, 23 febbraio 2012.
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DA Enzo Tortora ai giorni nostri nella "Topaia (il tribunale) di Napoli",
calpestare legge e giustizia" e' "diventata la norma"
Francesco Calabrone
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