Pubblicato il 10.01.2007
RICORSO AL TAR AVVERSO IL PROVVEDIMENTO DI ASSEGNAZIONE DELLO SCUDETTO ALL’INTER - DI AVV. RAFFAELE DI MONDA
“L’11 gennaio 2007 ore 9.30 verrà discusso dinanzi al TAR di Roma il ricorso proposto da L’Ego di Napoli avverso la FIGC per la revoca dello scudetto all’INTER. Un ricorso teso soprattutto a far chiarezza in ordine alla valenza dei presupposti che hanno condotto all’assegnazione dello scudetto 2005/2006.
E’ doveroso premettere che un vero e proprio provvedimento di assegnazione non esiste, vi è, semmai, uno scarno comunicato stampa, “targato” FIGC, che recita: “Il Commissario straordinario ha ritenuto di attenersi alle conclusioni del parere e che non ricorrono motivi per non assegnare lo scudetto 2005/2006 alla squadra prima classificata all’esito dei giudizi disciplinari”. Il parere cui si fa riferimento è quello reso dai tre saggi (“magi”?) Aigner, Coccia e Pardolesi, chiamati a rispondere sul quesito se fosse possibile “donare” lo scudetto in caso di modifica della classifica finale di campionato, in seguito ad illeciti disciplinari” (illeciti riferiti al 2004/2005).
I primi 19 articoli del parere sono una mera elencazione della normativa federale e giungono all’unica conclusione plausibile, ovvero l’applicazione dell’art. 49 NOIF, che prevede l’automatica acquisizione del titolo di Campione d’Italia alla squadra prima classificata, tenuto conto delle sanzioni.
L’art. 20 del parere (unico meritevole di considerazione) sembra addirittura collezionare un utile suggerimento al prof. Guido Rossi, ricordandogli di godere di un potere discrezionale tale da bypassare l’applicazione dell’art. 49 NOIF (assegnazione automatica titolo …). Tale eventualità si sarebbe verificata ove mai l’organo federale avesse riscontrato l’esistenza di motivi ostativi, quali comportamenti eticamente scorretti o poco limpidi, seppur non oggetto di sanzione.
Se Guido Rossi si fosse scrupolosoamente attenuto al suggerimento che traspare dal parere, mai avrebbe dovuto assegnare il titolo ad una squadra i cui dirigenti nel recente passato si erano macchiati di alcuni comportamenti poco limpidi e certamente moralmente ed eticamente censurabili, evidenziati dal canovaccio dei saggi (caso Oriali-Recoba, ecc.).
Queste motivazioni hanno spinto la mia associazione a proporre ricorso nella speranza che la giustizia amministrativa possa spiegare realmente ad oltre trenta milioni di italiani se sia stato giusto assegnare il titolo di Campione d’Italia alla squadra del Patron Moratti. La convinzione della legittimità delle mie ragioni è suffragata dalle lacunose difese avversarie, trincerate dietro eccezioni preliminari quali intempestività del ricorso e carenza di legittimazione processuale, invece di soffermarsi e scardinare la sostanza e l’oggetto della discussione. Tale atteggiamento equivale, a parer mio, ad un senso di consapevole impotenza ed intrinsecamente ad un’ammissione di responsabilità.
Aspiro ad avere finalmente un pubblico confronto con il Presidente Moratti, per ascoltare le motivazioni che hanno indotto un uomo di altissimo profilo morale, nonché simbolo per tanti giovani e non, a ritenere meritato un titolo sportivo concesso a chi si è reso, comunque, protagonista di comportamenti quantomeno poco limpidi. Falsificazione di atti pubblici, intercettazioni, pedinamenti, ecc. sono addirittura reati. Se non bastesse, alcuna conseguenza vi è stata per i dirigenti che hanno infangato il nome di una squadra e contribuito a sfiduciare gli appassionati di sport. Ammettere la responsabilità dei dirigenti, ammettere di essersi reso protagonista di comportamenti non corretti darebbe speranza a molte persone che anelano ad una vita ove regni equità e giustizia.
Non ho paura di essere tacciato da alcuni di esibizionismo o mania di protagonismo. Oggi chi cerca verità e giustizia ha bisogno del supporto mediatico, poiché chi dovrebbe garantirle spesso risulta silente ed indifferente, temerario, iniquo (indulto e calciopoli docet).
E se il dazio sarà quello di essere etichettato come un personaggio alla ricerca di successo, sarò sempre disposto a rischiare la mia reputazione personale e professionale per la ricerca della verità.
Ma per fortuna migliaia di persone hanno testimoniato il loro consenso attraverso e-mail giunte da tutto il mondo. Sarebbe meraviglioso se le stesse persone ed altre ancora mi fossero vicine l’11 gennaio al TAR del Lazio, per sostenere in maniera civile una battaglia che dovrà essere vinta perché si possa sperare in un futuro over errori e soprusi similari vengano mai più ripetuti”. Avv. Raffaele Di Monda, Presidente dell’associazione L’Ego di Napoli.
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