L’EDITORIALE
INTER, TOTTI, ODDO CALCIOPOLI CONTINUA
GIANCARLO PADOVAN
Siamo in piena Calciopoli, ma c’è chi finge di non saperlo. Forse aspetta i tabulati e/o i testi di qualche intercettazione telefonica, magari i riscontri di indaffaratissime Procure. Forse qualcuno spera di non ritrovarseli mai tra le mani altrimenti sarebbe costretto a occuparsene. Fatto sta che nel frattempo si sono completamente defilati i giornalisti duri e puri che impazzavano nella calda primavera del 2006. Quei Torquemada che sezionavano le partite incriminate della Juve (stagione 2004-2005, lo dico per chi ancora ritiene legittimo il furto dello scudetto 2005-2006), ravvisando compromettenti pressioni su arbitri, dirigenti, giudici sportivi. Cosa dire allora di questi giorni normalizzati dalla maggioranza silenziosa in cui pochissimi, a parte
Tuttosport naturalmente, annotano il mancato ricorso alla prova televisiva per l’intervento di Ibrahimovic su Donadel e la squalifica soltanto per un turno di Francesco Totti per una reazione completa e totale che ne avrebbe richiesti automaticamente due? Siamo in piena Calciopoli, lo dicono i fatti, cui non seguono gli atti. Né quelli del procuratore federale Palazzi, il magistrato che nella torrida estate scorsa avrebbe voluto fare a pezzi la Juve, e però smentì Borrelli sul Milan, favorendo l’immondo pastrocchio delle sentenze differenziate. Borrelli, tanto per chiarire, avrebbe voluto in serie B anche i rossoneri, oltre a Fiorentina e Lazio, ma poi abbiamo visto chi ha pagato, quanto e per quali motivi. Nel giro di una settimana, Palazzi dovrebbe far sapere al mondo del calcio la risposta alla relazione (di Borrelli) che giace sul suo tavolo dall’agosto scorso a proposito del doping amministrativo con annesso, pesantissimo, coinvolgimento dell’Inter. E’ stato proprio Borrelli a svelare il ritardo, ma a nessuno è venuto in mente di chiedere a Palazzi il perché di quel ritardo. Peccato che meno di un anno fa si sparasse a palle incatenate perché il dossier archiviato dalla Procura torinese sulle telefonate era rimasto sette mesi nei cassetti della Federcalcio senza che nessuno se ne curasse. Dove sarebbe, di grazia, la differenza rispetto ad ora?
La differenza, ovviamente, c’è. E, molto semplicemente, riconduce alla storia millenaria del potere e delle sue rappresentazioni: ad un nucleo di controllo se ne è sostituito un altro con le stesse modalità di percezione, di protezione, di vantaggio, di opposizione, solo con direzioni differenti e nuovi beneficiari. Le polemiche di questi giorni tra Inter e Fiorentina ne sono la diretta testimonianza perché uguali sono le accuse, uguale il modo di respingerle, uguale perfino il lessico e le motivazioni.
Siamo in piena Calciopoli e, purtroppo, non basta nemmeno indicarlo con tanto di particolari e coincidenze. Lunedì mattina, per esempio, il
Corriere dello Sport - Stadio è stato illuminante e coraggioso nel denunciare lo scempio di Lazio- Milan, scontro che avrebbe dovuto indicare la pretendente al quarto posto per la Champions, finito invece con un imbarazzante pareggio suggellato da una cena per definire il passaggio di Oddo in rossonero. Eventualità comicamente negata, nel tiepido dopopartita, dall’amministratore delegato Galliani e puntualmente realizzatasi ieri. Il problema è che, Calciopoli o no, nessuno riesce più a scandalizzarsi. Aparte gli juventini che, dal giorno della catarsi, guardano al resto del calcio per vedere cosa sia e come agisca quello strano machiavello chiamato giustizia sportiva.
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