Di Pietro juventino a testa alta Il ministro delle Infrastrutture racconta le sue passioni bianconere, il suo distacco dalla vecchia dirigenza e la sua fiducia negli Elkann: "Lapo è un piacevole ribelle"
Antonio Di Pietro è nato il 2 ottobre 1950. Archivio
MILANO; 23 gennaio 2007 - Sei mesi dopo Moggiopoli quale è l'umore del mondo bianconero?
"Incontro ogni giorno centinaia di persone e attraverso il Paese in lungo e in largo. Si parla di finanziaria, di euro, di un'Italia che ha voglia di ripartire. Poi, alla fine capita spesso di parlare di Juve. Noi bianconeri siamo ovunque. Bene, in questi mesi non ho sentito un solo tifoso dire: 'Caro Di Pietro, non sono più della Juve'. Dico, nessuno. La retrocessione,anzi, ha acceso ancora di più l'amore della gente nei confronti della squadra.
Provi a calarsi nel ruolo di avvocato difensore della Juve: cosa chiederebbe a una giuria?
"Di restituirci subito i due scudetti che ci hanno tolto. E' stato un vero furto. Una clamorosa ingiustizia. I due scudetti la Juve se l'era conquistati sul campo senza nessun tipo di irregolarità. Anche i mondiali in Germania hanno dimostrato che la Juve aveva nella sua rosa dei grandi campioni. Basta rileggere le formazioni di Italia e Francia". La Juve deve tornare subito in serie A, costruire una squadra competitiva è riprendersi quello che le è stato portato via. La mia non è una speranza ma un appello che invio a nome di tutti gli juventini d'Italia".
Nessun commento:
Posta un commento