sabato, maggio 28, 2011

Calciopoli: Camera Penale di Napoli, Difesa della Giudice Teresa Casoria contro l' "Intimidazione e Ricatto" del BOSS della Procura della Discarica (discarica il tribunale!) di Napoli: Giovandomenico Lepore, per poterla costringere ad abbandonare il Processo Calciopoli e' affidarlo ad uno della colonia di giudici corrotti per essere sicuro della "condanna di Luciano Moggi", che il dibattito avrebbe poi trovato innocente, ma la Giudice, intimidita e ricattata, e' messa in minoranza dai due Giudici a latere, ha dovuto condannare con una "Motivazione Farlocca", e' abbassare il capo al Potere Massone!

LA GANG DEL TRIBUNALE DI NAPOLI
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Camera Penale di Napoli
Le vicende che si sono sviluppate a margine del processo noto come “calciopoli” compromettono fortemente l’immagine della magistratura napoletana e suscitano allarme e preoccupazione. Il Presidente del collegio giudicante della IX sezione del nostro Tribunale 
ha denunziato, nel corso del procedimento disciplinare che la vedeva incolpata innanzi al CSM, di aver subito pressioni affinché si astenesse. Il Procuratore della Repubblica di Napoli avrebbe inviato una missiva al Presidente del Tribunale, allo scopo di invitarla ad astenersi. Senza entrare nel merito del procedimento disciplinare, i penalisti napoletani intendono denunziare come, ancora una volta, vi sia stata una indebita ingerenza della Procura della Repubblica sulla magistratura giudicante, che rappresenta un tentativo di condizionamento del giudice, incidendo sulla sua libertà di determinazione.

 Quello che inquieta e preoccupa è che la sollecitazione all’astensione sarebbe intervenuta a mezzo di uno scritto del Procuratore Capo della Repubblica ed avrebbe riguardato il processo di “calciopoli” 
ECCO COLUI CHE HA INTIMIDITO LA GIUDICE DEL PROCESSO "CALCIOPOLI": TERESA CASORIA
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per il quale i pubblici ministeri avevano già avanzato istanze di ricusazione, l’ultima delle quali ancora pendente innanzi alla VII sezione penale della Corte di Appello.

La Camera Penale di Napoli si vede, quindi, costretta ad aprire l’ennesima “pratica a tutela” della libertà e dell’indipendenza di un giudice. Più volte, nel recente passato, magistrati che si erano ‘permessi’ di dissentire dall’ipotesi accusatoria e di emettere provvedimenti o sentenze in contrasto con i pareri o con le richieste del P.M. sono stati al centro di attacchi della Procura della Repubblica, che naturalmente la stampa ha amplificato, riportando la notizia con largo spazio.

Il giudice che si è deliberato ad assolvere un imputato di cui era stata richiesta la condanna dal P.M. o a rimettere in libertà un imputato, nonostante il parere contrario dell’Accusa, viene presentato come un magistrato che mostra di non saper tutelare la società civile dal male e dai cattivi. Dunque, il fenomeno non è nuovo, ma non per questo è meno allarmante.

L’avvocatura napoletana ha, sovente, stigmatizzato la figura di un giudice appiattito sulle posizioni dell’accusa, di un giudice che riteneva più comodo e meno rischioso seguire e condividere passivamente l’impostazione dell’accusa. Più comodo perché condividere la tesi dell’accusa vuol dire non dover affaticarsi a motivare il provvedimento o la sentenza.

L’esperienza professionale ha dimostrato come, talora, sia sufficiente premere il tasto “taglia ed incolla” del computer, per fare in modo che, d’incanto, gli scritti del P.M. si tramutino in provvedimenti del giudice e, siccome le richieste del P.M., spesso, sono interamente mutuate dalle informative della Polizia, alla fine, con questo sistema, si è dissolto il necessario vaglio critico e si è privilegiata la strada più agevole.

Meno rischioso perché ci si sottrae all’alea della delegittimazione da parte del P.M., che, mal tollerando il mancato, acritico, recepimento delle proprie idee, si abbandona a duri attacchi contro il giudice “indisciplinato”, che ha inteso rimettere in libertà pericolosi pregiudicati, poco importa se innocenti.

L’avvocatura non intende arretrare dal suo compito di denunzia delle disfunzioni di un sistema che confonde tra punizione e vendetta, tra equo processo e giustizia sommaria. Negli ultimi tempi, in cui, grazie anche ad una cattiva informazione, si guarda alla giustizia come ad uno strumento di vendetta sociale, il giudice che condanna è quello che agisce per il bene comune, che difende la società e che combatte la criminalità.

Il giudice che, invece, correttamente esercita la propria funzione, che, terzo tra le parti, talvolta, ritiene che l’accusa sia inconsistente o non compiutamente provata, lavora nel buio, rimane isolato, insomma, non merita nulla, nessuna attenzione, forse talvolta il ‘disprezzo’.

Solo qualche anno fa, venne smantellata una intera Sezione del Tribunale del Riesame di Napoli, cui la Procura aveva chiesto di astenersi dal decidere perché spesso, forse troppo spesso, aveva avuto il torto di
accogliere le richieste avanzate in favore dagli indagati.

Nonostante la magistratura giudicante napoletana, in larga maggioranza, sia riuscita a sottrarsi da sola, senza il conforto di “pratiche a tutela” da parte del CSM, al condizionamento che la situazione sopra descritta inevitabilmente determina, la Camera Penale, che è sempre stata attenta e pronta a denunziare attacchi all’autonomia ed all’indipendenza dei giudici - valori troppo spesso spesi e sbandierati al servizio della tutela di piccoli privilegi - rappresenta come la magistratura debba difendersi sopratutto da se stessa, perché gli attacchi più forti ed insidiosi alla ibertà del giudice vengono proprio dal suo interno. Napoli 17.4.2011 - Il Segretario - Il Presidente

http://www.camerapenaledinapoli.it/attache/file/news/Casrerta.pdf
Link dell'audio con la sintesi del procedimento per la radiazione di Antonio Giraudo.
http://blog.ju29ro.com/2011/05/ritorno-al-2006.html  
Avv. Domenico Ciruzzo, Presidente Camera Penale di Napoli 



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